THE LOBSTER: Nuova allegoria moderna sulla condizione umana per il regista greco YORGOS LANTHIMOS, qui al suo esordio in un lungometraggio in lingua inglese. COLIN FARRELL e RACHEL WEISZ vivono in un mondo parallelo dove trovare un partner è una questione di vita o di morte
Dal 68° Festival del Cinema di Cannes - Dal 15 OTTOBRE - RECENSIONE ITALIANA in ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by GUY LODGE (www.variety.com)
"Lâidea di questo film è nata dalle discussioni su come le persone sentono la necessitĂ di trovarsi costantemente in una relazione amorosa, sul modo in cui alcuni vedono coloro che non hanno una relazione; su come si venga considerati falliti se non si sta con qualcuno; su cosa arrivano a fare certe persone pur di trovarsi un compagno; sulla paura; e su tutto ciò che ci succede quando cerchiamo un partner".
Il regista e co-sceneggiatore Yorgos Lanthimos
"Il film è ambientato in un mondo parallelo, non futuristico, ma neanche il mondo come lo conosciamo noi. In questo mondo di 'The Lobster' i single vengono mandati in un istituto, qualcosa a metà tra un hotel e una prigione, dove gli viene concesso un periodo di tempo entro il quale conoscere qualcuno e formare una coppia".
Il produttore Ed Guiney
(The Lobster; FRANCIA/GRECIA/REGNO UNITO/IRLANDA/OLANDA 2014; Thriller romantico Sci-Fi; 118'; Produz.: Element Pictures con il sostegno di Irish Film Board/Eurimages/Greek Film Centre/CNC e Dutch Film Fund, in collaborazione con Faliro House/Haut et Court e Lemming Films; Distribuz.: GoodFilms)
Sceneggiatura:
Yorgos Lanthimos e Efthimis Filippou
Cast: Colin Farrell (David) Rachel Weisz (Donna miope) LĂŠa Seydoux (Leader dei Solitari) John C. Reilly (Uomo col difetto di pronuncia) Olivia Colman (Manager dell'Hotel) Aggeliki Papoulia (Donna crudele) Jessica Barden (Donna che sanguina dal naso) Ashley Jensen (Donna dei biscotti) Ariane Labed (La cameriera) Ben Whishaw (Uomo zoppo) Michael Smiley (Nuotatore solitario)
Costumi: Sarah Blenkinsop
Scenografia: Jacqueline Abrahams
Fotografia: Thimios Bakatakis
Montaggio: Yorgos Mavropsaridis
Casting: Jina Jay
Scheda film aggiornata al:
11 Novembre 2015
Sinossi:
IN BREVE:
Una storia dâamore non convenzionale ambientata in un futuro distopico dove trovare un partner è una questione di vita o di morte.
Siamo in un futuro non tanto lontano, in cui la frase "single per scelta" ha perso di significato. Chi è senza compagno è considerato un fuorilegge e arrestato. Trasferito nel fantomatico Hotel è poi costretto a trovare l'anima gemella entro 45 giorni, pena la trasformazione in un animale a scelta.
Un uomo disperato cerca di sottrarsi all'atroce procedura e trova rifugio nei boschi dove vivono gli emarginati, i "Solitari". Ă proprio qui che ironicamente troverĂ l'amore...
SHORT SYNOPSIS:
A love story set in a dystopian near future where single people are arrested and transferred to a creepy hotel. There they are obliged to find a matching mate in 45 days. If they fail, they are transformed into an animal and released into the woods.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
In un futuro piĂš apocalittico che prossimo rimanere senza compagno/a ad una certa età è ritenuto deprecabile dalla collettivitĂ . Chi resta Single infatti, secondo quanto stabiliscono le regole della CittĂ , viene arrestato e trasferito nellâHotel, un luogo che somiglia molto a una prigione e dal quale si esce in un solo modo: al braccio dell'anima gemella. I lui & lei di ogni estrazione caratteriale e sociale - ci sono uomini dâaffari, professionisti, nonchĂŠ derelitti senzâarte nĂŠ parte; donne in carriera, attempate vedove e racchione scaricate senza tanti complimenti - finiscono quindi per essere costretti a cercare unâintesa che li porti prima a formare una coppia (VERA) e vivere di conseguenza con piĂš agio il soggiorno nellâHotel, poi alla prova finale sullo Yacht. Ma il compito va assolto in 45 giorni di tempo e a chi fallisce nella ricerca spetta la punizione ultima: essere trasformati in un animale a propria scelta
e venire poi liberati nei Boschi, dove vivono gli individui a loro volta fuggiti dall'Hotel, i quali si autoregolamentano sulla base di un solo principio: non possono innamorarsi lâun lâaltro. Una sorte verso cui sta andando David (Colin Farrell), che evaso disperato dallâHotel dopo che il suo tentativo di âaccoppiamentoâ è deflagrato nella violenza, si unisce agli anarchici Solitari finendo in balĂŹa però dei sentimenti per La Donna Miope (Rachel Weisz), rischiando per questo la vita...
