C’era una volta Sergio Leone e il mito di un’America rievocata in un lungo e intenso flashback di dolorosa memoria
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’C’era una volta in America’ non posso non amarlo: è proprio la ‘summa’ di tutta la mia carriera, sia per quanto riguarda i contenuti che, soprattutto, lo stileâ€. Sergio Leone
(Once Upon a Time in America; ITALIA/USA 1984; gangster drammatico; 218'; Produz.: Arnon Milchan per The Ladd Company; Distribuz.: Titanus)
Soggetto: Dal romanzo di Harry Grey The Hoods (Mano Armata)
Cast: Robert De Niro (‘Noodles’ - David Aaronson) James Woods (‘Max’ - Maximilian Bercovicz) Elizabeth McGovern (Deborah Gelly) Treat Williams (James Conway O’Donnell) Tuesday Weld (Carol) Joe Pesci (Frankie Manoldi) Burt Young (Joe) Danny Aiello (Capo della Polizia Vincent Aiello) William Forsythe (Cockeye) James Hayden (Patsy) Darlanne Fleugel (Eve) Larry Rapp (“Fat†Moe) Amy Rider (Peggy) Olga Karlatos (donna nel teatro cinese) James Russo (Bugsy) Cast completo
Mario Brega (Beefy) Arnon Milchan (autista) Scott Tiler (Noodles ragazzo) Rusty Jacobs (Max ragazzo/David Bailey) Brian Bloom (Patsy ragazzo) Adrian Curran (Cockeye ragazzo) Mike Monetti (“fat†Moe ragazzo) Noah Moazezi (Dominic) Jennifer Connelly (Deborah adolescente) Julie Cohen (Peggy adolescente)
Musica: Ennio Morricone
Costumi: Gabriella Pescucci
Scenografia: Carlo Simi
Fotografia: Tonino Delli Colli
Montaggio: Nino Baragli
Casting: Cis Corman e Joy Todd
Scheda film aggiornata al:
05 Ottobre 2024
Sinossi:
IN BREVE
Il quartiere del Lower East Side della New York anni '20 costituisce il campo delle gesta di una piccola banda di ragazzini. Li capeggiano due inseparabili amici: Max (James Woods) e Noodles (Robert De Niro). La strada è il loro regno per scippi, furterelli, ricatti al poliziotto di quartiere e così via. Ma i ragazzi crescono, l'epoca del proibizionismo incalza e la diffidente amicizia tra Max e Noodles sfocia nella morte e nel mistero...
Perle di sceneggiatura
Il celebre scambio di battute tra Noodles e Moe al momento del loro incontro da vecchi, si carica di grande significato, una sorta di linfa consuntiva del film, esprimendo “lo scorrere del tempo, i mutamenti interiori delle persone e il dolore del ritornoâ€:
Moe: “Che hai fatto in tutti questi anni, Noodles?†Noodles: “Sono andato a letto prestoâ€
Commenti del regista
Sul concetto di cinema:
“Per me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mitoâ€
A proposito di questo suo ultimo filmC’era una volta in America:
“Il tempo è il vero grande protagonista del film ‘C’era una volta in America’. Gli eventi cambiano, le cose, attraverso il tempo assumono… insomma, il tempo li determina. La cosa più difficile era far accettare al pubblico i passaggi dl tempo che però hanno un valore preciso: quello che volevo dimostrare era come attraverso il personaggio di Noodles che fa questo viaggio attraverso l’oppio – egli non sia mai uscito da quel 1930, sognando, attraverso l’oppio, tutto il suo futuro. Sapete che l’oppio è l’unica droga che crea immagini completamente nuove, ti lascia immaginare cose che non conosci e quindi questo offriva anche a me il pretesto – non essendo un regista americano – di viaggiare insieme a Noodles attraverso questa memoria del passato e quseta rêverie immaginifica che il film si porta dietro… è un’interpretazione, ecco…â€.
Da: Angela Prudenzi e Sergio Toffetti (a cura di-), Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema (Quaderni della Cineteca), Roma 2000, pp. 36-37.
