YOUTH - LA GIOVINEZZA: PAOLO SORRENTINO RIUNISCE HARVEY KEITEL, MICHAEL CAINE E JANE FONDA, OLTRE A RACHEL WEISZ E PAUL DANO, IN UN RESORT ALPINO DI GRAN LUSSO. E' DI SCENA UNA NUOVA RIFLESSIONE ESISTENZIALE: QUELLA CHE UN UOMO HA CON IL SUO PASSATO E IL SUO FUTURO IN SENO AD UNA PARABOLA GENERAZIONALE
N° 1 al Sondaggio 'CelluloidPortraits' ex aequo con 'Il racconto dei racconti' - THE BEST OF 'CINEMA SOTTO LE STELLE' (Cinema all'aperto - Estate 2015) - Dal 68° Festival del Cinema di Cannes (13-24 maggio 2015) - RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by JAY WEISSBERG (www.variety.com) - Dal 20 MAGGIO
Il film è dedicato a Francesco Rosi
"'Youth' è un film ottimista, forse fatto per esorcizzare certe paure che io e credo tutti abbiamo. Se si può avere uno sguardo sul futuro si può avere motivo di giovinezza... il rapporto tra genitori e figli... l'attesa del futuro da parte di persone non più giovanissime... (il film è anche) una dichiarazione forte di amore per la musica e per il cinema"
Il regista e sceneggiatore Paolo Sorrentino
Cast: Michael Caine (Fred Ballinger) Harvey Keitel (Mick) Rachel Weisz (Lena Ballinger) Paul Dano (Mick Boyle) Jane Fonda (Brenda Morel) MĂŁdĂŁlina Ghenea (Miss Universo) Neve Gachev (Royal Guest at the Theater) Poppy Corby-Tuech (Spy Woman) Alex Macqueen (Queen's Emissary) Tom Lipinski (Screenwriter in love) Ed Stoppard (Julian) Emilia Jones (Frances) Chloe Pirrie (Girl Screenwriter) Veronika Dash (Marilyn - Ditzy Blonde) Shina Shihoko Nagai (Theatre audience) Cast completo
Richard Banks (Concert Goer) Rebecca Calder (The Countess) Pamela Betsy Cooper (Audience) Josie Taylor (Diva) Jozef Aoki (Theatre Audience) Luna Zimic Mijovic (Young Masseuse) Tatiana Luter (Soldier Girl) Paul Blackwell (Theatre audience) Mark Gessner (Shy Screenwriter) Beatrice Curnew (Police Woman) Nate Dern (Funny Screenwriter) Loredana Cannata (Southamerican's wife) Anna Marie Cseh (Career Woman) Alex Beckett (Intellectual Screenwriter) Eugenia Caruso (Pious Woman) Anabel Kutay (Sci-fi Women) Jay Natelle (Pilot)
Musica: David Lang
Costumi: Carlo Poggioli
Scenografia: Ludovica Ferrario
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Casting: Shaheen Baig, Laura Rosenthal e Anna Maria Sambucco
Scheda film aggiornata al:
06 Settembre 2015
Sinossi:
IN BREVE:
In un elegante albergo ai piedi delle Alpi Fred e Mick, due vecchi amici alla soglia degli ottant’anni, trascorrono insieme una vacanza primaverile.
Fred è un compositore e direttore d’orchestra in pensione, Mick un regista ancora in attività . Sanno che il loro futuro si va velocemente esaurendo e decidono di affrontarlo insieme.
Guardano con curiosità e tenerezza alla vita confusa dei propri figli, all’entusiasmo dei giovani collaboratori di Mick, agli altri ospiti dell’albergo, a quanti sembrano poter disporre di un tempo che a loro non è dato. E mentre Mick si affanna nel tentativo di concludere la sceneggiatura di quello che pensa sarà il suo ultimo e più significativo film, Fred, che da tempo ha rinunciato alla musica, non intende assolutamente tornare sui propri passi. Ma c’è chi vuole a tutti i costi vederlo dirigere ancora una volta e ascoltare le sue composizioni.