Il favoloso mondo di Yorgos Lanthimos resta ancora uno dei pochi capace di stupire e regalare emozioni bizzarre. Cineasta inconsueto, amatissimo da un certo pubblico vicino alla sovversione di quelle regole sociali piĂš comunemente accettate, e capace perciò di crearsi un seguito fedele e agguerrito, Lanthimos usa il grottesco come arma di indottrinamento di massa. E come i precedenti Dogtooth e soprattutto Alps, anche The Lobster, vincitore del Premio della Giuria allâultimo Festival di
Cannes, resta ben piantato in questo solco, marciando inesorabilmente verso quegli estremi in cui brutalitĂ e divertimento si sfiorano, ottenendo due range di sentimenti contrastanti a seconda di chi guarda: sorridi cinico e perfino ammirato se entri nel meccanismo del gioco del regista; rimani freddo e perfino scandalizzato se quel meccanismo di cui sopra non lo penetri.
Yorgos Lanthimos e il suo favoloso mondo si diceva, un mondo che pare di fantascienza ma di fantascienza non è, in cui lo scorrere monolitico dei codici di convivenza - fatto di regole, modelli comportamentali, strutture morali - viene stuzzicato e sorpreso da una violenza scriteriata che si insinua nei comportamenti piĂš comuni, finendo per assumerne un ruolo primario senza la lagna della riprovazione. The Lobster diventa cosĂŹ lâoccasione per una critica, tanto asettica quanto amorale, ad una concezione di vita imperniata su un modello dominante che finisce per governarci proprio tutti. Allo
stesso tempo però, come sempre succede, ad un certo punto lâego del regista non ce la fa piĂš a mantenere confini sopportabili e straborda fuori come un blob, fagocitando lui stesso, noi e lâintero film.
Secondo commento critico (a cura di GUY LODGE, www.variety.com)
YORGOS LANTHIMOS'S FIRST ENGLISH-LANGUAGE FEATURE IS A WICKEDLY FUNNY, UNEXPECTEDLY MOVING SATIRE OF COUPLE-FIXATED SOCIETY.
Longevity and lifelong fertility are among the reasons why a human may wish to become the eponymous creature, explains Colin Farrellâs protagonist at the outset of âThe Lobster.â The tasty crustaceanâs rich associations with the Surrealist movement appear to have slipped his mind, but not that of Greek writer-director Yorgos Lanthimos, whose supremely singular fifth feature â his first in English â takes his ongoing fascination with artificially constructed community to its dizziest, most Bunuelian extreme to date. A wickedly funny protest against societal preference for nuclear coupledom that escalates, by its own sly logic, into a love story of profound tenderness and originality, this ingenious lo-fi fantasy will delight those who already thrilled to Lanthimosâs vision in âAlpsâ and the Oscar-nominated âDogtooth,â while a starry international cast should draw as-yet-unconverted arthouse auds into his
wondrously warped world.
As in Lanthimosâs other features, itâs only once the complex (yet firmly cemented) rules of his narrative universe become clear that his charactersâ actions accrue practical and psychological reason; âThe Lobsterâ is a film in which nearly every scene requires bookmarking, to be intuitively cross-referenced at a later point. The stark, arresting pre-credit opener sees an unidentified woman (Jacqueline Abrahams) drive agitatedly through a stretch of soggy countryside, stopping abruptly to shoot a donkey in a field before moving on. The act is never referred to in the ensuing two hours, yet it comes to encapsulate all the filmâs roiling emotional stakes in miniature.
From this point, Lanthimos and regular co-writer, Efthimis Filippou, waste little time establishing the laws of a mundane dystopia that doesnât look severely different from the world we live in now: one of low-level shopping malls and slightly chintzy resort hotels, in which marriage and
procreation is still the prized objective of polite social activity. Yet the powers that be have taken a somewhat more regimented approach to the latter institution, by which single folk are actively punished for their failure to pair up. Restricted to the rural outskirts of a damp, unnamed city, they are literally hunted down by other unattached prisoners of The Hotel, an aggressively beige institution where inmates are given 45 days to find a mate within their ranks â or be turned into an animal of their choosing and released into the wild.
