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    L'INTERVISTA

    THE IRON LADY - INTERVISTA all'attrice MERYL STREEP

    30/01/2012 - L'attrice MERYL STREEP che ha interpretato l'ex Premier britannico Margaret Thatcher in THE IRON LADY ce ne parla con una certa generosità:

    Qual è stata la sua prima reazione quando la regista Phyllida Lloyd le ha proposto di interpretare il ruolo di Margaret Thatcher?

    MERYL STREEP: "Quando Phyllida mi ha detto che avrebbe diretto un film sulla vita di Margaret Thatcher e sulle tematiche della sua leadership, ha immediatamente stuzzicato il mio interesse. Non sono molte le donne leader e non sono molti i registi interessati a sondare cosa significa per una donna essere una leader. Riflettere sulle barriere che Margaret Thatcher ha dovuto abbattere per diventare la Premier del Regno Uniti significava entrare nella mente di una donna di fine anni '70, quando riuscì ad emergere e ad assumere il comando del suo partito. E io non faccio che ripetere alle mie figlie che allora il mondo era molto diverso e che tuttavia alcune cose restano molto simili. È stato interessante seguire le orme di una donna cresciuta durante la Guerra, scoprire la Gran Bretagna del dopoguerra, un periodo di privazioni e di ricostruzione, e vedere questa donna elaborare la propria filosofia e tradurla in pratica formulando soluzioni per quelle che lei considerava delle mancanze nel benessere economico del suo paese. È stato come osservare una persona, casualmente donna, che tenta di risolvere enormi problemi di portata mondiale in un modo del tutto inedito per una donna".

    È entrata in un circolo per soli uomini, nel mondo dell'alta borghesia, e ha preso tutti per la collottola. A prescindere dall'orientamento politico di ognuno, lo considera un risultato significativo?

    M. STREEP: "Io come attrice, arrivando il primo giorno sul set per le prove mi sono sentita incredibilmente sconfortata perché mi sono trovata in mezzo a 40-45 meravigliosi attori inglesi ed ero l'unica donna nella stanza e credo di aver provato la sensazione che deve aver provato Margaret Thatcher arrivando alle riunioni del Partito Conservatore. I giorni delle riprese nella ricostruzione del Parlamento sono stati particolarmente interessanti: come catturare l'attenzione di un'assemblea, come coinvolgere un pubblico che ti ascolta per riuscire a convincerlo della bontà della tua scelta politica sono situazioni con cui ci misuriamo ancora oggi in quanto esseri umani. Ho visto registe lottare nel tentativo di assumere il comando. E non siamo ancora del tutto a nostro agio con il concetto di una donna al comando. Margaret Thatcher è stata realmente una grande innovatrice nel mostrare uno dei modi in cui una donna può assumere la leadership. Non aveva grandi problemi a capire come comandare e quindi, in un certo senso, gli uomini non hanno avuto grandi problemi a capire come seguirla. Secondo me è quando una donna esita sul modo di comandare o si preoccupa di come viene percepita o teme di perdere la prima femminilità che la sua abilità al comando ne risente".

    Due temi che emergono nel film sono avere l'amore e perderlo e avere il potere e perderlo. Per lei quale dei due è più importante?

    M. STREEP: "Credo che la riuscita del film dipenda dal fatto che alcuni momenti salienti di forte tensione e pressione nella sua vita politica sono controbilanciati da momenti di eguale rilevanza nella sua vita privata che hanno avuto ripercussioni altrettanto grandi su di lei come essere umano nella sua totalità. Quindi abbiamo cercato di fare un film su un essere umano a tutto tondo. Margaret sostiene che se prendi decisioni dure, la gente ti odia oggi, ma ti ringrazierà per molte generazioni. Ed è sempre in questi termini che deve ragionare un leader, ma anche una madre, che deve pensare 'è vero, adesso la faccio soffrire e lei mi odierà per quello che le impedisco di fare, ma a lungo andare mi ringrazierà'. Penso che siano preoccupazioni simili. Se un politico ragiona a breve termine, facilmente riscuote consensi, ma è bene avere un'ottica a lungo termine".

    Il film è incredibilmente apolitico. Secondo lei il pubblico ne resterà sorpreso?

    M. STREEP: "Non ho iniziato a lavorare al film con un'opinione politica su Margaret Thatcher. In tutta sincerità, sapevo scandalosamente poco dei suoi programmi politici. Sapevo che erano in linea con molti dei programmi del Presidente Reagan, che conoscevo meglio, ma non con tutti. Quindi non mi interessava tanto approfondire gli obiettivi che ha perseguito quanto il costo che le sue scelte politiche hanno avuto su di lei come persona. Quello che abbiamo cercato di illustrare, con tutta l'accuratezza di cui siamo stati capaci, sono stati i motivi dell'odio viscerale da un lato e dell'ammirazione profonda dall'altro suscitati dalle sue decisioni politiche. Ma ci preoccupava soprattutto il prezzo che deve pagare un individuo che prende decisioni così cruciali. Quando sei un leader con un enorme carico di responsabilità, come ne risenti sul piano umano e quanta capacità di resistenza devi avere per continuare a essere forte?"

