Cinema sotto le stelle 2019 - VINCITORE agli OSCAR 2019 di 4 Statuette: 'Miglior Attore Protagonista' (Rami Malek); 'Miglior Montaggio' (John Ottman); 'Miglior Sonoro' (Paul Massey, Tim Cavagin e John Casali); 'Miglior Montaggio Sonoro' (John Warhurst e Nina Hartstone) - VINCITORE di 2 GOLDEN GLOBES 2019 al 'Miglior Film Drammatico' e Miglior Attore in un film drammatico' - Tra i più attesi!!! - RECENSIONE - Un racconto realistico ed elettrizzante degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985, con Rami Malek nel ruolo di Freddie Mercury - Dal 29 Novembre
"Quando un attore interpreta una persona così leggendaria, deve contribuire con se stesso. Non è un'imitazione. Come non lo è stata quella di Will Smith in 'Ali'. E lo stesso vale per Rami. Non si penserà a chi sta cantando le canzoni quando si vedrà il film, anche se Malek canta alcune parti e per le altre sono state utilizzate sia registrazioni originali di Freddie che altre realizzate appositamente dal cantante canadese Marc Martel. Tuttavia non bisogna pensare che sia esattamente Freddie, lui non deve essere identico, quello che serve è che se ne dia l’essenza... Amava stare sul palco e suonare dal vivo di fronte a 350.000 persone, riuscendo ogni volta a connettersi con il pubblico. E poi la musica dei Queen ha resistito alla prova del tempo. Quando si va a un evento sportivo 'We Will Rock You' e 'We Are The Champions' non mancano mai e lo stesso accade se accendi la radio. I bambini oggi amano la loro musica".
Il produttore Graham King
(Bohemian Rhapsody; USA/REGNO UNITO 2018; Biopic drammatico musicale; 106'; Produz.: GK Films, New Regency Pictures, Queen Films Ltd. e TriBeCa Productions; Distribuz.: 20th Century Fox)
Soggetto: Storia di Anthony McCarten e Peter Morgan. La pellicola segue i primi quindici anni del celebre gruppo rock dei Queen, dalla nascita della formazione nel 1970 fino al concerto Live Aid del 1985.
Preliminaria - I personaggi:
- Freddie Mercury, interpretato da Rami Malek, e da Adam Rauf nelle scene in cui è bambino: leader e cantante dei Queen.
- Roger Taylor, interpretato da Ben Hardy: batterista del gruppo.
- John Deacon, interpretato da Joseph Mazzello: bassista del gruppo.
- Brian May, interpretato da Gwilym Lee: chitarrista del gruppo.
- Paul Prenter, interpretato da Allen Leech: manager personale di Freddie Mercury.
- Mary Austin, interpretata da Lucy Boynton: compagna di tutta la vita di Freddie Mercury.
- Jim Hutton, interpretato da Aaron McCusker: fidanzato di Freddie Mercury.
- John Reid, interpretato da Aidan Gillen: primo manager dei Queen.
- Jim Beach, interpretato da Tom Hollander: secondo manager dei Queen.
- Jer Bulsara, interpretata da Meneka Das: la madre di Freddie Mercury.
- Bomi Bulsara, interpretato da Ace Bhatti: il padre di Freddie Mercury.
Cast: Rami Malek (Freddie Mercury) Ben Hardy (Roger Taylor) Joseph Mazzello (John Deacon) Gwilym Lee (Brian May) Allen Leech (Paul Prenter) Lucy Boynton (Mary Austin) Aaron McCusker (Jim Hutton) Aidan Gillen (John Reid) Tom Hollander (Jim Beach) Mike Myers (Kenny Everett) Dermot Murphy (Bob Geldof) Meneka Das (Jer Bulsara) Ace Bhatti (Bomi Bulsara) Priya Blackburn (Kashmira Bulsara) Adam Rauf (Giovane Farrokh) Cast completo
Dickie Beau (Kenny Everett)
Musica: John Ottman
Costumi: Julian Day
Scenografia: Aaron Haye
Fotografia: Newton Thomas Sigel
Montaggio: John Ottman
Makeup: Charlie Hounslow
Casting: Susie Figgis
Scheda film aggiornata al:
05 Agosto 2019
Sinossi:
Un racconto realistico ed elettrizzante degli anni precedenti alla leggendaria apparizione dei Queen al concerto Live Aid nel luglio del 1985.
