62a Mostra : CINDERELLA MAN - UNA RAGIONE PER LOTTARE
’CINDERELLA CROWE’ TOCCA LE CORDE DEL CUORE SUL RING DELLA BOXE PER LA VITA
Cinderella Man – Una ragione per lottare, USA 2005; drammatico biografico; Durata: 144’; Produz.: Touchstone Pictures/Universal Pictures/Miramax Film/Imagine Entertainment; Distribuz.: Buena Vista International; Uscita in Italia: 9 settembre 2005;
Ron Canada (Joe Jeanette) Alicia Johnston (Alice) Troy Amos-Ross (John Henry Lewis) Mark Simmons (Art Lasky) Art Binkowski (Corn Griffin) David Litzinger (Abe Feldman) Matthew G. Taylor (Primo Carnera) Rance Howard (Commentatore al Fazin) Fulvio Cecere (Arbitro Johnny McAvoy) Ken James (Ancil Hoffman) Rufus Crawford (Allenatore di Lewis) Angelo Dundee (Angelo 'Il secondo') Joe Bugner (Autista)
Dal >Press-Book< di Cinderella Man – Una ragione per lottare
Commento critico (a cura di Patrizia Ferretti)
IL REGISTA RON HOWARD RICREA UN CLASSICO D’EPOCA CON UN CORPO E UN’ANIMA CHE LASCIANO IL SEGNO: RUSSELL CROWE CON IL PUGILE JIM BRADDOCK MANTIENE LA STESSA INTIMA NATURA DEL GLADIATORE MAXIMO PER CORAGGIO, TENACE DETERMINAZIONE E LEGAME CON LA FAMIGLIA, QUI AMPLIFICATO DI SEGNO DALLA FAME DEI FIGLI E DALLO SPIRITO DI SACRIFICIO DI UNA MOGLIE PILASTRO INTERPRETATA SUPERBAMENTE DA RENÉE ZELLWEGER, MA CHI RUBA LA SCENA IN QUESTO AFFRESCO CORALE CARICO DI UN’ENERGIA TENSIVA DA INCOLLARE ALLA SEDIA CON IL FIATO SOSPESO PER QUASI DUE ORE E MEZZA E’ PAUL GIAMATTI NELLE VESTI DEL MANAGER JOE GOULD.
In momenti non facili come quelli che si stanno vivendo e che suscitano sempre più frequentemente lamentele e tensioni quotidiane nel privato come nel pubblico, ci si sente vergognosi e indegni ricordando epoche passate nel nostro Paese o guardando, come in questo caso, all’America d’inizio Anni Trenta, epoca detta non a
caso della Grande Depressione, quando sfangarla, nel senso della sopravvivenza, non solo era dura, ma diremmo piuttosto un’impresa ardua fino all’impossibile. Certo, ognuno reagiva a modo suo. E per quanto fosse forte il legame con i veri valori, famiglia e Fede religiosa in testa, non tutti reagivano alla stessa maniera: ubriacarsi e dare di matto poteva essere più facile di quanto si pensi, così come pregare poteva non venire più tanto naturale. In uno scenario come questo, dove molti erano costretti a mandare via i figli di casa, da parenti vicini o lontani pur di non vederli morir di fame, di freddo o comunque di stenti in casa propria, dove folle di padri di famiglia attendevano aggrappati alla rete di un cancello la possibilità di una giornata di lavoro occasionale al carico e scarico merci del porto, ecco, in uno scenario come questo, chi aveva il talento e l’occasione per
misurarsi in un incontro di boxe, e magari ne usciva vittorioso, rappresentava qualcosa di più di un semplice sportivo di successo: finiva per diventare una vera e propria valvola di sfogo per l’intera comunità e soprattutto veniva eletto per incarnare un ideale, una speranza di risollevamento se non altro morale. Quell’uomo diventava l’eroe comune. La sequenza in cui la gente del paese si reca in Chiesa per pregare in favore della vittoria di Braddock in un incontro importante, e dove si finisce per seguire, parroco incluso, il combattimento in diretta alla radio, la dice lunga riguardo a che cosa poteva significare la boxe in frangenti come quelli.
Ma la veste dell’eroe quotidiano, nel caso specifico di Jim Braddock, personaggio realmente esistito all’epoca e che ha costituito difatti la fonte di ispirazione per il film di Ron Howard, si illumina d’immenso con tratti umanitari di un quotidiano semplice ma arricchito di una
offrirà a Braddock la cosiddetta seconda opportunità . E, cosa ancor più straordinaria, pur di aiutarlo a rimettersi in piedi, tirerà fuori soldi di tasca propria, malgrado non navighi nell’oro, e a dispetto delle apparenze. Questa si che è vera amicizia! E’ facile sognarla, un po’ meno trovarla nella realtà . Unica pecca il finale troppo frettolosamente didascalico.