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    L'INTERVISTA

    STAR WARS: EPISODIO VII - IL RISVEGLIO DELLA FORZA - INTERVISTA al regista J. J. ABRAMS (A cura di SCOTT DADICH, www.wired.it)

    11/12/2015 - STAR WARS: EPISODIO VII - IL RISVEGLIO DELLA FORZA - INTERVISTA al regista J. J. ABRAMS (A cura di SCOTT DADICH in www.wired.it - traduzione: Marina Morpurgo)

    Ecco cosa dovete aspettarvi da Star Wars: Il risveglio della Forza. Parola di JJ Abrams

    Il risveglio della Forza sta arrivando. Il nuovo capitolo di Star Wars uscirà al cinema il 16 dicembre. In una lunga intervista, il regista JJ Abrams ci racconta come ha lavorato alla pellicola

    di Scott Dadich

    Oltrepassando la lucente e anonima porta metallica della Bad Robot Productions di JJ Abrams, si entra in un mondo di memorabilia – la bambola assassina Talky Tina di Ai Confini della Realtà, file di cassette vhs con l’etichetta “Film di mezzanotte“, una plancia per giocare a L’Uomo da sei milioni di dollari, e vari Godzilla. Ma guardando con maggiore attenzione, si nota una meticolosità prossima alla follia: gli oggetti di scena e i gingilli non hanno neppure un granello di polvere, e sono disposti con cura. Quei personaggi di Star Trek degli anni ’70 non sono messi semplicemente lì. Sono in posa. È chiaro che oltre a essere uno dei registi più talentuosi del mondo, Abrams è anche un fan sfegatato.
    Questo lo pone in una situazione delicata. Ha ereditato il megafranchise che lo mette al comando, e a questo punto comanda tutti. E questo non è un reboot. Abrams guida gli stessi attori, sceneggiatori e perfino lo stesso compositore, per rianimare i personaggi e i temi che fecero della saga di Star Wars ciò che è oggi.
    Lui ama quei film quanto li amate voi. Ma quando ci si è imbattuto per la prima volta era solo un apprendista. Adesso deve diventare il maestro.

    Nessuna pressione, giusto? In fondo, la posta in gioco sono solo il futuro del franchise che ha portato Abrams a dirigere; una mitologia carissima a milioni di persone; e, ah sì, anche miliardi e miliardi di dollari in film e merchandising. Ho intervistato Abrams per chiedergli come bilancia queste forze in (ehm) contrasto. Le spade laser sono sguainate. Le coordinate per il balzo nell’iperspazio sono calcolate. Abrams ce la può fare? Ebbene, ricordate quel che ha detto Yoda in proposito: “Fare o non fare. Non c’è provare“.

    Come ti senti? Sembra appena ieri quando è stato dato l’annuncio che saresti stato il regista di Star Wars: Episonde VII.

    “Bene! È una cosa pazzesca, vero? Non vedo l’ora che il pubblico veda il film. Ci ho messo un bel po’ a preparare questa torta, e adesso è il momento di servirla in tavola”.

    In che misura Il risveglio della Forza è orientato a accogliere ancora una volta le persone nel franchise di Guerre Stellari, e in che misura invece si pone di dare inizio a qualcosa di completamente nuovo? Come hai trovato un equilibrio tra questi due imperativi?

