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    TORNA PER UN ULTIMO ROUND LA STORIA DEL MITICO CAMPIONE ROCKY BALBOA

    "E’ gratificante vedere come Rocky abbia conquistato così tante persone nel corso degli anni. Sono convinto che gli spettatori che ci hanno sostenuto e ci sono stati fedeli saranno felici di vedere questo capitolo finale della vita di Rocky Balboa, perché, a mio avviso, abbiamo ideato una conclusione assolutamente degna del personaggio... E' un sogno pressoché universale quello di cercare di emergere e di tentare di raggiungere il massimo obiettivo nella vita. Magari non avrai il successo sperato, ma almeno hai avuto la possibilità di provarci. Penso che questa sia la peggiore frustrazione della vita di molte persone, il fatto di non aver mai avuto neanche una possibilità".
    Il regista, sceneggiatore, produttore e interprete Sylvester Stallone

    (Rocky Balboa USA 2006; drammatico; 102'; Produz.: Chartoff/Winkler; Distribuz.: 20th Century Fox)

    Locandina italiana Rocky Balboa

    Rating by
    Celluloid Portraits:



    (Comment by PATRIZIA FERRETTI) - Stallone brings to the silver screen all the glamour of the spirituality of an old boxer. And Adrian has never left. Astonishing the direction by Sylvester Stallone, who gives as, with this Rocky Balboa’s latest round, the most beautiful chapter, the most introspective and the most absorbing. A masterpiece filled with deep warnings toward the world of sport, not just boxing. A simple plot and yet intensely incisive, steeped in melancholy and languor that permeate likely the character thirty years after his golden years. A past that seems has a lot to tell and teach to the new generations (extraordinary the scene where Stallone expresses the ethical foundation of life to his son). The choices of a vision aimed at express the inside universe of the character – hats off – give the standard for the true knowledge of making movies from the inside that Sylvester Stallone, born as screen player before moviemaker, has acquired over these years. (Translation by MARTA SBRANA, Canada)

    Titolo in italiano: Rocky Balboa

    Titolo in lingua originale: Rocky Balboa

    Anno di produzione: 2006

    Anno di uscita: 2006

    Regia: Sylvester Stallone

    Sceneggiatura: Sylvester Stallone

    Cast: Sylvester Stallone (Rocky Balboa )
    Burt Young (Paulie)
    Antonio Tarver (Mason “The Line†Dixon)
    Geraldine Hughes (Marie )
    Milo Ventimiglia (Robert Jr. )
    Tony Burton (Duke)
    A.J. Benza (L.C.)
    James Francis Kelly III (Steps )
    Talia Shire (Adrian)
    Lou DiBella (nei panni di se stesso)
    Mike Tyson (nei panni di se stesso )
    Henry G. Sanders (Martin )
    Pedro Lovell (Spider Rico )
    Ana Gerena (Isabel)
    Angela Boyd (Angie)
    Cast completo

    Musica: Bill Conti

    Costumi: Gretchen Patch

    Scenografia: Franco-Giacomo Carbone

    Fotografia: Clark Mathis

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    "Trent’anni fa era un uomo senza speranze, che lavorava per uno squallido strozzino nel quartiere South Side di Philadelphia. Quando un incredibile colpo di fortuna gli diede la possibilità di salire sul ring contro il detentore del titolo dei pesi massimi Apollo Creed, si trattò della chance della sua vita. E tutto quello che voleva era reggere alla distanza. Il suo coraggio e la sua determinazione, nella vita e sul ring, diedero speranza a milioni di persone.
    Ora, la gloria è un ricordo del passato e Rocky Balboa (Sylvester Stallone), un tempo conosciuto come lo Stallone Italiano, passa le sue serate a ricordare le vecchie storie ai clienti abituali del suo ristorante, Adrian’s, che prende il nome dalla sua compianta moglie, da lui rimpianta profondamente, ma senza mostrarlo in pubblico. Suo figlio (Milo Ventimiglia) non vuole perdere tempo con lui, troppo impegnato com’è a vivere la sua vita. Il tempo e i colpi hanno reso umile Rocky, deformato i suoi pugni, piegato le sue spalle e gli hanno sottratto tutto quello che aveva, a parte le storie di un tempo. Tuttavia, dentro di sé, è rimasto sempre lo stesso uomo.
    Nel suo cuore, è ancora un combattente.
    Mason “The Line†Dixon è l’attuale campione dei pesi massimi, che si è fatto notare soltanto per la facilità con cui ha conquistato il titolo. Poiché non ha mai dovuto dimostrare il suo valore e non ha mai affrontato un avversario del suo livello, è considerato dagli appassionati un pugile molto tecnico ma senza cuore, che non ha un futuro in questo sport…
    Un giorno, una simulazione al computer lo mette di fronte al Rocky Balboa dell’epoca d’oro. Chi vincerebbe veramente se i due si dovessero incontrare? Sarebbero i precisi jab di Dixon e il suo lavoro di gambe ad avere la meglio o la passione e la forza bruta di Rocky? Il manager di Dixon ha un’idea per rivitalizzare la carriera del suo cliente e improvvisamente il campionato dei pesi massimi torna a catturare l’immaginazione del pubblico.
    Sembra un gioco o forse uno scherzo. Ma per Rocky, che ha quasi il doppio degli anni del suo sfidante, la prospettiva di un combattimento con Dixon è una seconda opportunità, quella che non avrebbe mai pensato di poter avere, una possibilità su un miliardo per dimostrare a se stesso e a quelli che ama che, mentre il corpo si indebolisce, il cuore diventa sempre più forte".