Il film è una coinvolgente celebrazione dei Queen, della loro musica e del loro leggendario frontman Freddie Mercury (Rami Malek), che sfidò gli stereotipi e infranse le convenzioni, diventando uno degli artisti più amati al mondo. Il film ricostruisce la meteorica ascesa della band attraverso le sue iconiche canzoni e il suo sound rivoluzionario, la sua crisi quasi fatale, man mano che lo stile di vita vita di Mercury andava fuori controllo, e la sua trionfante reunion alla vigilia del Live Aid, quando Mercury, afflitto da una gravissima malattia, condusse la band in una delle performance più grandiose della storia del rock. Facendo questo, il film cementa l'eredità di una band che è sempre stata più di una famiglia e che continua ancora oggi a ispirare gli outsider, i sognatori e gli appassionati di musica.
Synopsis:
A chronicle of the years leading up to Queen's legendary appearance at the Live Aid (1985) concert.
Bohemian Rhapsody is a foot-stomping celebration of Queen, their music and their extraordinary lead singer Freddie Mercury. Freddie defied stereotypes and shattered convention to become one of the most beloved entertainers on the planet. The film traces the meteoric rise of the band through their iconic songs and revolutionary sound. They reach unparalleled success, but in an unexpected turn Freddie, surrounded by darker influences, shuns Queen in pursuit of his solo career. Having suffered greatly without the collaboration of Queen, Freddie manages to reunite with his bandmates just in time for Live Aid. While bravely facing a recent AIDS diagnosis, Freddie leads the band in one of the greatest performances in the history of rock music. Queen cements a legacy that continues to inspire outsiders, dreamers and music lovers to this day
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
"Freddie Mercury era un musicista rivoluzionario ma anche un uomo alla ricerca di un'identità " Rami Malek
famiglia in Inghilterra? Quel ragazzo umile di origini parsi, che lavorava come facchino all’aeroporto inglese di Heathrow, prima di conoscere durante un concerto Brian May e Roger Taylor? Sarebbe mai diventato quel Freddie Mercury senza il suo disagio per quei denti sporgenti prima che ne facesse un’estensione del suo stesso essere ‘performer’? Alle fondamenta un profondo senso di solitudine e tanta voglia di riscatto da tradursi in un’ansia febbrile crescente che nulla avrebbe potuto senza un talento naturale di una genialità unica. E questo è storia! Freddie Mercury è tornato, decidendo di passare in visita sul terreno delle sue stesse radici, oltre che del primo amore della sua vita - destinato a restare come guida e voce di coscienza affidabili e fedeli come nessun altro - prima di esporsi come leader indiscusso dei Queen ad icona mondiale. La dimensione di un grande senso di appartenenza, una sorta di famiglia allargata,
con le sue armonie e le sue baruffe, le sue ‘reunion’ e i suoi addii.
spesa ogni risorsa umana possibile per ritrarre prima di tutto l’essenza. L’essenza artistica, umana e… spirituale - si avete capito bene, ‘spirituale’ - di Freddy Mercury, cominciando da molto prima che diventasse il leggendario, rivoluzionario musicista, l’impercreativo frontman dei Queen. Una ‘spiritualità ’ in senso lato, ovviamente, quella carpita da occhi probabilmente non del tutto consapevoli, di fronte ad un elemento della natura, o a quel variegato stuolo di ‘angeli custodi’ felini, quelli che lo hanno ad esempio affiancato nel bene e nel male senza la sconsiderata pretesa di giudizio degli umani. Per questo Bohemian Rhapsody è un piccolo gioiello della memoria, del cuore e del cuore dell’arte, un biopic alternativo, selettivo di quella porzione di tempo e di spazio di vitale importanza per ‘ritrovare’ l’uomo e l’artista prima ancora che ‘raccontarlo’: l’uomo che ha fatto l’artista e viceversa, nelle origini familiari, negli affetti più grandi e più veri, intramontabili anche
Ma non sono i tratti più ‘didascalici’ come l’incontro galeotto di una band di provincia rimasta improvvisamente orfana del solista, o gli attriti con i familiari a fare di Bohemian Rhapsody lo spettacolo nello spettacolo emotivo prima ancora che visivo. E’ semmai il perseverante tallonamento