    “Volevamo raccontare una storia che avesse un principio, un cuore e un finale autonomi, ma al tempo stesso – come era accaduto per il quarto episodio, Una nuova speranza – implicasse una storia passata e alludesse all’esistenza di un futuro. Quando uscì il primo Star Wars, si trattava di un film che metteva il pubblico in condizione di comprendere una storia nuova, ma anche di immaginare tutte le cose emozionanti che sarebbero potute accadere in un secondo tempo. In quel primo film, Luke non era necessariamente il figlio di Darth Vader, non era per forza fratello di Leia, però tutto era possibile. 'Il risveglio della Forza' ha questo vantaggio incredibile: non solo ha uno zoccolo duro di fan appassionati, ma anche una backstory familiare a un sacco di gente. Abbiamo potuto usare ciò che era venuto prima in modo molto naturale, perché non avevamo la necessità di riavviare nulla. Non dovevamo inventarci una premessa narrativa che avesse un senso: è già tutto lì. Ma questi nuovi personaggi, il punto cruciale de La Forza, si trovano in nuove situazioni – così anche se non sai nulla di Guerre Stellari, sei comunque lì con loro. E se sei un fan di Star Wars, ciò che essi vivono avrà un maggiore significato”.

    Hai progettato la storia con Lawrence Kasdan, cosceneggiatore de L’Impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi. Hai detto recentemente che le tue esperienze di vita – e il periodo durante il quale non sei stato impegnato con Guerre Stellari – ti hanno preparato al lavoro su questo film. Ci sono stati momenti della tua vita o del tuo lavoro che ti sono serviti come ispirazione?

    “Lavorare con Larry sicuramente è al primo posto in termini di esperienze incredibili vissute grazie a questo progetto. Tutti noi abbiamo l’abitudine di trasferire esperienze da un progetto a quello successivo, ma in questo caso non ho mai cercato di trarre ispirazione dal passato. Più che altro, le esperienze personali mi sono servite per capire che cosa volevo evitare, gli errori da non ripetere. Per esempio non volevo entrare nella realizzazione di un film la cui storia non fosse del tutto nelle nostre mani. Mi rendo conto di averlo fatto un paio di volte nel corso della mia carriera. Questo non per che dire che non sia orgoglioso del mio lavoro, ma il fatto è che ricordo di aver cominciato a girare Super 8 e Star Trek Into Darkness sentendo di non aver davvero risolto alcuni problemi fondamentali della sceneggiatura".

    JJ Abrams con lo sceneggiatore Lawrence Kasdan

    “La collaborazione per me è stata un corso di formazione allo storytelling – ho imparato a scrivere con chiarezza, efficienza, brevità – ovvero in modo brillante. È stato un po’ come seguire un master. E poiché Larry è anche un regista, sapeva che cosa avrei dovuto affrontare nelle fasi preparatorie e nella produzione, e ascoltava i miei bisogni. A volte si trattava di bisogni pratici, altre volte di bisogni creativi, o di mie sensazioni. Ma lui era lì per aiutarmi in questo processo, come del resto avrei fatto io se avessi saputo che la regia sarebbe toccata a lui. Si cercava di far procedere le cose nel verso giusto, di fare il film come andava fatto. Non riuscirò mai a dire quanto sia stato bravo Larry. Quindi ho cercato di non dimenticare gli errori commessi in passato, ma anche di focalizzarmi sulle cose che mi ispirano nel cinema. Facevo domande tipo ‘Come possiamo rendere incantevole questo film?‘. E questa in realtà è stata l’unica vera imposizione reciproca mia e di Larry: il film doveva venire fuori fantastico. Non si trattava di voler spiegare tutto, né di voler introdurre un certo numero di giocattoli per un’azienda, e neanche di voler tenere buoni tutti. La sola cosa che contava era che ci entusiasmassimo noi”.

    Dai trailer questo trapela. Ricordo di essermi svegliato la mattina del Black Friday dell’anno scorso, con mia moglie che mi stava schiaffando in faccia, mentre ancora dormivo, il suo iPhone. Ho sentito la musica e mi sono svegliato di botto – ho provato quella sensazione entusiasmante.

