RECENSIONE - Kenneth Branagh dirige e interpreta (il mitico investigatore belga Hercule Poirot) il remake di un classico di Agatha Christie prodotto da Ridley Scott. Nel cast, tra gli altri, Johnny Depp, Michelle Pfeiffer, Penelope Cruz, Willem Dafoe, Judi Dench e Daisy Ridley - Dal 30 Novembre
(Murder on the Orient Express; MALTA/USA 2017; Noir; 114'; Produz.: Genre Films/The Mark Gordon Company/Scott Free Productions/The Estate of Agatha Christie/Twentieth Century Fox Film Corporation; Distribuz.: 20th Century Fox)
Sergei Polunin (Count Rudolph Andrenyi) Adam Garcia (Fan italiano) Tom Bateman (Bouc)
Musica: Patrick Doyle
Costumi: Alexandra Byrne
Scenografia: Jim Clay
Fotografia: Haris Zambarloukos
Montaggio: Mick Audsley
Effetti Speciali: David Watkins (supervisore); Kenneth Cassar (supervisore Malta)
Makeup: Alexis Continente
Casting: Lucy Bevan
Scheda film aggiornata al:
28 Gennaio 2018
Sinossi:
In breve:
Hercule Poirot, rinomato investigatore belga, cerca di far luce sull'assassinio di un ricco americano a bordo dell'Orient Express, il treno più famoso del mondo.
In altre parole:
Il giallo dalla popolarità intramontabile Assassinio sull'Orient Express segue la vicenda del celebre investigatore Hercule Poirot (Kenneth Branagh) alle prese con uno dei delitti più efferati di tutti i tempi. Dopo lo scioccante omicidio di un ricco uomo d’affari sullo sfarzoso treno che sfreccia attraverso l’Europa nel cuore dell’inverno, Poirot deve ricorrere a tutta la sua abilità per scoprire chi nel gruppo eterogeneo di passeggeri è l’assassino, prima che colpisca ancora.
Short Synopsis:
A lavish train ride unfolds into a stylish & suspenseful mystery. From the novel by Agatha Christie, Murder on the Orient Express tells of thirteen stranded strangers & one man's race to solve the puzzle before the murderer strikes again.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Da britannico doc qual è Kenneth Branagh (Irlanda del Nord), si conferma un appassionato dei classici e del teatro d'autore, che alterna, quando non affianca, regia e recitazione. Ed è questo il caso del classico dei classici di Agatha Christie Assassinio sull'Orient Express che oggi Branagh porta di nuovo alla ribalta sul grande schermo dopo la ormai distante - ma tutt'altro che datata - versione cinematografica che Sidney Lumet ci aveva consegnato nel 1974. Qui, difatti, Branagh indossa i panni del mitico detective belga Hercule Poirot, mentre dirige un cast 'all star' che riunisce sotto lo stesso tetto: vale a dire l'angusto spazio delle carrozze di un treno che ben risponde alle esigenze del caso quasi come un palcoscenico di teatro, per l'appunto, dove i protagonisti compaiono al momento giusto e con un ingresso in scena personalizzato: Johnny Depp (il sinistro e poco raccomandabile americano Edward Ratchett, in ansia per
la propria vita), Penelope Cruz (la missionaria infermiera spagnola Pilar Estravados), Michelle Pfeiffer (la vedova americana Caroline Hubbard), Judi Dench (la principessa russa Natalia Dragomiroff), Willem Dafoe (il sedicente professore tedesco Gerhard Hardman), Daisy Ridley (la giovane Mary Debenham governante a Baghdad) e molti altri. Tutti perfettamente a loro agio nel ruolo di competenza, ma se c'è qualcuno che fa la parte del leone, quel qualcuno ha il volto, l'anima e la grinta di Michelle Pfeiffer, un pò più segnata dal tempo di come ce la ricordavamo ma incredibilmente brava sui vari registri e sfumature contrastanti del suo personaggio.
