I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Nel remake americano dell'omonimo dramma scandinavo (2006) di Susanne BierJulianne Moore e Michelle Williams - Dal 30 Maggio su miocinema.it e su Sky PrimaFila
"E' una cosa che succede anche nel mondo reale. Una cosa che riconosciamo tutti, credo. Volevo esplorare più a fondo gli argomenti da cui sono rimasto più affascinato, ovvero la fragilità umana e la gioia derivante dai legami che costruiamo con gli altri nel corso della vita. In fondo stiamo tutti facendo lo stesso viaggio, ma non abbiamo il controllo totale su dove ci porterà ... La storia originale era diversa da tutto quello a cui avevo lavorato prima. Aveva molti livelli di lettura e una profusione di personaggi diversi e tridimensionali. Era un'ottima opportunità per raccontare cosa significa per queste donne dover prendere delle decisioni di una portata così grande e doverne poi affrontare le numerose conseguenze."
Il regista e co-sceneggiatore Bart Freundlich
(After the Wedding; USA 2018; Drammatico; 112'; Produz.: Paradox Studios; Distribuz.: Lucky Red)
Soggetto: Soggetto e sceneggiatura originale di Susanne Bier.
Cast: Julianne Moore (Theresa Young) Michelle Williams (Isabel Andersen) Billy Crudup (Oscar Carlson) Abby Quinn (Grace Carlson) Will Chase (Frank) Azhy Robertson (Otto) Alex Esola (Jonathan) Eisa Davis (Tanya) Susan Blackwell (Gwen) Greta Quispe (Cibele) Alex Cranmer (Eddie) Tre Ryder (Theo) Kaizad Gandhi (Jacques) Doris McCarthy (Nonna di Johnathan) Ron Simons (Richard)
Musica: Mychael Danna
Costumi: Arjun Bhasin
Scenografia: Grace Yun
Fotografia: Julio Macat
Montaggio: Joseph Krings
Makeup: Susan Reilly LeHane (direzione); Fundus e Rosemary Redlin
Casting: Douglas Aibel e Henry Russell Bergstein
Scheda film aggiornata al:
22 Aprile 2021
Sinossi:
In breve:
Theresa (Julianne Moore) è una donna in carriera che si divide tra un amorevole marito e una figlia in procinto di sposarsi. Ma l'invito al matrimonio di Isabelle (Michelle Williams), arrivata a New York per cercare fondi per il suo orfanotrofio in India, sarà l'occasione per far emergere vecchi segreti molto scabrosi.
In dettaglio:
Come sotto la spinta di una forza ineluttabile, Isabel (Michelle Williams), direttrice di un orfanotrofio in un bassofondo di Calcutta, ha dedicato la vita ad aiutare i bambini indigenti. È anche diventata una sorta di madre sostitutiva per un vulnerabile ragazzino di sette anni, Jai (Vir Pachisia): i due hanno un legame così profondo da essere quasi inseparabili. Nonostante Isabel abbia passato anni a lavorare con la collega Preena (Anjula Bedi) per racimolare donazioni, l'orfanotrofio rischia la bancarotta. Proprio quando la situazione sta per precipitare, Preena riceve una lettera da una potenziale finanziatrice facoltosa che esige che Isabel vada a New York a presentarle il progetto di persona. All'inizio Isabel tentenna di fronte alla richiesta della filantropa che non offre garanzie, ma poi si lascia convincere da Preena e torna nella città dove non metteva volutamente piede da più di vent'anni. Una volta a New York, Isabel si trova disorientata tanto dallo sfarzoso hotel che le hanno prenotato, quanto dall'incontro con la potenziale benefattrice, Theresa Young (Julianne Moore), una magnate dei media multimilionaria. Fra lo scintillante grattacielo da cui la businesswoman dirige i proficui affari e la splendida tenuta sulla Oyster Bay dove vive felice con il marito artista, Oscar Carlson (Billy Crudup), la figlia ventunenne, Grace (Abby Quinn), e i gemelli di otto anni Theo e Otto, la vita di Theresa sembra assolutamente perfetta.