    “Magnifico. Quello che mi entusiasma è che il film è come i trailer, non è che il film è una cosa e i trailer un’altra, tutta diversa. Una cosa che so sul tuo conto è che ami un pizzico di mistero. Ti piace sorprendere il pubblico. Come ti sei sentito quando hai dovuto realizzare le anticipazioni – in cui si dovevano rivelare parti del film, se ne doveva per forza parlare, e fare operazioni di marketing, quando invece avresti voluto che la storia si svelasse nei termini scelti dal regista? Devo riconoscere i meriti, che francamente mi hanno stupito, della gente incredibile che lavora alla Disney, e in particolare di Alan Horn [direttore dei Walt Disney Studios] e Bob Iger [Ceo Disney]. Bob è stato incredibilmente collaborativo e mi ha sostenuto nell’intero processo. Quando si è trattato di fare del marketing, mi sarei aspettato che la Disney volesse far circolare una sovrabbondanza di materiale. Invece non lo hanno fatto, e questo non lo avrei proprio detto. Vogliono che la gente abbia un’esperienza intensa vedendo il film. E io gliene sono grato. Tenere un profilo basso presenta un grande vantaggio. Puoi proteggere il pubblico dagli spoiler o da altri elementi che in un certo senso possono guastare la visione del film. Ma d’altra parte rischi di essere percepito come elusivo, o come uno stronzo reticente. Non ho mai voluto questo. Poiché Lucasfilm ha sempre avuto un rapporto intenso con i fan, sarebbe stato assai poco congruente non mostrare nulla fino al momento dell’uscita del film. Ho insistito personalmente perché un anno prima uscisse un’anticipazione, semplicemente perché come fan di Star Wars sentivo che vedendo qualcosina, anche pochissimo, io sarei poi stato in fibrillazione per tutto l’anno. Perché no? E così l’abbiamo fatto. Però non voglio distruggere troppe illusioni. Stiamo camminando su un filo da equilibristi. Se cadiamo da una parte non va bene, perché stiamo mostrando troppo. Se cadiamo dall’altra parte non va bene, perché non stiamo mostrando nulla e facciamo la figura degli idioti arroganti”.

    Quindi si deve seguire l’istinto? Dove è il punto di equilibrio?

    “A ogni angolo, a ogni convention, a ogni occasione, ogni promozione, molto semplicemente ti devi chiedere: ‘Qual è la cosa giusta da fare?‘. Naturalmente con questo film le cose sono più complicate che mai, perché ci sono questioni di merchandising e di autorizzazioni. Ci sono talmente tante cose, e ognuna è una finestrella aperta sulla storia. Non si tratta solo di decidere quale pezzetto mostrare in un talk show. Si tratta anche di ‘che cosa dice quel personaggio, in forma di giocattolo, in quella linea speciale di pupazzetti?’, e che cosa dice invece quell’altro? Vogliamo conservare parte dell’atmosfera rarefatta dell’esperienza vera e propria, e non aprire tutte le finestre, esaurendola tutta. Ormai l’universo si ingigantisce alla svelta: prima sono arrivati i giocattoli e i giochi e poi gli Episodi VIII e IX, con i registi Rian Johnson e Colin Trevorrow che arriveranno a bordo. So che l’ottavo è il film di Rian, ma certamente nel corso de La Forza avrai inserito nella trama punti di domanda cui bisognerà dare risposta".

    Sai già come saranno le risposte? O la faccenda non è ancora stata affrontata?

    “La sceneggiatura dell’ottavo episodio è già scritta. Sono certo che ci saranno infinite riscritture, come sempre accade. Ma quel che abbiamo fatto io e Larry è stato stabilire alcuni rapporti chiave, alcune questioni chiave, alcuni conflitti. E sapevamo dove sarebbero andate a parare alcune cose. Abbiamo avuto incontri con Rian e Ram Bergman, il produttore dell’VIII. Mentre giravamo il nostro film loro sono stati presenti quotidianamente. Volevamo che anche Rian e Ram fossero parte del processo, per rendere il più possibile fluida e priva di cesure la transizione al loro film. Ho mostrato a Rian una prima versione di Il risveglio della Forza, perché lo sapevo impegnato nella riscrittura e nella preparazione del suo episodio. E come executive producer dell’Episodio VIII, ho bisogno che quel film sia davvero valido. Essere reticenti non serve a nessuno e certamente non ai fan. Quindi siamo stati il più possibile trasparenti. Rian ha chiesto un paio di cose qui e là, perché gli servono per la sua storia. È un regista incredibilmente bravo, ed è molto in gamba anche come sceneggiatore. Quindi la storia che ha raccontato è partita da quello che stavamo facendo noi e ha preso la direzione che gli pareva migliore, ma che è molto in linea anche con il nostro pensiero. Ma hai ragione – quel film sarà di Rian; lo farà come crede. Non mi chiede di sovrintendere al processo, e del resto non ne ha alcun bisogno”.

