JOE JOHNSTON (WOLFMAN) praticamente è nato in e per gli effetti speciali, schizzati nelle giovanili applicazioni da designer di ‘storyboard’ fino alle pirotecniche esplosioni della mitica trilogia di STAR WARS per la LucasFilm (e a George Lucas, Joe Johnston deve davvero molto - vedi la voce 'biografia'). Gli effetti speciali lo hanno portato persino a condividere l’Oscar per un altro mitico pilastro della cinematografica mondiale: (THE RAIDERS OF THE LOST ARK/I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA, 1981), del cui temerario e pur vulnerabile eroe Indiana Jones, JOHNSTON segue le orme nell’atto secondo ancora in veste di ‘art director’ degli effetti speciali. Così fantasy ed avventura fanno parte del suo bagaglio naturale anche quando finalmente imbraccia la macchina da presa in prima persona (Jumanji, 1995; Jurassic Park III, 2001), ma JOHNSTON si direbbe persino eccellere anche quando, ispirato dalla realtà, rievoca la volontà ferrea di inseguire un sogno personale e, lasciatosi alle spalle ogni effetto speciale, punta il tutto e per tutto sull’introspezione e sul prisma interiore del microcosmo umano colto in tutta la complessità delle sue svariate manifestazioni interpersonali: OCTOBER SKY (CIELO D’OTTOBRE) (1999), sta ancora lì a dimostrarlo. Ed ecco che con WOLFMAN, JOHNSTON si direbbe essersi caricato di questo suo sostanzioso bagaglio riempito di leggenda, mito e memorie dal sapore antico, effetti speciali e una ricerca introspettiva cui ha inteso dar massimo risalto puntando l’obiettivo sullo sguardo protagonista di un trasformismo in progress levato con sicura fierezza da BENICIO DEL TORO, qui erede della celebre icona di uomo maledetto a tu per tu con la parte più primitiva di sé.
JOE JOHNSTON (WOLFMAN) praticamente è nato in e per gli effetti speciali, schizzati nelle giovanili applicazioni da designer di ‘storyboard’ fino alle pirotecniche esplosioni della mitica trilogia di STAR WARS per la LucasFilm (e a George Lucas, Joe Johnston deve davvero molto - vedi la voce 'biografia'). Gli effetti speciali lo hanno portato persino a condividere l’Oscar per un altro mitico pilastro della cinematografica mondiale: (THE RAIDERS OF THE LOST ARK/I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA, 1981), del cui temerario e pur vulnerabile eroe Indiana Jones, JOHNSTON segue le orme nell’atto secondo ancora in veste di ‘art director’ degli effetti speciali. Così fantasy ed avventura fanno parte del suo bagaglio naturale anche quando finalmente imbraccia la macchina da presa in prima persona (Jumanji, 1995; Jurassic Park III, 2001), ma JOHNSTON si direbbe persino eccellere anche quando, ispirato dalla realtà, rievoca la volontà ferrea di inseguire un sogno personale e, lasciatosi alle spalle ogni effetto speciale, punta il tutto e per tutto sull’introspezione e sul prisma interiore del microcosmo umano colto in tutta la complessità delle sue svariate manifestazioni interpersonali: OCTOBER SKY (CIELO D’OTTOBRE) (1999), sta ancora lì a dimostrarlo. Ed ecco che con WOLFMAN, JOHNSTON si direbbe essersi caricato di questo suo sostanzioso bagaglio riempito di leggenda, mito e memorie dal sapore antico, effetti speciali e una ricerca introspettiva cui ha inteso dar massimo risalto puntando l’obiettivo sullo sguardo protagonista di un trasformismo in progress levato con sicura fierezza da BENICIO DEL TORO, qui erede della celebre icona di uomo maledetto a tu per tu con la parte più primitiva di sé.
(A cura di PATRIZIA FERRETTI)