Soggetto: Scritto e diretto da Mike Mills che, dopo un film ispirato a suo padre (Beginners) e uno alla madre (Le donne della mia vita), si cimenta in un’opera ancora più personale e per certi versi più vicina alla sua esperienza vissuta: una storia che scava nel rapporto tra adulti e bambini.
Protagonista della pellicola è Joaquin Phoenix, nei panni di un uomo di mezza età che impara a prendersi cura di un bambino per la prima volta, attraverso un viaggio che si trasformerà in una meditazione sull'amore, la genitorialità e sull’andare avanti anche se non si ha idea di cosa accadrà nel futuro.
E' la storia dell'artista Johnny (Joaquin Phoenix), noto per i documentari e le interviste rilasciate in radio. L'uomo lascia tutto per prendersi cura del giovane nipote Jesse (Woody Norman) e insieme lui parte per un viaggio in America, stringendo con lui un legame del tutto inaspettato.
An artist embarks on a a cross-country trip with his young nephew.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Troppa ambizione guasta la festa?! Nella cornice filmica in bianco e nero si annida il primo indizio: si rievoca una vicenda del passato i cui tratti autobiografici non ci sorprendono. Il regista Mike Mills non è difatti nuovo a rivisitazioni in celluloide di brani di vita vissuta personale. Questo C’mon C’mon - ‘C’mon’ forma contratta di ‘come on, ‘andiamo’ - segue difatti gli autobiografici Beginners e Le donne della mia vita, in una sorta di seduta psicoanalitica molto intima portata alla ribalta pubblica con il cinema. Così, dopo un film ispirato a suo padre (Beginners) e uno alla madre (Le donne della mia vita), si cimenta ora in un’opera ancora più personale e, per certi versi più vicina alla sua esperienza vissuta: una storia che scava nel rapporto tra adulti e bambini.
Protagonista è il monumentale Joaquin Phoenix, qui nei dimessi panni di Johnny, un giornalista radiofonico di mezza età che,
paradossalmente, nel disastroso tentativo di rimettere insieme i cocci della propria esistenza, da divorziato e solitario incallito, a parte i contatti dettati dal suo lavoro di intervistatore, troverà un valore aggiunto nel bambino della sorella – il Jessie (Woody Norman), alias Mike Mills da bambino – di cui dovrà occuparsi imprevedibilmente mentre lei, a sua volta, deve occuparsi del marito Paul, con problemi mentali. Ma l’ambiziosa architettura del racconto, intervallato dalle frequenti interviste sui più svariati problemi esistenziali di gente diversa, per età , etnia e città di provenienza, barcolla più volte rischiando di annodarsi su se stessa e peccare di ridondanza quando le domande non si arrestano, ma semmai si infittiscono, a film finito, persino sui titoli di coda. E’ da un pezzo raggiunto dallo spettatore il punto di saturazione, perciò il rischio è quello di lasciare indietro, o, persino dimenticare, alcuni divertenti passaggi nelle dinamiche di questo rapporto particolare
tra lo zio Johnny/Phoenix e il bambino Jessie/Norman. Bambino che il regista trasforma in un piccolo impertinente genialoide fin troppo indottrinato in un linguaggio che normalmente non è affatto proprio di quell’età . Nel film prende forma anche la comunicazione per messaggi al cellulare con la sorella, per il tempo che è via, in questa imprevedibile riscoperta di valori, affetti e rapporti in una rete di priorità orientata verso un futuro sconosciuto, riguardo al quale sono rivolti i più numerosi punti di domanda.
In mezzo a tanto caos e alla spiccata tendenza logorroica di questo bambino disagiato, ossessionato dal ‘metaforico’ gioco dell’orfanotrofio, il messaggio è chiaro: prendersi cura di un ‘cucciolo umano’ per la prima volta, può risultare sfiancante, ma può valere la pena imbarcarsi nel ‘viaggio’. Viaggio che, in questo caso, ben presto vediamo trasformarsi in una meditazione sull'amore, la genitorialità e sull’andare avanti - il C’mon C’mon del titolo
- anche se non si ha idea di cosa accadrà nel futuro.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)