    Quando ripensi alla trilogia originale, ci sono scene che consideri particolarmente memorabili?

    “Faremmo molto prima a parlare di quelle che non sono memorabili. Come fan di Guerre Stellari, posso guardare quei film e rispettare e amare quello che è stato fatto. Ma lavorando su Il risveglio della Forza, abbiamo dovuto considerare la faccenda da un punto di vista leggermente diverso. Per esempio è molto facile amare: ‘Io sono tuo padre‘. Ma quando penso al come e al quando e al dove è arrivato, non sono certo che Star Wars avrebbe potuto reggere questo punto narrativo se la cosa fosse accaduta nel primo film. Ovvero: è stato un punto cruciale, potente, una svolta nella trama del film, ma è stato possibile solo perché poggiava sulle spalle del film precedente. C’erano voluti un paio di anni perché fosse introiettata l’idea di Darth Vader, per farlo emergere come uno dei peggiori cattivi cinematografici di tutti i tempi. E con il passare dei tempi sono cresciute le aspettative di tutti riguardo l’incombente conflitto tra Luke e Vader. Se il ‘sono tuo padre‘ fosse comparso già nel primo film, non so se avrebbe avuto la stessa risonanza. In realtà non so proprio se avrebbe funzionato. Noi abbiamo realizzato il primo film di una nuova trilogia, e non capita di frequente di lavorare su un qualcosa che fa parte di un continuum, che sai essere più o meno il settimo capitolo, su nove capitoli – come minimo. È un approccio assai interessante alla storia, ed è una cosa grandiosa. Ti scarica di un fardello. Ed è uno dei doni che Guerre Stellari ti fa con generosità fin dal principio: quando guardi il film per la prima volta, non sai esattamente quel che sta cercando di fare l’Impero. Tu sai che vogliono dominare grazie alla paura, e sai che vogliono la supremazia, ma in realtà non conosci tutti i loro piani. Non capisci esattamente che cosa significherebbe per Luke diventare uno Jedi, e men che meno chi sia suo padre. Non sai esattamente che cosa fossero le Guerre dei cloni, e come esattamente fosse e che aspetto avesse la Repubblica. Tutti questi fondamentali elementi della storia in Una nuova speranza sono solo semplici, fugaci pennellate. Nel 1977 nessuna di queste cose era chiara a nessuno e forse non era del tutto chiara nemmeno a George Lucas. Non riesco a descrivere in modo adeguato quel che George era riuscito a fare con quel primo film, per non parlare poi di quelli successivi. Lasciamo stare quanto fosse pazzesco, lasciamo stare la tecnologia, il senso dell’umorismo, l’entusiasmo, il fascino, l’avventura – tutti gli elementi straordinari che ce lo hanno fatto amare. Pensiamo a quello che è riuscito a suscitare, le domande che è riuscito a porre – le domande giuste – all’idea che è stato capace di creare un mondo che evidentemente andava molto oltre i confini di quello che stavamo vedendo e sentendo. Questa per me è una delle cose più grandi di 'Guerre Stellari'. Lavorare su questo film ha voluto dire cercare di inserire elementi di ciò che va oltre quel che stiamo vedendo, ma al tempo stesso cercare di raccontare una storia che sia bella e soddisfacente di per sé. Ma non possiamo vivere questa situazione come una scappatoia – non possiamo inserire cose e poi non risolverle”.