    Interpreta Margaret in un arco temporale di 40 anni; dev'essere stata una sfida incredibile

    M. STREEP: "Interpretare 40 anni della vita di un personaggio è una sfida, ma quando arrivi alla mia età, ti sembra di avere ancora 20 anni, quindi non è stato un grande problema. Una parte di te si sente ancora la stessa persona che eri quando avevi 16 o 26 o 36 o 46 o 56 anni. Quindi hai accesso a tutte le persone e a tutte le età che hai già vissuto. Credo sia il grande vantaggio, se ne esiste uno, di diventare vecchia.
    È stata una meravigliosa opportunità. Di solito il cinema ti colloca in un periodo specifico, ma questo è un film che consente di guardare al passato di una vita intera ed è stato davvero entusiasmante cercare di farlo. Voglio però aggiungere che la creazione di Margaret anziana è anche in gran parte merito, oltre che dello splendido lavoro dei truccatori J. Roy [Helland] e Marese [Langan], della geniale metamorfosi realizzata da Mark Coulier grazie alle protesi che ha disegnato".

    Qual è stata la cronologia delle riprese?

    M. STREEP: "Il secondo giorno sul set, quando ero da poco sbarcata dall'aereo dal Connecticut, parlando con questo accento, abbiamo girato la scena della riunione di Gabinetto, quando lei è all'apice del comando e al tempo stesso sull'orlo del crollo nervoso. Per rispondere alla sua domanda, non mi hanno aiutata affatto, girando tutto il film senza alcun ordine cronologico! Ma in fin dei conti credo sia stato un bene lanciarmi subito in una scena così ambiziosa, perché mi ha costretta a rimboccarmi le maniche come un Marine e a prepararmi a combattere. E ho combattuto ogni singolo giorno delle riprese.
    Ora mi sveglio tutte le mattine pensando ‘Grazie a Dio non sono la leader del mondo libero, non sono il Presidente Obama!’. Oh, che compito! Una cosa che ti resta davvero dentro dopo aver interpretato un personaggio di proporzioni shakespeariane è il senso di gratitudine. Mi sento molto modesta e scoraggiata al pensiero dello spaventoso peso che Margaret Thatcher si era presa sulle spalle. È una posizione terribile, scomodissima e devastante quella di chi deve decidere di mandare delle persone a rischiare la morte e poi la sera appoggia la testa sul cuscino. La gente pensa che non paghi alcuno scotto e considera i personaggi pubblici come dei mostri o degli dei, ma la verità è che stanno tutti nel mezzo".

    Pensa che il pubblico uscirà dal cinema con un'opinione mutata di Margaret Thatcher?

    M. STREEP: "Non so se gli spettatori cambieranno opinione sulle sue scelte politiche, ma se non altro capiranno meglio le pressioni che ha dovuto sopportare e le ragioni per cui, alla fine, la risposta che lei sembrava rappresentare all'epoca è stata respinta. Penso che quanto meno arriveranno a cogliere questo. E, alla fine, dopo che la risposta che lei rappresenta viene respinta, vedranno la persona che sopravvive a tutto questo anno dopo anno e, come chiunque altro, continua a rimuginare nella sua testa 'Cos'era che…? Ricordi questo? Ricordi quest'altro?'. La destinazione di ogni essere umano è la stessa".

    Durante le riprese, la produzione ha diffuso una sua foto sul set nei panni di Margaret Thatcher che è stata pubblicata sulla prima pagina non solo di quasi tutti i quotidiani britannici in edicola, ma anche dei giornali internazionali. Qual è stata la sua reazione?

    M. STREEP: "Quando la foto è stata ripresa da tutte le agenzie in Cina, nel Sudest Asiatico e in posti che non avremmo mai immaginato fossero interessati al progetto, ovviamente i produttori si sono esaltati: forse non è solo un film per sette persone a Westminster! È stato confortante per tutti. Ma, parlando a livello generale, credo che ci sia una porzione di pubblico cinematografico spesso sottostimata, ovvero le donne, che raramente vedono sullo schermo i personaggi che interessano loro. C'è una sete di conoscenza nei confronti di Margaret Thatcher perché è stata un'innovatrice a molti livelli. Credo che questo film avrà un pubblico molto trasversale e incuriosirà anche le persone che di solito non vanno al cinema perché l'attuale offerta cinematografica le respinge o le annoia".

    La stampa ha riferito che prima di girare questo film ha visitato la Camera dei Comuni. Che tipo di visita è stata e che cosa ha imparato?