SYNOPSIS:
Fred and Mick, two old friends approaching their eighties, are enjoying a vacation in a lovely hotel in the foothills of the Alps. Fred, a retired composer and conductor, has no intention of returning to his music career which he dropped a long time ago, while Mick, a director, is still working, hurrying to finish the screenplay of his latest film. Both friends know that their days are numbered and decide to face their future together. But unlike them, no one else seems worried about the passing of time…
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
NUOVA RIFLESSIONE ESISTENZIALISTA NELLA SOFISTICATA ESTETICA, MOTIVO FIRMA, DELL'ARTE CINEMATOGRAFICA DI PAOLO SORRENTINO: UNA GRANDE BELLEZZA CHE PESCA NEL PROFONDO CON LA LEVITA' DI UN BATTITO D'ALI. UNA REGIA CHE SA FARSI VERA E PROPRIA SINFONIA ORCHESTRALE, TRA REALISMO, VISIONARIETA', CINISMO E LE MAGISTRALI PERFORMANCE ATTORIALI SU CUI DOMINA IL PROTAGONISMO INCISIVO, INDELEBILE, MEMORABILE, DI MICHAEL CAINE
Di questi tempi sono davvero in molti a pensarci. Ognuno con il proprio approccio e touch style. Si tratta del tempo che sfugge di mano soprattutto nella terza età e oltre. Dal Cocoon di Ron Howard al The Quartet di Dustin Hoffman, al primo Marigold Hotel fino al più recente Ritorno al Marigold Hotel di John Madden, bypassando, se vogliamo, i drammatici risvolti dell'età altrimenti toccati da Michael Haneke in Amour, o gli esistenzialismi primigeni di Blade Runner sul tempo di durata dell'essere con la sua differenziata corruttibilità di materia e anima. Ora è
Caine - un famoso direttore d'orchestra, ora apatico e depresso, che ha abbandonato la sua professione e che non ha alcuna intenzione di tornare a dirigere un'orchestra neanche quando a chiederglielo è il messo della regina d'Inghilterra - e il regista Mick di Harvey Keitel, ancora aggrappato al suo lavoro con l'entusiasta mira di scrivere il suo film-testamento, dal più che esplicito titolo L'ultimo giorno della vita, per il quale vuole come protagonista la vecchia amica e star internazionale Brenda Morel (Jane Fonda in un cameo allargato che lascia il segno). Due artisti ottuagenari amici da una vita che, in vacanza in un hotel delle Alpi svizzere, osservano la vita intorno e riflettono sulla loro vita, sul loro passato e il loro futuro. E la forte consapevolezza del tempo che passa in modo inesorabile, va ad intrecciarsi con uno sguardo realistico, poetico, visionario o estremamente cinico, come è per l'appunto
il caso dello spietato e disilluso sguardo dell'anziana attrice interpretata da Jane Fonda, proprio su quel mondo dell'arte che ha sempre nutrito la vita dei protagonisti. Nella rarefatta atmosfera senza tempo creata da Sorrentino - in cui troneggiano sofisticati fotogrammi tradotti in veri e propri metafisici quadri d'autore ad esempio nei locali di cure termali e sauna - alcuni personaggi guardano al futuro, mentre alcune vite si spengono, altre sono sospese ed altre ancora ripartono. Con gli ottuagenari campeggiano giovani generazioni, in grado di ritrovare ognuno la propria strada, malgrado non pochi tentennamenti. E' il caso di Lena, la figlia del compositore Fred/Caine, interpretata da una Rachel Weisz al top dello splendore e al top del talento: vedi il drammatico monologo in punta di risentimento nei confronti del padre, affilato come la lama di un coltello e raccolto da Sorrentino in un intenso piano sequenza. Ed è anche il caso
del giovane attore americano che finalmente consente a Paul Dano un ruolo di intrigante spessore. Uno script come questo del resto regala rare gemme di pensiero, così come momenti unici venati di iconica ironia. Ironia di cui fanno parte integrante la Miss Universo di copertina (Madalina Diana Ghenea) e lo pseudo Maradona, obeso fin quasi all'infermità , emblema del decadentismo umano, eppure in grado di tirare a segno un numero, memorabile, che sostituisce al canonico pallone la pallina da tennis.
Anche Sorrentino sceglie dunque un hotel, questo resort alpino che altro non è se non una speciale nicchia, un'alcova estrapolata dalla routine, per interrogarsi sul passare del tempo, sulla vita e la morte, la vecchiaia e la giovinezza, il passato e il futuro, i desideri e i sogni. E lo fa nella magica chiave di lettura - il magistrale montaggio di un artista unico e irripetibile - che contraddistingue il suo stile,
dove anche il più realistico dei frammenti di pellicola, qui generosamente innervato di cinismo, tradisce quella poetica visionaria di marca ancora felliniana. Prendete ad esempio la straordinaria sequenza in cui il regista Mick/Keitel, in angoscioso stato confusionale, si trova a tu per tu con tutti i personaggi femminili dei suoi film. O anche la meravigliosa estetica dell'incubo vissuto in sogno da Fred/Caine, in piazza San Marco a Venezia, in piena alta marea. Così, in un'aura sospesa tra metafisica e rievocazioni, si cavalca una memoria ballerina che trattiene quel che vuole, lasciandosi alle spalle, in forzata dissolvenza, certi ricordi, magari tra i più cari. Incastonata in questo potente e lirico mosaico, la pietra più preziosa che domina il cerchio della vita, è quell'amore a tutto tondo che Sorrentino qui sfrangia a più livelli e dimensioni, cedendo il passo a quello genitoriale appuntato sullo scarto generazionale.