di quella scintilla, sempre pronta a baluginare e divampare in un’idea, in un passaggio musicale, da cui ci lasciamo volentieri tenere in ostaggio. Rapiti dal nostro stesso rapimento. La scintilla della genesi di quei brani che in un crescendo di creativa genialità , hanno musicalmente scolpito i tratti della perla impura di Freddy Mercury incastonata nell’anello dei Queen, sprigionando quell’essenza che ancora oggi travolge chiunque solo la sfiori. Le scintille che sono divampate nel fuoco dell’arte immortale di un performer talmente ‘immenso’ da creare una voragine che ha tragicamente finito per divorarlo. E’ di scena la genesi di alcune delle canzoni che hanno conquistato un pubblico globale per intere generazioni, come We Will Rock You, You’re my best friend, Fat Bottom Girls e molte altre. Genesi spruzzata persino di un certo umorismo - vedi ad esempio la ‘nascita’ e le prove di Galileo - ma anche di feroci diatribe negli studi
Un biopic questo, che scarta nel modo più assoluto dall’omaggio ‘agiografico’, e non solo per la trasgressione di regole limiti e confini di quel performer assetato di raggiungere artisticamente le vette celesti con ogni mezzo. Ma per sfumare laddove i palcoscenici cedono il passo alle note musicali e canore prima che si spengano del tutto i riflettori sulla vita. Non
poteva concludersi meglio la parabola di Freddie Mercury se non con Show must go on, iconico brano quando lasciate ormai le scene, Freddie Mercury elaborava in solitario con i Queen solo in sala di registrazione. Un ritratto dipinto dall’interno dunque, riesumando miracolosamente dalle ceneri quella febbrile tensione verso l’assoluto che non può evitarsi la sperimentazione di tutto. La parte meschina della stampa non poteva capire. E dell’approccio negativo della stampa nei confronti di Freddie Mercury, più interessata ai gossip personali che alla sua musica, il film non manca di dar conto in maniera concisa ma più che significativa in uno scorcio di conferenza stampa. Lo stesso dicasi delle manipolazioni, devastanti più della sua stessa malattia, operate ai suoi danni da certi partner affettivi ormai declinati esclusivamente al maschile. Il rapporto umano con i genitori, con la ragazza e le dinamiche umane ed artistiche con la band, la sua famiglia nel
bene e nel male le finestre aperte mai del tutto sulla vita e sull’arte. Tutto questo, con le frequentazioni viziate e viziose che lo hanno spinto verso il deragliamento… l’egocentrismo spesso fuori controllo del genio in tutta la sua ‘sregolatezza’, fa di Bohemian Rhapsody un brano di vita e d’arte ‘vissuto’ dall’interno: dalla nascita di brani mitici, senza tempo, all’apice del successo fino alla decadenza della parabola umana più che artistica, intramontabile e tale da far decadere ogni giudizio o pregiudizio per aprirsi ad un immenso abbraccio con platee planetarie oceaniche, ieri come oggi e sicuramente anche domani. I mezzi digitali abbondano e tutto è dunque possibile.
Questo significa diventare leggenda. E questo ci fa sentire a pelle, un brivido tallona l’altro, come Freddie Mercury abbia acquisito nel tempo la dimensione di un obelisco d’arte musicale tale da superare la fissità tipica del ‘monumento’, espandendosi a macchia d’olio in ogni essere
nel mondo che abbia un’anima libera ed accogliente per spalancare il cuore a missaggi di note e di sfumature vocali che sfiorano le vette celesti. Come la creazione andasse di pari passo con la ‘conduzione’ di un incomparabile ‘animale da palcoscenico’, lo possiamo toccare con ogni nervo e corda, nel più profondo delle viscere del nostro essere, letteralmente sommerso emotivamente, come già quella stessa onda oceanica di milioni di persone che ha assistito alla ‘performance live’ del Live Aid, l’iconico concerto del 1985 alla Wembley Arena di Londra, registrato come l’evento più seguito nella storia della televisione. Qui Bohemian Rhapsody perde del tutto i connotati di film per perdersi nei meandri sconosciuti della ‘performance dal vivo’, ricreando l’essenza dell’essenza dell’arte musicale di Freddi Mercury inside Queen. Un fenomeno di ‘comunione globale’ di una commozione incomparabile, dentro e fuori dallo schermo, del tutto imprevista e fuori da ogni controllo, che
ti prende alla gola, e non vi è modo di ricacciare indietro lacrime che oramai hanno divelto del tutto il freno a mano. Non in nome di un ricordo, ma di una presenza artistica che non ci ha mai lasciati e mai ci lascerà , passando di generazione in generazione, sulla cresta dell’onda di estensioni musicali e vocali abbarbicate a quell’iceberg dall’anima cangiante, nella più spumeggiante ed inedita ibridazione di generi. Unico iceberg a non conoscere disgelo.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)