The Best of Review
GIAN LUIGI RONDI ("Il Tempo", 7 marzo 1975).
"…è un film ricco, composito, estroso, con un senso felicissimo dello spettacolo, sia musicale sia teatrale; e con molte intuizioni cinematografiche, linguistiche, tecniche. (...) Una ballata tutta umori e sapori, visivamente interpretata con un susseguirsi continuo di situazioni sceniche e di trovate narrative che l’infiammano di vitalità , di vivacità e anche di cultura. (...) Un gusto ora pop ora abilmente naif che, con il suo candore premeditato e entusiasta, sana i contrasti, addolcisce le contraddizioni, riconducendo tutto, o quasi (cinema, teatro, musica, balletto), a unità di spettacolo. Tra le pagine migliori (...), il duetto d’amore fra il protagonista e la prima moglie sulla Torre de Mori in Piazza San Marco che si regge in equilibrio fra il musical americano del ‘60 e una sua segreta parodia latina; senza dimenticare quella cornice veneziana di sfondo, fatiscente, corrosa, vista insolitamente fra le erbe, i campi, i giardini, ora tutta dal vero (con gli occhi di Tinto Brass), ora con sapore malizioso di palcoscenico, 'luogo deputato' per un balletto o una scena madre".
MARIUCCIA CIOTTA:
"Yuppi Du, il musical che stravolge le regole del genere e anticipa le coreografie del cinema futuro. Il film dello stupore continuo, oggetto di culto per critica e pubblico e che il Festival di Cannes selezionò in concorso. Il capolavoro di Adriano Celentano, inventore di un microcosmo emotivo ai confini di Venezia, nella laguna di amori perduti e di fantasmi, dove tutto è possibile. Anche che la 'donna dei sogni' torni dalle acque del canale e che illuda ancora una volta il barcaiolo Felice, l'innocente. Surreale e immaginifico, collezionale più belle sequenze di danza, invenzioni gestuali, set anarchici, visionarietà estrema che faranno da modello all'opera dell'artista. Ma l'astrazione del gioco è tutta dentro una realtà ai margini, quella che ha per sfondo la nube tossica del Pedtrolchimico di Marghera. Un musical della gioiosa rivolta contro povertà e ingiustizie sociali, morti bianche e veleni che inquinano corpi e pensieri... La felicità può essere una casa-palafitta, l'umido antro sotto un ponte piuttosto che la vita in città , nella sontuosa Milano dell'apparenza e dello smog. Storia di crudeltà e disillusione, con il sentimento che si fa commercio. Metafora delle modernità con le sue tentazioni. L'antidoto è Felice, che farà dei fumi chimici, dell'avidità e degli abusi una parabola d'amore". |
International Press
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Italian
Press
(www.wikipedia.org):
"Film postmoderno, in parte musical, con fenomeni di anarchia e messaggi anti-inquinamento, conditi con una sorte di autoironia e comicità nera. Grandissima opera d arte allora non capita e in parte distrutta dalla critica. Il film ha ricevuto una nomination alla Palma d'oro al Festival di Cannes del 1975, senza vincerla. Memorabile il ballo di Celentano con la Rampling sulla base della canzone Yuppi Du".
TULLIO KEZICH (Il Mille film. Dieci anni al cinema 1967-1977, Edizioni Il Formichiere).
"Da autentico eroe del pop, il neoregista ha saputo trasferire alle immagini la proverbiale comunicativa dei suoi antichi dialoghi con la folla. Yuppi Du è un film aggressivo, colorito, vivacissimo, che si affida a una girandola di invenzioni espressive: certi scorci della vita veneziana sono degni di un musical alla Minnelli; e la visione di una Milano in grigio, percorsa da folle coperte di smog, si rifà alla vena protoecologica di 'Il ragazzo della via Gluck'".
GIOVANNI GRAZZINI ("Il Corriere della Sera", 8 marzo 1975).
"La fantasia e il ritmo di un regista di buon fiuto, che si è rapidamente aggiornato sul cinema delle avanguardie e il teatro nuovo (...), e ne ha messi a frutto i dati salienti in uno spettacolo giovanile, divertente, imprevedibile, dove il naïf s'incrocia alla satira sofisticata, la burla allo strazio".
MASSIMO MOSCATI:
"In puro ‘look Celentano’ un film musicale che mescola tanti stili contemporaneamente: Minnelli, Brecht, Jodorovsky, Tinto Brass, in un mélange incerto quanto temerario".
PAOLO MEREGHETTI:
"Memorabile la danza di Celentano con una Rampling seminuda. Sono presenti i temi ecologici e para-evangelici a lui cari, ma senza tono predicatorio".
MARCO GIUSTI:
"Ancora oggi il migliore film diretto da Celentano, il più riuscito, comunque. Strano, pieno di idee. E anche uno dei pochi tentativi italiani di fare un musical. Alfio Contini illumina benissimo tutto, il grigiore di una città e una Venezia magnifica per una sequenza che allora si diceva diretta da Tinto Brass".
ALDO FITTANTE:
"Le scene indimenticabili non si contano: l’ampia sequenza della cerimonia nuziale in una chiesa bombardata da musiche e cori dove gli aristocratici stanno da una parte e la banda degli amici di Felice dall’altra, l’omone di colore che chiede in un bar ‘un Negroni’, al fianco di Felice che per contro gli risponde ‘a me un bianchino’, Milano cattedrale di spettri, città abitata da fantasmi, uomini e donne dalla pelle di cera, dalle povere facce da calcestruzzo".
FELICE LAUDADIO:
"Per l’anarchia ‘architettonica’ e coreografica e per l’ambientazione ‘senza tempo’, che anticipa di almeno venti anni il ritmo e la visionarietà di certi film americani (...) è un cult-movie coinvolgente e imprevedibile". |