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IL CAPO PERFETTO
I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal 23 Dicembre
"Abile, affascinante e manipolatore, 'Il Capo Perfetto' è l’uomo con il dito sulla bilancia, il
burattinaio che tira i fili di tutti i personaggi e della rappresentazione. La sua azienda produce
bilance industriali ma il vecchio modello a due piatti esposto all’ingresso principale della fabbrica è in cattive condizioni. Blanco è un personaggio carismatico, un giocatore avvantaggiato rispetto agli altri, che si intromette senza vergogna nella vita personale dei suoi dipendenti per migliorare la produttività dell’azienda, superando ogni limite etico, senza remore. Un personaggio al quale ci possiamo sentire vicini nonostante la sua natura priva di scrupoli. Forse un ritratto di chi siamo o temiamo di diventare. Blanco è perfettamente calato in questo racconto tragicomico di un ecosistema del mondo del lavoro logorato, senza eroi né cattivi, lontano da qualsiasi manicheismo. Una commedia pungente, grigio-scura, quasi nera. Uno sguardo caustico su rapporti personali e professionali all’interno di un’azienda a conduzione familiare che impiega alcune centinaia di lavoratori... questo film descrive il paesaggio precario del lavoro, utilizzando chiavi estetiche e narrative simili. Un racconto corale intessuto di storie che si intrecciano e interagiscono in maniera perversa, attraversato dalla seduttiva personalità di Blanco. 'Il capo perfetto' è un ritratto della spersonalizzazione e del deterioramento dei rapporti di lavoro, lo scenario di un momento in cui concetti fuori moda come solidarietà, etica o bene comune sembrano essere stati cancellati dalla mappa del lavoro solo per essere sostituiti dalla logica del profitto e della precarietà. L’immagine della bilancia, metafora universale della Giustizia, fa da cornice al tutto: Blanco cerca a tutti i costi di ripristinare l’equilibrio finanziario della sua società, anche se questo significa che deve armeggiare con i piatti. Credo che sia possibile realizzare un cinema complesso ed artisticamente ambizioso, un cinema che lasci il segno di chi siamo, del momento storico in cui viviamo e che al contempo ci diverta, stuzzichi la nostra curiosità e ci commuova e lo faccia utilizzando l’umorismo, a volte magari anche a cuor leggero, con una certa durezza ma senza rinunciare all’impegno, alla verità o alla poesia. Il cinema che esamina le radici stesse di chi e cosa siamo alla ricerca dell’ipotesi di cosa diventeremo un giorno. Il cinema con una finestra aperta sull’esterno, che affronti quello che succede fuori, per le strade del paese in cui viviamo, nelle nostre case, nella nostra camera da letto, nel nostro luogo di lavoro... Nel frattempo, un uomo cui non resta nulla da perdere è accampato di fronte alle strutture di quello che era una volta il suo posto di lavoro minacciando i piani del 'Il capo perfetto', gli
striscioni dai colori sgargianti e la sua tenda spezzano la grigia monotonia del paesaggio di
fabbriche, il suo presunto equilibrio. Il miglior umorismo è quello che resiste allo scorrere del
tempo e travalica i confini, è quello che nasce dal dramma dal momento che non è una soluzione temporanea: ci parla della natura umana. Viene da quel lavoratore disperato che urla slogan in pessima rima utilizzando un vecchio megafono scassato ogni volta che il capo entra ed esce dalla fabbrica. Della sua fragilità, della sua solitudine forzata, della sua tragica lucidità. Altre volte arriva dalla tenerezza: dal suo rapporto con l’addetto alla sicurezza che fa la guardia all’ingresso della fabbrica, che condivide con lui un caffè ed una conversazione clandestini, per paura di rappresaglie. C’è umorismo anche nell’amoralità del capo, nel suo elaborare intrighi e nei suoi eccessi, dal momento che si è sempre vittima delle proprie azioni. Blanco non uscirà illeso dalle sue azioni. Il film diventa sempre più dark ad ogni decisione presa dai personaggi. E quindi, senza perdere il sorriso, l’ultimo atto di questa storia diventa un thriller e poi una tragedia. Di tutte le sfide che abbiamo incontrato forse questa, la sfida di trovare il giusto tono, è stata la più rischiosa. Umorismo e dolore: la misura precisa di ciascun piatto della bilancia. Gelosia, abuso, tradimento, potere, vassallaggio, rivalità, vendetta, ambizione, sesso e perfino morte, tutti grandi temi della tragedia classica, entrano nella intricata tela di interessi, meschinità ed ambizione di una società produttrice di bilance che potrebbe trovarsi in qualsiasi città di provincia, ovunque. Questa è la sua storia".
Il regista e sceneggiatore Fernando León de Aranoa
Galleria Fotografica:
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