    Ma con un universo così vasto, devi pensare a dei confini, giusto? Hai chiaramente ha goduto di un bel budget e il mondo da inventare era grande. Ti sei voluto imporre determinate limitazioni – nel processo o nella trama – in modo che fosse più facile concentrarsi sugli obiettivi?

    “Io mi accorgo di essere più contento quando ho dei limiti. Con Lost, quando il presidente di Abc Lloyd Braun mi ha chiamato per dire che voleva che io inventassi una serie che parlava di un gruppo di sopravvissuti a una sciagura aerea, ricordo di aver pensato: ‘Sì, ottimo, farò questo e quello‘, e l’ho fatto molto, molto alla svelta. La cosa fantastica era che Braun mi aveva assegnato un compito molto specifico. Così quando l’ho richiamato e gli ho esposto le mie idee, queste erano assai più strambe di quanto lui avrebbe mai potuto immaginare. Essenzialmente Lloyd Braun aveva pensato a un programma su alcuni naufraghi. Ma i limiti che aveva imposto hanno consentito di muoversi su un terreno fertile rispetto alla stranezza. Originalità entro certi limiti, capito? Se non ci fossero stati limiti – se mi avesse chiamato chiedendomi di inventare una serie strana – io mi sarei smarrito! Che cosa vuol dire strano, non lo so proprio! 'Star Wars' ha un universo sconfinato, non ci sono limiti in termini di personaggi, né di conflitti. Quando abbiamo cominciato a lavorare su questo film, Larry e io siamo partiti facendo un elenco delle cose che ci sembravano interessanti, delle cose che volevamo vedere, che ci sembravano importanti. Qui c’è un elemento veramente nodale: ogni dettaglio, che si tratti di un costume, della musica, o di un particolare dell’arredamento di scena, deve essere accolto e riconosciuto come un qualcosa di Guerre Stellari. Stai ereditando 'Star Wars'! E non è una cosa che puoi fare alla leggera. Devi capire davvero le scelte del design perché ogni cosa è importante. E allo stesso tempo si tratta solo di 'Guerre Stellari', ovvero: un qualcosa che sta in quella galassia non è automaticamente interessante".

    JJ Abrams con Harrison Ford (Han Solo) e John Boyega (Finn)

    “Per esempio quando eravamo sul set e stavamo girando una scena, mi meravigliava sempre vedere Harrison Ford vestito da Han Solo. Oppure, wow, c’è un tizio – un assaltatore! – e sembra proprio un assaltatore. Ricordate la sensazione di quando il cattivo scendeva dalla sua nave? O il rumore dei Tie Fighter quando ti passano davanti rombando? Ormai ce li vediamo passare davanti da quasi 40 anni; cosa rende interessante la faccenda? Il punto è che queste scene non sono buone solo perché sono presenti certi personaggi o certi oggetti, anche se si tratta di una delizia per gli occhi, la più grande di tutti i tempi. Abbiamo cercato di vederla dall’interno. Che cosa fa sì che questa storia abbia un cuore pulsante? Che cosa la rende romantica o divertente, o sorprendente, o straziante, o irresistibilmente comica? Abbiamo approcciato questa narrativa partendo dal punto di vista che si tratta della storia di un giovanotto e di una giovane donna, non partendo dall’idea di poter fare tutto quello che ci pareva”.

    Mi è piaciuto l’aneddoto, comparso nel ritratto di Jony Ive sul New Yorker, di voi due che fate brainstorming per arrivare al design della spada laser sputacchiante di Kylo Ren. Piccoli dettagli come quello – o come il braccio rosso di C-3PO o il piatto radar del Falcon, ora rettangolare – conducono alla follia noi fan, che vorremmo sapere che cosa è successo tra Jedi e la Forza. Come hai lavorato con la squadra del design? Come ti è comportato nei confronti del design della produzione, come lo hai affrontato?