If that seems ridiculous, The Hotel â and, by extension, the film â nonetheless have strict standards of what constitutes rational and irrational occurrence. While no one bats an a eyelid at the transformation of humans into flamingos, the two-by-two mandate of Noahâs Ark still applies: A wolf and a penguin cannot live together, decrees the no-nonsense Hotel
manager (the splendid Olivia Colman), âbecause that would be absurd.â
The recipient of this lecture is new captive David (Farrell), a mild-mannered divorcee who seems less desperate to secure a match than some of his fellow guests â including a young man with a limp (Ben Whishaw) and a middle-aged one with a lisp (John C. Reilly). Only Farrellâs character is named; others are billed solely by their chief disability, also the principal criterion by which compatibility is determined here. Lovers are not mutually drawn by their most attractive virtues, Lanthimos appears to argue, but by the shortcomings that they recognize in each other. If common myopia or vulnerability to nosebleeds seem tenuous bonds on which to build a relationship, are they any less so than shared enthusiasms for Mexican food or long walks on the beach?
Thus does Lanthimosâs confounding setup emerge as a brilliant allegory for the increasingly superficial systems
of contemporary courtship, including the like-for-like algorithms of online dating sites and the hot-or-not snap judgments of Tinder. If the unreasonable pressure on single people â particularly those of a certain age â to find companionship has already driven humanity to such soulless means, perhaps the scenario outlined in âThe Lobsterâ isnât so outlandish after all. One thinks back to the worst-case nightmare of fictionâs most fretful singleton, Bridget Jones, whose fear of being found âfat and alone and half-eaten by Alsatiansâ may indeed be wittily (and quite literally) referenced here.
When Davidâs last-ditch attempt at forcing a union with a cold-hearted inmate (played with hilariously stony relish by Lanthimos regular Angeliki Papoulia) comes to naught, he escapes the Hotel grounds only to found that society is no less forgiving on the other side of the conservative pro-couple barrier. In the forest, he falls in with militant opposition group The Loners,
led by Lea Seydouxâs unsmiling anarchist, whose rigid rules forbidding any form of romantic interaction prove no less oppressive than the ideals of The Hotel. Itâd be unfair to further unpick Lanthimos and Filippouâs beautifully structured tangle of poetic ironies and reversals, except to say that the payoff is at once crueller and more rapturous than in the directorâs previous, fiercely disciplined work. Via the character (and enigmatic narrating voice) of Rachel Weiszâs questioning Loner, âThe Lobsterâ gradually sheds its chilly shell, building to a soft tumult of feeling.
Lanthimosâs films are such pristinely mannered directorial creations â unmistakably bound by their deader-than-deadpan humor, tweezer-set visual composition and stark stabs of violence â that it never seems his actors should be permitted to do much more than hit their regimented marks. Once more, however, his terrific ensemble surprises with the intricate human detailing they achieve under his seemingly distant steerage. Colman
is first among equals in a big-screen role that finally requires the knack for exquisitely oblivious comedy she has repeatedly demonstrated on British television, but no role of any size is wasted here: In particular, fellow Britcom graduate Ashley Jensen etches a haunting, fine-scale study of desolate singledom in a few brief scenes. Taking over from the initially cast Jason Clarke, Farrell once again proves that hangdog vulnerability, rather than rakish heroism, is his strongest suit as an actor; heâs the porous lead this potentially airtight construction needs.
Shooting largely on the wind-tousled, gray-flannel coastline of Irelandâs County Kerry, Lanthimosâs favored d.p. Thimios Bakatakis is once more an invaluable ally in establishing the spatial and social architecture of his directorâs story world. His boxy, formal framing and bilious color palette reveal much about the restrictions applied to the people within them, as does the tidy, function-first bleakness of Jacqueline Abrahamsâs production
design.
As usual, Lanthimos eschews an original score in favor of existing classical and pop compositions, which aggressively punctuate an otherwise quietly thrumming soundscape with brute impact. Beethoven, Shostakovich and Stravinsky all put in prominent appearances, but the most evocative selection here may well be Nick Cave and Kylie Minogueâs morbid country-Gothic ballad âWhere the Wild Roses Grow,â which its plaintive plea for unrestrained love: âDo you know where the wild roses grow, so sweet and scarlet and free?â Perversely romantic almost in spite of itself, âThe Lobsterâ doesnât offer the answer, but it suggests we keep looking.