    M. STREEP: "È stato meraviglioso potermi fare un'idea del protocollo e del comportamento da tenere nella Camera dei Comuni. Abbiamo avuto accesso allo spazio dietro le quinte, non so bene come si chiami, dove ci sono una serie di piccoli uffici attraverso cui i deputati entrano nella Great Hall. Mi sentivo un po' intimidita a stare nell'aula dove si è riunito per la prima volta il Parlamento inglese nel 1066, una sala sorprendentemente piccola in realtà. È stato toccante vedere quanto è piccola a confronto dell'enorme portata dei capitoli di storia che sono stati scritti al suo interno, della statura delle personalità che quei muri hanno accolto, della grandezza delle idee che sono scaturite da quel luogo. E anche vedere quanto è intima, come i deputati siedono uno di fronte all'altro, gridando uno con l'altro o assumendo un'aria annoiata. È un luogo piuttosto antagonistico".

    E poi come è stato ricreare le scene dei suoi interventi dalla tribuna?

    M. STREEP: "Sono state scene ad alta tensione e per certi aspetti sono servite a farmi entrare nella testa di Margaret Thatcher. Era una delle rare donne che facevano politica all'epoca. Ce n'erano altre, ma lei è stata una delle pochissime a raggiungere il vertice. E non ci è riuscita promuovendo la sua immagine sui mezzi di informazione o con qualsiasi altra astuzia adottino le persone per costruire le proprie carriere politiche nell'attuale sistema, quando meno negli Stati Uniti. Non si preoccupava di essere affabile, ma di essere competente. Doveva essere più preparata e meglio preparata degli altri, doveva prevedere tutte le domande che chiunque avrebbe potuto rivolgerle, anche quelle che nessuno avrebbe mai pensato di farle, doveva avere una risposta per ogni cosa, perché doveva essere più brava di qualsiasi altro uomo nella sua posizione per poter mantenere la sua posizione. C'era una resistenza enorme all'idea di una donna leader. È stato entusiasmante incarnarla. A maggior ragione dopo aver visto una serie di filmati di repertorio che mi hanno mostrato la sua prontezza, la sua preparazione impeccabile, la sua determinazione a lottare, la sua capacità nel cogliere l'occasione giusta per sferrare un attacco, sicura di vincere. Un simile appetito è elettrizzante e necessario per avere la stoffa del leader".

    Quali sono le doti migliori di Phyllida?

    M. STREEP: "La sua qualità più grande come regista sta nel fatto che non esiste aspetto della lavorazione di un film in cui non abbia il massimo livello di talento. È dotata di grande pazienza e di grande lucidità mentale. Non ha mai virato dal film che avevamo tutti insieme convenuto di fare, non si è mai allontanata da quella visione durante la lavorazione. Spesso il cinema è un processo creativo così singolare e viscerale che inizi a lavorare a un film immaginandolo in un modo, ma poi lo trasformi in qualcos'altro fino ad arrivare a gettare la spugna e ad ammettere che ti è sfuggito di mano ed è diventato un'altra cosa.
    Ma a noi questo non è successo, grazie allo sforzo che abbiamo fatto per mantenere gelosamente la sua visione. È incredibilmente coinvolgente: ti sollecita e ascolta qualsiasi proposta collaborativa tu le faccia e spesso ne tiene conto, anche se questo non la porta a modificare la destinazione originale del film che ha in mente. Sono molto fiera del fatto che tutti noi siamo arrivati alla stazione a cui avevamo previsto di scendere, perché è un risultato raro. Il cinema è una forma d'arte collaborativa, quindi può partire in molte direzioni diverse. Ma noi abbiamo avuto un grande sostegno da parte dei nostri produttori, dalla Pathé e dagli altri investitori. Ci hanno appoggiato in quello che abbiamo cercato di fare".

    Al centro del film c'è la storia d'amore tra Margaret e Denis, altro personaggio affascinante, magistralmente interpretato da Jim Broadbent. Com'è stato lavorare con lui?