Ma c'è un amore più grande
che lega e sospinge questo magma esistenziale, che prende le distanze dal personaggio - nel senso di ruolo sociale e professionale - per ritrovare la persona. Ed è l'amore passionale più forte e nobile, l'unico a garantire quell'elisir di giovinezza interiore che odora di eternità . E' dunque ancora una volta l'arte a salvare l'uomo e la sua inevitabile caducità . E' lo stesso Sorrentino a vedere in Youth una dichiarazione d'amore per la musica ed il cinema, palpitante da ogni fotogramma. In tal senso Sorrentino si è avvicinato moltissimo, al punto da far sospettare la citazione, all'Amour di Haneke, sia pure per alcune schegge rievocative: il monologo vissuto nella memoria di Fred/Caine, all'indirizzo della moglie in ospedale, su quello che i figli non sanno, è da manuale, oltre che da brivido emotivo. Le punte più drammatiche di un iceberg che, d'altra parte, all'opposto di Haneke, Sorrentino sceglie poi di orientare verso
un approdo più poeticamente, teneramente e amorevolmente, ottimista. Un ottuagenario in buona salute non deve farsi vincere dall'apatia e dalla depressione se può aggrapparsi all'ancora di salvezza di un'arte ancora da coltivare. Il nostro beneamato regista portoghese Manoel De Oliveira (che ci ha recentemente lasciati alla veneranda età di 106 anni) ha messo in pratica questa lezione di vita e si è difatti onorevolmente guadagnato l'eternità artistica. Ma Sorrentino non ha usato parole e immagini così banali per ribadire questa verità . Sorrentino si è quasi sottratto, si è quasi fatto da parte, per cedere il passo al protagonismo della musica con cui apre e chiude Youth in modo subliminale. Difficilmente potremo dimenticare un finale così illuminato dal potente faro della rievocazione. Una lirica esistenziale di cui Sorrentino si fa portavoce con un cinema dedicato.
(*) Pare comunque che poi alla Proiezione ufficiale della sera a Cannes Youth sia stato accolto dal
pubblico da oltre 15 minuti di applausi. Quel che si dice un trionfo!
Secondo commento critico (a cura di JAY WEISSBERG, www.variety.com)
MICHAEL CAINE AND HARVEY KEITEL BRING LIFETIMES OF DEPTH TO PAOLO SORRENTINO’S MOST TENDER FILM YET.
In “The Great Beauty,” there’s a flashback in which a young Jep Gambardella recalls the promise of love — its loss, with the betrayal of youthful ideals, leads to Jep’s crushing self-contempt. It’s a tender moment in a film of deep cynicism, and now Paolo Sorrentino, with “Youth,” delivers his most tender film to date, an emotionally rich contemplation of life’s wisdom gained, lost and remembered — with cynicism harping from the sidelines, but as a wearied chord rather than a major motif. Set in a Swiss spa with two old friends — one a retired composer-conductor, the other an active helmer— “Youth” is less flashy than Sorrentino’s recent pics but no less beautiful. Shot in English, with leads Michael Caine and Harvey Keitel bringing lifetimes of depth to their roles, the film,
which Fox Searchlight is releasing Stateside, could become Sorrentino’s biggest box office hit yet.
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Everything the director’s fans expect is here: stunning compositions (with Luca Bigazzi again behind the lensing), a second-to-none understanding of music’s emotional range, delightfully unexpected interludes, and a towering performance, this time divided in two (or two-and-a-half, since Jane Fonda’s brief turn is indelible). In addition, there’s a stronger female presence than has been seen since “This Must Be the Place.” Fellini’s influence, especially that of “8½,” remains, and while the whole package isn’t as demonstrably bravura as “Il Divo” or “The Great Beauty,” it’s more in touch with human experience.
Structurally, Sorrentino continues to craft his films like a composer (making Caine’s character especially apposite): There are the grand themes, including aging, memory, love and thirst for further fulfillment, and the minor entr’actes, ranging from spectatorship to the visual pleasure of contrasts, to
a near-mystic sense of wonder at beauty in all its forms. And what better locale than the hermetic elements of a spa resort — a setting that unmistakably calls to mind Thomas Mann, Anton Chekhov, “Last Year at Marienbad” and “8 ½,” among many others.