Kenneth Branagh dal canto suo, sfoggia una padronanza speciale nella recitazione: il suo Poirot è un mix di comica genialità congiunta a quel genere di perfezione maniacale per cui le uova della colazione dovrebbero misurare la stessa altezza, e se malauguratamente capita di pestare la cacca con un piede è meglio metterci
anche l'altro per non creare squilibrio. Ad ogni modo, è soprattutto nella regia che Kenneth Branagh eccelle, non smentendo il tocco da virtuoso della ripresa, in punta di elegante sofisticatezza: l'abbondanza di particolari primissimi piani, generosi anche in autoritratto, va di pari passo con i suggestivi flashback in bianco e nero innestati nel racconto pilota, oltre che con le frequenti riprese dall'alto appuntante su circostanze di spicco. Speciale, ad esempio, la ripresa del post assassinio confezionata in un piano sequenza dove si mantiene l'inquadratura dall'alto verso il basso, ma non sul soggetto in causa, come ci aspetteremmo, bensì sulla discussione degli intervenuti mentre si interrogano prima di decidersi sul da farsi. In quei frangenti la porta della cabina dell'assassinato non verrà neppure aperta, se non molto più tardi. Branagh gioca altresì con la doppiezza del sospetto, qui ricreata metaforicamente sull'onda della ricorrente visione doppia o tripla dei personaggi riflessi nel
vetro di porte e finestrini. L'ombra lunga del dubbio sulla sincerità della testimonianza di ciascuno, man mano rilasciata dai vari passeggeri all'inquisitore Poirot. Fino alla scena dello smascheramento in cui, riuniti tutti insieme sulla neve come per una foto di gruppo, sono punti nel vivo dall'implacabile Poirot che incalza sul fronte della parola tanto quanto su quello della ripresa: la m. d. p. avanza in un'ampia carrellata carica di quella intensità che sembra determinata a mettere tutti a nudo con il solo, insistito sguardo.
E se Branagh non rinuncia neppure al tocco sardonico rilasciato in pillole di quello humour tipicamente 'british', lo si potrà trovare ben distillato ma non sempre opportuno. Mi piacerebbe tanto chiedergli quale problema ha con gli italiani, che massacra a suon di battutacce appuntate qua e là nella sceneggiatura dei suoi film fin dai tempi di Sleuth - Gli insospettabili (2007), quando dirigeva Jude Law e Michal
Caine nella traduzione in celluloide di un altro classico pure dal respiro profondamente teatrale. La cosa più strana è che per entrambi i film, Sleuth e Assassinio sull'Orient Express, non ha paradossalmente disdegnato di scegliere la migliore delle vetrine italiane per il loro lancio, vale a dire nientemeno che la Mostra del Cinema di Venezia. Lo sceneggiatore potrà anche cambiare, ma la battutaccia di rito a carico degli italiani non può evidentemente mancare: in Sleuth c'era già andato giù pesante - "la cultura non è il loro forte" e pure "Sono italiano, la vendetta è il nostro pane" - ora rintuzza rincarando la dose in Assassinio sull'Orient Express con "Italiani! Terzo Mondo!" Questa volta allarga il cerchio e più tardi azzarda "Gli italiani sono delle vacche, gli spagnoli delle pecore". E non mi pare il caso di invocare la proverbiale massima "mal comune mezzo gaudio" per sentirsi meno infangati. Che
dire? Uno scherzo di cattivo gusto? Una spavalda sfrontatezza? Una burlesca provocazione? Come il lupo che perde il pelo ma non il vizio, Kenneth Branagh si ripete, il che rischia di suonare irrispettoso. Ma a parte questo, mentre nutre l'ambizione di argomentare e tirare le fila in prima persona - Poirot a tutto campo - su quale giustizia e quale morale, la nuova versione di Assassinio sull'Orient Express conferma lo stile autoriale del cinema di Kenneth Branagh: mentre strizza l'occhio al teatro, qui protagonista tra protagonisti, respira a pieni polmoni tramonti e paesaggi innevati da incanto, e procede con la disinvoltura di un treno in corsa, tallonando le orme di un classico con l'eleganza formale che lo contraddistingue.