I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal 76. Locarno Film Festival e dal 76. Festival del Cinema di Cannes (16 al 27 Maggio 2023) - Concorso - Kean Loach sempre attento al versante socio-politico ora propone un tema che sembra ai margini di un'area limitata ma che invece ha un orizzonte ben più ampio e stimolante per riflettere - Dal 16 Novembre
"Ci saranno ribellioni in cui le persone marciano e occupano edifici, ma questa non è una rivoluzione. Una rivoluzione è quando il potere cambia. Sono rare. Abbiamo avuto una rivoluzione nel 17° secolo quando il re e l'aristocrazia, il feudalesimo persero il potere a favore della nuova classe mercantile. Da allora non abbiamo avuto una rivoluzione. Il potere è ancora in mano alla borghesia. La rivoluzione francese fu simile. Il potere non è andato al popolo, il potere è andato di nuovo alla borghesia. Il potere delle corporazioni controllava l'Europa occidentale. La rivoluzione in Russia è stata la classe operaia che ha preso il potere, ma Stalin lo ha distrutto. Ora sono tornati a un capitalismo autoritario. L'unica cosa che sappiamo è che la storia è volatile. Non possiamo sceglierlo. E dato che al momento stiamo distruggendo il pianeta, Dio sa cosa accadrà "
Il regista Ken Loach
(The Old Oak; Francia 2023; drammatico; 113'; Produz.: Sixteen Films, Why Not Productions; Distribuz.: Lucky Red)
Il film stato girato nella contea di Durham - nel nord est dell’Inghilterra - proprio come le sue ultime due pellicole Io, Daniel Blake (2016) e Sorry We Missed You (2019)
Cast: Dave Turner (TJ Ballantyne) Ebla Mari (Yara) Debbie Honeywood (Tania) Reuben Bainbridge (Proprietario dell'elicottero) Rob Kirtley (Vicino più anziano) Andy Dawson Chris Gotts (Jaffa) Lloyd Mullings (Amico di Garry) Joe Armstrong (Joe) Trevor Fox (Charlie) Laura Lee Daly (Rosie) Neil Leiper (Rocco) Col Tait (Eddy) Jordan Louis (Garry) Abigail Lawson (Michelle) Cast completo
Alex White (Max)
Musica: George Fenton
Costumi: Jo Slater
Scenografia: Fergus Clegg
Fotografia: Robbie Ryan
Montaggio: Jonathan Morris
Effetti Speciali: Scott MacIntyre (supervisore)
Casting: Kahleen Crawford
Scheda film aggiornata al:
07 Marzo 2024
Sinossi:
L'ultimo spazio di ritrovo rimasto per i lavoratori di un comunità mineraria, un tempo florida ma oggi in dismissione dopo trent'anni di crisi. La situazione cambia quando arriva sul posto un gruppo di rifugiati siriani...
La storia è incentrata su un villaggio del nord-est dell'Inghilterra. Dato che le miniere del paesino sono state chiuse, le persone, in particolare i giovani, stanno abbandonando la terra. È così che quella che un tempo era una fiorente comunità , si ritrova piena di rabbia, risentimento e senza un briciolo di speranza per il futuro.
Le case tornano disponibili e a un prezzo economico, offrendo un posto sicuro ai rifugiati siriani giunti in Gran Bretagna negli ultimi anni. Ma come saranno accolti i siriani dalla gente del posto? E cosa ne sarà di 'The Old Oak', l'ultimo pub del villaggio?