    M. STREEP: "Ha un grandissimo senso dell'umorismo e, anche in molti dei ruoli più seri che gli ho visto interpretare, ha il talento dell'ironia e della comprensione empatica, due doti molto toccanti. Denis Thatcher è stato spesso dipinto all'opinione pubblica come una sorta di pagliaccio. E il profilo della sua veste pubblica è stato uno degli aspetti del personaggio, ma sapevamo che Jim avrebbe ancorato il suo protagonista in un substrato di spessore e comprensione della sua maschera di comicità, indagando sul ruolo che il suo senso dell'umorismo ha avuto nel vivacizzare la sua vita e quella di Margaret e sull'importanza della presenza in una coppia di uno disposto ad alleggerire le tensioni ridendo e scherzando. Penso che gran parte degli atteggiamenti nei confronti di Denis fossero dettati dal fatto che la sua posizione destabilizzava molte persone, uomini e donne. Era scioccante vedere una donna Capo di Stato e a quel punto lui cos'era? Il Signor Marito di…? Come potevano definirlo? Il 'first husband'? Che cos'era? In questa fase dell'evoluzione della specie umana solo adesso ci stiamo abituando ad accogliere queste nuove posizioni dei generi sessuali. Secondo me lui era satireggiato, ma non sembrava provarne risentimento e questa sua reazione è stata davvero straordinaria. So che Jim Broadbent è arrivato sul set con un forte pregiudizio nei confronti di Margaret Thatcher e della sua politica. E man mano che abbiamo interpretato la vecchia coppia di coniugi, credo che abbia un po' modificato la valutazione, non tanto del suo premierato o del suo operato politico, quanto del suo presunto lato umano che forse ha accettato di più. Di sicuro ha accettato me come attrice che vestiva i suoi panni: ho sentito da parte sua un affetto autentico e un sincero sgomento per la vita che era stata riservata loro".

    Prima dell'inizio delle riprese ha passato un po' di tempo con Alexandra Roach?

    M. STREEP: "Alexandra Roach interpreta Margaret Thatcher giovane. Si è discusso molto di come fare assomigliare il suo incantevole nasino all'insù al mio, ma lei è stata al gioco! È un'attrice davvero incantevole. Ho trovato meraviglioso il rapporto che ha costruito con Harry, che interpreta Denis giovane. Hanno entrambi dedicato un'estrema cura al tentativo di dare ai due personaggi giovani il sapore dei due personaggi anziani. Hanno realmente fatto un ottimo lavoro. Richard E. Grant si è divertito dicendo che i signori che la circondavano, i suoi colleghi di Gabinetto, erano come palline di naftalina di equità. No, no, non pallina di naftalina. Li ha definiti falene, falene che circondano una sorgente di luce. Posso dire che Richard E. Grant si diverte in qualunque situazione. È una compagnia simpaticissima. Tutti quei signori sono stati fantastici con me, mi hanno accolta in un territorio a cui io non appartengo, essendo un'intrusa, un'americana. Ma in un certo senso sono stata incoraggiata a interpretare Margaret Thatcher proprio per il fatto che lei stessa era un'intrusa in quel Partito Conservatore fatto di parrucconi laureati a Oxford e Cambridge in cui lei marciava imperterrita. E io ho pensato: se ce l'ha fatta lei, posso farcela anch'io".

    E Anthony Head nei panni di Geoffrey Howe?

    M. STREEP: "Un personaggio fondamentale. Per Margaret Thatcher rappresentava una roccia, una voce giudiziosa, una persona su cui poter sempre contare e quando alla Camera dei Comuni Geoffrey Howe si alzò e diede le dimissioni, ogni cosa precipitò verso la fine. Anthony è un attore magnifico, estremamente affascinante sul piano personale, che qui interpreta splendidamente e con grande umiltà un uomo senza pretese, facendone un ritratto bellissimo. Percepisci il suo dolore e il suo disappunto. Era molto importante consentire un'identificazione con ogni singolo deputato e con la sua personalità. Ogni attore è arrivato sul set con una biografia esaustiva della persona che avrebbe rappresentato, non per cercare di imitarla, ma per tentare di incarnare qualche verità di quella persona e del ruolo che ha avuto in questa tragedia".

    Qual è stato l'aspetto più bello della realizzazione di questo film?

    M. STREEP: "Sicuramente l'opportunità di guardare una vita intera, perché nella fase della vita in cui sono io capita di guardarsi alle spalle e di ripensare a tutta la propria storia. A volte è sconvolgente quanto una vita può essere grande e piena di eventi che nel momento in cui li stai vivendo sembrano molto importanti. Poi però ti rendi anche conto che quello che conta davvero è il presente, quello che vivi adesso, nel preciso istante e nel luogo in cui ti trovi a viverlo. E si può argomentare che l'unica cosa importante è vivere intensamente la propria vita nell'esatto momento in cui ci si trova e che è questa la cosa più difficile che esiste al mondo. In fondo è il principio del Buddismo Zen, vivere intensamente il qui e ora, sentirlo, esserci fino in fondo. Quando siamo giovani, ognuno di noi dichiara quello che non farà mai, ma poi seguiamo tutti lo stesso destino, abbiamo tutti un inizio e una fine. È un'ambizione insolita per un film puntare l'intera narrazione verso quel momento, il momento della fine. Di solito un film tende verso un apogeo, un'aspirazione alta. Qui invece guardiamo un distillato di cosa significa aver vissuto una vita enorme, esagerata, intensissima e vederla poi sprofondare. Insomma, è poesia, non trova?"

    LA REDAZIONE


     
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