    “È cominciato tutto fin dall’inizio, quando stavamo lavorando con Michael Arndt, il primo sceneggiatore del progetto. Durante questa collaborazione, io avevo invitato il production designer, Rick Carter, a partecipare al processo di creazione della storia. Proprio come sarebbe stato impossibile separare la colonna sonora di John Williams dai film di 'Star Wars', era impossibile separare da Guerre Stellari quello che Ralph McQuarrie e il suo design team avevano fatto a partire da Una nuova speranza. Avevo la sensazione che avremmo fatto bene a fare entrare quanto prima Rick nel processo. È un sognatore incredibile; la sua mente riesce ad andare in posti strabilianti e immaginare cose che mai avresti pensato. Nel giro di pochissimo tempo si è rivelato straordinariamente vantaggioso avere Rick a trattare con i designer e gli artisti nella preparazione del lavoro concettuale basato sulle riunioni che facevamo sulla sceneggiatura. Quasi subito hanno cominciato ad arrivare progetti che davano forma alle idee sulle quali stavamo lavorando. A spingerci verso momenti topici come la creazione del braccio di C-3PO è stato il desiderio di, sì, insomma, di scandire il tempo. È quasi come se…”

    …si fossero verificati eventi sconosciuti?

    “Esattamente. Sa, quel momento in cui incontri di nuovo una persona, dopo anni di distanza. Vedi le rughe sulla sua faccia e pensi, oh, ha vissuto per dieci anni, nel frattempo! O quando vedi che qualcuno porta una ferita che un tempo non aveva – fisica o morale – e te ne accorgi. E questo ti fa capire che non sono passati solo pochi minuti. Era importante che Han Solo fosse Han Solo, ma l’interpretazione non doveva essere quella di un trentenne. Quando hai 70 anni, avrai vissuto esperienze molto diverse. E questo deve risultare evidente. Harrison ha dovuto portare un livello di complessità che non era necessario per il trentenne Han. Poi c’erano cose come l’antenna radar del Falcon, che chiaramente era stata strappata nello Jedi, e quindi ce ne voleva una nuova. Ma parte della decisione è stata presa in veste di fan. C’è una parte di me che vuole sapere: questo è il Falcon di quest’era. Ora so che quando vedo il Falcon con l’antenna rettangolare, siamo un istante dopo il passaggio di mano. E ci ha anche aiutato a scandire il tempo”.

    E dunque: John Williams!

    “Oh mio Dio! Innanzitutto, lasciamo stare la sua bravura e i suoi risultati. È la persona più adorabile che io abbia mai conosciuto. Un tesoro. È come quel jazzista doventato il più grande compositore di tutti i tempi. È uno che ti chiama ‘baby’! Ti dice: ‘Ehi, baby’. Mi chiama ‘JJ Baby’. Ho sognato per tutta la vita di incontrare uno che mi chiamasse così! Williams lavora con la matita. Vai a casa sua e lo ascolti suonare le note sul pianoforte, e mentre lo ascolti, immagini l’effetto che farà quando la melodia verrà suonata da un’orchestra. È indimenticabile, un miracolo. Ognuna delle sue colonne sonore è rilegata in pelle. Io gli ho detto: ‘Ti spiace se…‘ E lui: ‘No, prego, fai pure!‘. E così ho tirato fuori la colonna sonora dello Squalo, ed eccola lì, scritta a matita sulla carta: baaaa-bum, baaaa-bum. E tu pensi: ‘Ecco cosa ha scritto‘. È come uscire con Mozart, che guarda caso ha scritto le colonne sonore dei tuoi film preferiti. Lo so che lo sanno tutti, ma quando pensi seriamente a quello che ha composto Williams, ti rendi conto che il suo lavoro è importante, dal punto di vista dei film, quanto tutto il resto. Quando pensi a 'Superman', e ai 'Predatori dell’arca perduta' e a 'Lo Squalo' e a 'Incontri ravvicinati' – uscito nello stesso anno di 'Guerre stellari' – e poi ai film di 'Harry Potter'? È semplicemente sovrumano. È incredibile che possa essere così brillante e al tempo stesso così modesto. Fare amicizia con quell’uomo è un’esperienza incredibile”.