For more than 20 years, Fred Ballinger (Caine) has been coming to this resort. Now retired after decades conducting orchestras in London, New York and Venice, he’s approached by a Buckingham Palace emissary (Alex MacQueen): The Queen is offering a knighthood, and wants him to conduct his most famous composition, “Simple Songs.” Fred refuses, “for personal reasons.”
With him at the spa is his old friend Mick Boyle (Keitel), trying to finish a script with a group of young collaborators (Tom Lipinski, Chloe Pirrie, Alex Beckett, Nate Dern and Mark Gessner). The film, titled “Life’s Last Day” (without a touch of irony), will be Mick’s “testament,” though
exactly how is unclear. Besides being buddies from way back, the two men are also in-laws, since Fred’s daughter, Lena (Rachel Weisz), is married to Mick’s son, Julian (Ed Stoppard). That changes when Julian announces he’s leaving Lena for Paloma Faith (playing a parody of herself and featured in a very funny musicvid caricature/nightmare of “Can’t Rely on You”).
Lena’s emotional fragility following her abandonment leads to a powerful monologue in which she lashes out at her father for his lack of paternal warmth, his past affairs, and his all-consuming devotion to music. Viewers will sense there’s more to the man than that, and Sorrentino rewards the audience when Fred speaks of children not knowing their parents’ ideals — it’s a deeply affecting moment, encapsulating much of what “Youth” says about ideals harbored and lost, and the reservoirs of sentiment so often guarded deep inside all of us.
Also at the spa
is intellectual actor Jimmy Tree (Paul Dano), famed for playing a robot in the smash hit “Mister Q” and unable to escape from its long shadow (think “Birdman,” but far less neurotic). Jimmy is a fascinating character, a consummate spectator who watches the world with bemusement, and often a calm purveyor of wisdom. Yet he doesn’t always understand what he imagines he sees, especially when he equates his frustrated inability to shed the “Mister Q” image with Fred’s refusal to perform “Simple Songs.” “We allowed ourselves to give in, just once to a little levity,” Jimmy tells Fred, mixing up “simple” with simplistic and thereby missing the whole point about the music (as well as the value in levity).
So often in film (as well as life), aging becomes a subject for jokes about prostate problems and memory loss. These things are there in the banter between Fred and Mick, but
it’s all minor chitchat that leads to equally natural discussions, and greater silences, about lost possibilities and the yearning for more out of life, even while it’s slowly ebbing away. Unwilling to let any of it ebb is Hollywood star Brenda Morel (Fonda), who’s come to tell Mick she won’t star in his movie and gives him a cold shower of invective about his arty pretensions. Brenda is something of a monster — one finds them peppered throughout Sorrentino’s films — and Fonda grabs hold of the role with all her consummate presence, a tough-as-nails aging woman quick to deride others but not capable of holding up a mirror to herself.
There’s a great deal of humor in “Youth” as well as quiet melancholy, and the spa is populated with its fair share of quirky characters, from an obese man sporting a Jesus pendant and a giant Karl Marx tattoo on
his back to a masseuse (Luna Mijovic), dancing with her Wii to a hilariously unexpected Adolf Hitler. They’re used almost like minor musical passages to maintain tone, but they’re also possible expressions of the philosophy of fragments propagated by the German Romantic philosopher Novalis, who’s referenced in a conversation between Jimmy and Fred: Fragments can often convey ideas more powerfully and subtly than grand statements.
It may be odd to see a Sorrentino film without Toni Servillo (though of course his other English-lingo pic, the underrated “This Must Be the Place,” was also sans Servillo), but Caine and Keitel understand the director’s style equally well, and their partnership is a joy to watch. Caine’s very English reserve, vocally expressed via his line delivery in phrases, is a terrific contrast to Keitel’s more flowing Americanisms, yet both men use their natural characteristics to convey a lifetime of success as well as delusions,
love as well as pain. Mick still wants more out of life; Fred, less comfortable with emotion despite an inner ocean of feeling, is more resigned to letting go.
Luca Bigazzi’s evocative lensing is once again a marvel to behold, compositionally striking yet never emptily so, deeply cognizant of Old and Modern Master references (and not just the appropriate Susannah and the Elders scene). Fellini’s influence is felt more than once, especially when Mick imagines all his female characters spread out over an idyllic Swiss pasture, but the parallels are less deliberately exact than in “The Great Beauty.” Contempo composer David Lang’s gorgeous post-Romantic music offers rich aural rewards (the finale in particular), and as always Sorrentino’s amusing use of indie music, such as a cover of Florence + the Machine’s “You’ve Got the Love,” is ever apt, and always a wonderful surprise.
Perle di sceneggiatura
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Medusa Film, lo Studio PUNTO&VIRGOLA, INTER NOS Web Communication e l'Ufficio Stampa Fosforo.