SILENT SOULS: SOLTANTO L’AMORE NON HA FINE… QUANDO LA TENEREZZA SI TRASFORMA IN NOSTALGIA, CON UN OMAGGIO ALLA DONNA, ALL’AMORE. SULLE TRACCE DEL PASSATO…
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - 'PREMIO FIPRESCI' come 'MIGLIOR FILM IN CONCORSO', 'MENZIONE SPECIALE del PREMIO SIGNIS', 'PREMIO NAZARENO TADDEI' e 'PREMIO OSELLA' per la 'MIGLIOR FOTOGRAFIA' (MIKHAIL KRICHMAN) alla 67. Mostra del Cinema di Venezia - Dal 25 MAGGIO
(Ovsyanki; RUSSIA 2010; Drammatico; 80'; Produz.: Media Mir Foundation/MIG Pictures Film Company; Distribuz.: Microcinema)
Soggetto: Tratto dal romanzo The Buntings di Aist Sergeyev
Cast: Igor Sergeev (Aist) Yurij Tsurilo (Miron) Yuliya Aug (Tanya) Viktor Sukhorukov (Vesa) Larisa Damaskina Olga Dobrina (Yulya) Leisan Sitdikova (Rimma) Ivan Tushin (piccolo Aist) Yulia Tushina (la madre di Aist)
Musica: Andrei Karasyov
Costumi: Anna Barthuly e Lidiya Archakova
Scenografia: Artyom Khabibulin
Fotografia: Mikhail Krichman
Montaggio: Sergey Ivanov, Anna Vergun e Violetta Kostromina
Casting: Olga Gileva
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
Sinossi:
Alla morte dell’adorata moglie Tanya, Miron chiede al suo migliore amico, Aist, di aiutarlo a dirle addio secondo i rituali della cultura Merja, un’antica tribù ugro-finnica del lago Nero, pittoresca regione della Russia centro-occidentale. Nonostante i Merja siano un popolo assimilato dai russi nel XVII secolo, i loro miti e le loro tradizioni vivono nella vita moderna dei loro discendenti. I due uomini intraprendono così un viaggio di migliaia di chilometri attraverso terre sconfinate. Assieme a loro, due piccoli uccelli in gabbia. Lungo la strada, come prescritto dalle usanze Merja, Miron condivide i ricordi più intimi della sua vita coniugale. Ma una volta arrivati sulle rive del lago sacro, dove essi prenderanno per sempre congedo dal corpo della donna che verrà cremato, Miron capisce che non era il solo ad amare Tanya...
Forse è la nostalgia, o forse la necessità , che ci spingono a ricreare un insieme di miti e leggende nei quali credere. Forse quello di cui abbiamo bisogno è l’atto dello sforzo creativo, il fatto di sapere di essere ancora in grado di inventare storie. O forse l’intima urgenza di ricreare un immaginario collettivo in grado di rassicurarci del fatto che abbiamo ancora delle appartenenze culturali dalle quali discendiamo. In ogni caso, Aleksei Fedorchenko e la sua troupe mettono in scena un immaginario mitologico creato ex novo a posteriori nel quale reinserire i loro personaggi, la loro cultura e le loro origini.
SHORT SYNOPSIS:
Present days. A man and his companion go on a journey to cremate the dead body of the former beloved wife, on a riverbank in the area where they spent their honeymoon.
saldi nella vita dei suoi discendenti. Così, alla morte della sua molto più giovane e amatissima moglie, Miron chiede all’amico Aist (lo stesso nome dell’autore della novella da cui è tratto il film, Aist Sergeev) di dare l’addio alla donna attraverso gli antichi usi della loro comunità . Comincia così il viaggio dei due uomini verso il luogo più amato della defunta, fra ricordi espressi e sottesi dove il sentimento dell’amore fra gli esseri umani è l’unica cosa che conta. Abituati ad un mondo freddo e indifferente, sottolineato anche dalle arti, assistere al racconto così delicato di un mondo invece antico, di emozioni private, che continuano a sopravvivere ancora oggi, è tanto straniante quanto scioccante. A questo si aggiunge la straordinaria estetica del film di Fedorchenko, improntato su un approccio estremamente evocativo e mistico, uno stile trattenuto e silente (dialoghi quasi inesistenti, struttura narrativa lenta, musica che cuce insieme entrambi questi
elementi). Questo accade sia attraverso la voce fuori campo (mai ridondante pur invadendo tre quarti delle immagini) del personaggio di Aist - che suggella con flashback e flashforward ricordi propri e del suo amico attraverso pensieri ed emozioni - sia attraverso le immagini - che dettano il contrasto tra il conforto di un mondo arcaico, dove la natura e i corpi umani fungono da elemento consolatore, e l’indifferenza di quello odierno, composto di alienanti centri commerciali posti in mezzo al nulla, piccole industrie di provincia. Con toni di lirica poesia, immagini e parole si confondono in un misticismo estetizzante; le vite di questi due uomini soli al centro di un mondo imperscrutabile sono contornate di una bellezza della quale solo con occhi altri e nuovi ci si può rendere conto. Fra passato e presente un’opera ricca di emozioni, armonie narrative e visive, vocali ed espressive di un cinema assolutamente compatto
e malinconico che si fonde ad una tradizione culturale come quella russa, ricca di fonti che si perdono nella loro complessità tanto quanto i suoi immensi territori. Per associazione grossolana e superficiale la prima opera a cui possiamo paragonare questo splendido e incantevole film è sicuramente un altro successo veneziano, che nel lontano 2003 vinse il Leone d’Oro: Il ritorno di Andrei Zvyagintsev, altra opera dalle note sfuggenti ed affascinanti, delicate ed intime, dove l’acqua come in Silent Souls (“L’acqua continuerà a portare via i segreti dei Merjaâ€, voce fuori campo di Aist), è elemento primario. Ce ne sono tante altre, ma certe cinematografie straordinariamente interessanti sono quasi un mistero nel panorama distributivo nostrano. Ma questa è un’altra storia, che di delicato e intimo non ha proprio nulla.