“C’era una volta in America può essere un fashback, e quindi una storia che Noodles ormai vecchio ricorda al momento in cui torna sui luoghi della sua giovinezza. Ma può anche darsi che Noodles non sia mai uscito dalla fumeria d’oppio (una droga che annulla la memoria e proietta nel futuro), e che il film sia perciò il sogno di un drogato. Quel sorriso è un sigillo a questa ambiguità … Quel mistero, quel senso di vago e indefinito, quei piccoli salti narrativi fanno parte della storia, anzi ne sono un elemento quasi essenziale… E’ un omaggio alle cose che ho sempre amato, e in particolare alla letteratura americana di Chandler, Hammett, Dos Passos, Hemingway, Fitzgerald. Personaggi che, quando li ho conosciuti, erano proibiti in Italia. Li ho letti in clandestinità ai tempi del fascismo, e come tutte le cose proibite hanno assunto un significato anche superiore alla loro importanza effettiva. In secondo luogo è la ricostruzione più compiuta di quell’America che ho inseguito e sognato per anni, l’America delle contraddizioni e del mito. Infine, è una riflessione sullo spettacolo, sull’arte visiva. Non a caso, il film inizia e finisce in un teatro di ombre cinesi: il pubblico delle ombre cinesi sta alle ombre cinesi come il pubblico del film sta al film. C’è una simbiosi tra loro e noi. E’ un doppio schermo, anzi un pubblico che guarda uno schermo su cui è proiettato un altro pubblico che guarda un altro schermoâ€.
(Da Francesco Mininni, Sergio Leone, Il Castoro Cinema. La Nuova Italia, n. 139, Roma 1989, pp. 12-13)
Sui personaggi, in particolare Noodles (De Niro) in C’era una volta in America:
Da: Angela Prudenzi e Sergio Toffetti (a cura di-), Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema (Quaderni della Cineteca), Roma 2000, p. 39
Altre voci dal set:
Ennio Morriconesulla musica in C’era una volta in America:
“… Il lavoro maggiore lo ha richiesto il sottolineare i momenti temporalmente diversi, e poi il film ha una componente onirica talmente significativa… Credo che il risultato sia una musica fortemente evocativa, struggente, che intreccia più temi e costituisce una struttura musicale ben più importante di quella di un semplice Leitmotiv. La sua valenza drammaturgica è indubbia. Leone sapeva quando far parlare la musica, quando sostituire le note alle parole e ai gesti, era uno dei pochi in grado di farlo. Certi sguardi sorretti dalla sola musica, credo siano nella memoria di tuttiâ€.
Da: Angela Prudenzi e Sergio Toffetti (a cura di-), Il buono, il brutto, il cattivo di Sergio Leone, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema (Quaderni della Cineteca), Roma 2000, p. 78
C'era una volta in America - trailer ufficiale per il 40° anniversario
C'era una volta in America - trailer ufficiale
C'era una volta in America - trailer
C'era una volta in America - trailer ufficiale (V.O.) - Once Upon a Time in America
Il giudizio della critica
The Best of Review
Tra mito e veritÃ
“In quest’impasto ambiguo e volutamente irrisolto di mito e verità si trova uno dei motivi più stimolanti dell’opera†Giuseppe Rausa
(Giuseppe Rausa, C’era una volta in America, in “Segno Cinemaâ€, anno IV, n. 15, p. 71)
International Press
Italian
Press
E’ di scena la memoria
“… il tema vero di ‘C’era una volta in America’ è la memoria, che annulla il tempo e accresce la sofferenza umana… La struttura temporale a incastri consente a Leone di anticipare e/o ritardare i colpi di scena, secondo una strategia sottile, un poco misteriosa. Si ha sempre l’impressione che esista una verità da scoprire e alla fine si scopre che la verità era già evidente fin dall’inizio, dal prologo delle ombre cinesi nella fumeria d’oppio. E la storia si chiude circolarmente nella stessa fumeria, allo stesso livello temporale, sullo stesso personaggio di loser, che Robert De Niro fa suo con una straordinaria identificazioneâ€. Fernaldo Di Giammatteo
(Fernaldo Di Giammatteo, Nuovo Dizionario Univerale del Cinema di Fernaldo di Giammatteo (in collaborazione con Cristina Bragaglia)-I film, Roma 1994 (II ediz., p. 263 )
Questo film-sogno di Sergio Leone sul mito americano è un sogno tutto europeo
“Difficile dire se c’era una volta in America è l’opera più bella del suo autore; certo è la più ambiziosa, la più meditata, la più ricca di stimoli e di cultura. Quel che si è perso in immediatezza, compattezza e favolosa ingenuità si è guadagnato in complessità (basti pensare all’ormai famosa struttura narrativa ad incastri), in intensità poetica e in suggestione evocativa… Questo è il film-sogno di Leone sul mito (del cinema) americano… Ma è un sogno tutto europeo, a cominciare dai ritmi dilatati della narrazione, all’attenzione spropositata per i dettagli, all’interesse primario volto alle situazioni più che all’azione, elemento quest’ultimo, i cui interventi fulminanti, quasi disturbano un universo che pare muoversi silenzioso e sommesso, all’epos melodrammatico che funge da costante background e avvicina quest’America all’Italia del Bertolucci di ‘Novecento’…â€. Giuseppe Rausa
(Giuseppe Rausa, C’era una volta in America, in “Segno Cinemaâ€, Anno IV, n. 15, novembre 1984, p. 70)