Short Synopsis:
The future for the last remaining pub, The Old Oak in a village of the Northeast England, where people are leaving the land as the mines are closed. Houses are cheap and available thus making it an ideal location for the Syrian refugees
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Quando mangi insieme, resti insiemeâ€
Le conversazioni in sottofondo sui titoli di testa sono quelle del pub in un villaggio del Nord dell’Inghilterra: il The Old Oak del titolo, appunto, luogo di ritrovo che ha visto giorni migliori quando la miniera locale era attiva e l’economia viaggiava dunque su quei binari che approdano a destinazione sicura, o almeno vivibile. Loach entra subito nel vivo della questione con l’arrivo del bus di rifugiati siriani e della orribile accoglienza di alcuni abitanti del posto, erosi dalla frustrazione, per le case del Paese svendute ad una Società di Cipro, e per la loro misera condizione economica che li scopre in difficoltà . Tutti, a vario titolo, chi più chi meno, si trovano a disagio e vedono l’arrivo dei profughi come il fumo negli occhi. E’ chiaramente gente che ha sofferto, piena di amarezza e rimpianti. Così, rappresentano un problema anche quelle semplici istantanee scattate dalla
La storia si avvia dunque all’ombra del contrasto, del livore e della negazione, al punto da sfociare in una piccola aggressione sufficiente a far cadere la macchina fotografica e a danneggiarla. L’unica persona con cui Yara/Mari può
stabilire un contatto basato sulla comprensione solidale è il detentore storico di quel pub locale, la cui vetrina fatiscente, con la lettera K di Oak dell’insegna che non ne vuol più sapere di stare dritta: ed è il TJ Ballantyne di Dave Turner, quel che si dice, un illuminato primo protagonismo nel film. E’ a lui che lo storico sceneggiatore di Ken Loach, Paul Laverty, mette in bocca i monologhi più veraci: mediatore nelle aspre critiche sociali, nel giudizio dei vizi di forma comportamentali dei compaesani, ben poco accomodanti e particolarmente vigili sulla sua accoglienza di coloro che loro chiamano con il dispregiativo appellativo di ‘beduini’. Monologhi che si ergono a faro di luce in mezzo a tante ombre, per la comprensione anche dello stesso modo di essere di TJ, radicato nei suoi ammaccati trascorsi esistenziali. Una persona a sua volta ferita, cui è stato portato via tutto, anche per
sua stessa ammessa colpa, e di lì a poco, anche di quella cagnetta, Marra, simbolo elettivo di redenzione e di salvezza. Un’umanità ruspante in cui si specchiano sofferenze diverse, per le quali, com’è ben noto, si tende a guardare sempre in basso per trovare il capro espiatorio.
"Non è beneficenza, è solidarietà , siamo noi che facciamo qualcosa insieme"
Una storia emblematica, esemplare, che nella prima parte appare quasi tiepida, fatta eccezione per l’aggressività di alcuni paesani che passano il loro tempo a criticare e a bere pinte di birra nel pub, alimentati da pura frustrazione in cerca di una rivalsa nutrita da una cattiveria fittizia, destinata d’altra parte a dissolversi come nebbia sullo spiazzante finale. Un finale di quelli che non si dimenticano, e che fanno riflettere parecchio, tra inevitabili lacrime di commozione. Non manca niente in questo delicato e possente The Old Oak di Ken Loach, neppure il bullismo tra ragazzi,
ancor peggio dei genitori, ma anche la gentilezza e il senso di rispetto e di accoglienza condivisa dalla famiglia siriana di Yara, a braccetto con la disponibilità ad aiutare di TJ/Turner, per quanto la sua stessa indigenza non gli abbia consentito di mantenere attiva la sala attigua al suo pub, diventata oggetto di contesa per la sua riesumazione: mensa per i bisognosi del paese e dei profughi siriani o riunioni degli abitanti per fare qualcosa per il paese in decadimento e per mettere dei paletti, nuove regole, tra loro e i nuovi arrivati? “Non va bene per noi ma va bene per loro… Sei un povero fallito†sbottano alcuni nel pub contro Tj, criticando la sua disponibilità a riabilitarla per semplice aiuto disinteressato.
“Quando il mondo guarda e non muove un ditoâ€
Un decadimento che d’altra parte non ha toccato la magnificenza dell’arte antica nordica della Cattedrale: è una delle considerazioni più
Yara (Ebla Mari): Grazie per la sua gentilezza al nostro arrivo. L'ho apprezzata molto! Mi chiamo Yara, piacere. Il suo nome?
TJ Ballantyne: Tommy Joe Ballantyne!
Yara: Quando ero piccola, volevo fare la fotografa e girare il mondo.
Yara: Quando mangi insieme, resti insieme.
TJ Ballantyne: Me lo diceva mia madre.
TJ Ballantyne: Non è beneficenza, è solidarietà , siamo noi che facciamo qualcosa insieme.