Ma anche se le loro esistenze in apparenza sono agli antipodi, Isabel e Theresa sono due donne con una forza enorme e hanno più cose in comune di quanto non credano. Mentre Isabel pensa di tornare presto all'orfanotrofio, dal suo amatissimo Jai, Theresa ha altri piani. Invita Isabel al matrimonio di Grace con Jonathan (Alex Esola), un giovane manager che sta facendo carriera nella sua azienda. Isabel tergiversa, dato che continua a sentirsi fuori posto, ma Theresa, abituata a sentirsi rispondere di sì, insiste. Dietro la facciata di gioia, il matrimonio porta a galla una verità a lungo nascosta, riaprendo una vecchia ferita e rivelando un nuovo segreto che stravolge la vita di tutti i personaggi. Con la calma sommessa e l'intensità di Gente comune e Voglia di tenerezza, Dopo il matrimonio celebra il complesso potere di trasformazione dei legami umani più primordiali e la perpetua espansione del concetto di famiglia.
Short Synopsis:
A manager of an orphanage in Kolkata travels to New York to meet a benefactor
di finanziamenti. Di contro al cotè stucchevolmente algido con cui Williams riveste il personaggio di Isabel, c’è quello della ricca manager Theresa di Julianne Moore, di fatto anche l’unica punta di diamante dell’intera storia. Un finanziamento promesso che, in sede dell’incontro, vacilla inspiegabilmente, mentre l’accordo viene rimandato a Dopo il matrimonio, appunto, titolo stesso del film. Matrimonio imminente della figlia di Theresa/Moore ed Oscar (Billy Crudup): la insipida Grace di Abby Quinn, troppo giovane per affrontare una relazione seria e conclamata, sottoscritta con un matrimonio. Ancor più quando messa in crisi da una verità inimmaginata fino a quel momento. E’ dal fatidico matrimonio in poi che si dipana una matassa rimasta raccolta per anni: occasione in cui Isabel/Williams scopre che il marito di Theresa/Moore, Oscar/Crudup, è una sua vecchia fiamma, uno di quegli amori di gioventù che lasciano il segno, talora tracce indelebili, magari in carne ed ossa. Ed è
per l’appunto questo il caso.
Così, con quella che vorrebbe essere una riflessione su maternità biologica o acquisita, per adozione o solo per affiliazione (vedi il bambino indiano Jai), dai complicati risvolti, si interseca il motivo della malattia imprevista che, almeno nella versione americana del film, finisce per afflosciare il ricco impasto, riducendolo a stucchevole melò. La sequenza che ‘celebra’ in pompa magna il crollo della brillante ed efficiente Theresa, con l’insopportabile piagnisteo di Julianne Moore, mentre risolve in una misera battuta (Dove andrò?) l’annoso dilemma esistenziale, sottoscrive il definitivo atterraggio di questo flaccida pellicola, mai del tutto decollata nelle alte sfere. Per inciso, non è un caso se al suddetto annoso dilemma esistenziale, Clint Eastwood ha dedicato un’intera storia con l’ottimo Hereafter! Temi troppo profondi e complessi su cui qui, invece, si plana a volo d’uccello rischiando la caduta ad ogni curva. L’effetto d’insieme è perciò, paradossalmente, piuttosto asettico ed
incoerente, eviscerato di autentiche emozioni. Un ritratto di famiglia allargata da copertina che, per certi aspetti, ricorda un po' gli umori, inopportunamente ‘pirotecnici’, dell’ormai lontano Nemiche amiche (con la coppia glamour Sarandon/Roberts) di Chris Columbus, altro improponibile affresco ‘familiare’, acquerellato alla inequivocabile maniera Hollywoodiana.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)