    Una buona parte del cast attuale nel 1977 non era neppure nata. Come si fa a trasmettere l’eredità, a passare ciò che Guerre Stellari ha significato per persone come me e te? O è un fardello che cerca di evitare?

    “È davvero una strana cosa, quando pensi che ci sono persone nate in un mondo in cui Star Wars semplicemente esisteva già. Ma nonostante siano nati da orribilmente poco, questi fanciulli conoscevano e capivano Guerre Stellari al pari di tutti noi; ci sono nati, mentre noi Star Wars l’abbiamo visto svilupparsi nel corso delle nostre vite. Il punto chiave nella scelta degli attori è stato questo: ci volevano persone che fossero capaci di fare tutto.
    “Se pensi a ciò che devono affrontare questi personaggi, non solo in questo film, ma nel seguito che sai già che ci sarà, capisci bene che questi componenti del cast dovevano essere degni di reggere il fardello e di avere l’opportunità di continuare a raccontare questa storia. Io penso ai film di Harry Potter – pazzesca la scelta di quel cast. E per cosa, per otto film?! Un miracolo. Dovevano essere capaci di fare tutto, e ci sono riusciti alla grande”.

    “Noi sapevamo di dover fare un cast non per un unico film – i film sarebbero stati almeno tre. È stata quella per me la difficoltà principale. Ci siamo davvero entusiasmati quando abbiamo conosciuto Daisy Ridley, quando abbiamo scoperto John Boyega e poi sono saliti a bordo Oscar Isaac e Adam Driver. E sì, Daisy e John riuscivano a lavorare insieme, ma cosa sarebbe successo con la presenza in contemporanea di Harrison? Come sarebbe andata? Se non si accende la scintilla, è un maledetto disastro. Sì, BB-8 è un grande personaggio, animato in modo straordinario, ma capitando all’improvviso in una scena con C-3PO o R2-D2 che effetto avrebbe fatto? Un effetto stridente? L’effetto di un errore? Poi non è andata così. Quando Anthony Daniels mi ha detto: ‘Oh santo cielo, adoro BB-8‘ io ho detto: ‘Okay, andrà tutto bene‘. Perché se per Daniels è okay, allora funziona”.

    C-3PO approva

    “O vedendo la dolcezza che c’è tra Han e Rey o la tensione e la vis comica tra Han e Finn. È stato davvero emozionante poter dire: ‘Queste scene stanno funzionando!‘. Abbiamo lavorato sodo per creare il cast, e sceneggiare e mettere tutto insieme, ma se funziona o no lo sai solo quando cominci a girare. Allora, di colpo, sei sul set e osservi e capisci. È un po’ come dare una festa dove hai invitato i compagni di scuola nuovi insieme ai compagni che avevi nella vecchia scuola, e ti chiedi se si amalgameranno bene. E all’improvviso vedi che vanno d’accordissimo, e la festa è un successone! È stata una sfacchinata, ma alla fine il risultato è stato grandioso”.

    E adesso cosa dobbiamo aspettarci? Io so che quando Kathy Kennedy ti ha chiamato per offrirle questo lavoro, tu avevi già per la testa idee nuove e originali.

    “Mia madre faceva questa cosa, stavamo pranzando e lei diceva: ‘A cena cosa vuoi mangiare?‘ e io dicevo: ‘Mamma, stiamo pranzando. Abbiamo appena cominciato‘. Adesso sento di aver bisogno di finire di pranzare. Al momento desidero solo mettere al mondo questo film”.

    LA REDAZIONE


     
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