    Dal >Press-Book< di Rocky Balboa

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    STALLONE PORTA SUL GRANDE SCHERMO TUTTO IL BAGAGLIO DI SPIRITUALITA’ DI UN VECCHIO BOXER. E ADRIANA NON SE NE E’ MAI ANDATA. SORPRENDE LA REGIA DI SYLVESTER STALLONE CHE, CON QUESTO ULTIMO ROUND DI ‘ROCKY BALBOA’ CI REGALA IL CAPITOLO PIU’ BELLO, PIU’ INTROSPETTIVO E COINVOLGENTE. UN’OPERA DELLA MATURITA’ CHE CARICA DI PROFONDI MESSAGGI-MONITO RIVOLTI ALL’ATTUALE MONDO DELLO SPORT IN GENERE, E NON SOLO DELLA BOXE. UN’ARCHITETTURA LETTERARIA SEMPLICE E PUR INTENSAMENTE INCISIVA, INTRISA DELLA MALANCONIA E DEL LANGUORE CHE PERVADONO VEROSIMILMENTE IL PERSONAGGIO A TRENT’ANNI DI DISTANZA DAI SUOI MITICI ANNI DI GLORIA. UN PASSATO CHE SEMBRA AVER TANTO DA INSEGNARE E DA DIRE ALLE NUOVE GENERAZIONI (STRAORDINARIA LA SEQUENZA IN CUI ESPRIME FONDAMENTI UNIVERSALI DI ETICA DI VITA AL PROPRIO FIGLIO). LE SCELTE DI UN’ESTETICA DELLA VISIONE MIRATE AD ESPRIMERE L’UNIVERSO INTERIORE DEL PERSONAGGIO - ONORE AL MERITO - DANNO LA MISURA DEL LIVELLO DI PROFONDA CONOSCENZA DALL’INTERNO

    DEL FARE CINEMA ACQUISITA AD OGGI DA SYLVESTER STALLONE, NATO COME SCRITTORE ANCOR PRIMA CHE CINEASTA

    Chi ha detto che Adriana non c’è più? Si direbbe che ora, dopo la sua dipartita fisica è più presente e forte che mai nel cuore e nell’anima di Rocky Balboa, che le ha persino dedicato il ristorante che gestisce e che, - il film apre proprio con questo dopo un breve prologo - nel giorno dell’anniversario di morte, visita la sua tomba, sostandovi a meditare e a ricordare, seduto su una sedia, omaggiandola con un mazzo di rose rosse. Rocky Balboa deve tutto ad Adriana e lo vedremo anche in questo suo ultimo round, sorprendente non tanto per una recitazione che fila e scorre senz’altro a puntino, quanto, soprattutto, per tocco di regia: l’architettura di questo nuovo capitolo di storia di vita del mitico personaggio e la ricca e sensata sceneggiatura meritano attenzione. Onore

    al merito a Sylvester Stallone regista dunque, che qui, al sesto e ultimo round di Rocky, ha optato intelligentemente e plausibilmente, per uno spaccato estremamente interiorizzato del personaggio, quando, trent’anni dopo i tempi di gloria di gioventù, il mito del vecchio boxer ancora sopravvive nella gente, e si esprime in un ossequioso rispetto, tale da mettere a disagio suo figlio, che sente l’ombra lunga del padre come un fardello ingombrante per la sua realizzazione personale. Si tratta di una struttura solida, motivata, carica di messaggi morali e universali che Stallone non lascia certo tra le righe: fatta eccezione per qualche tratto un po’ troppo buonista ed edulcorato, il film è senza dubbio serio e incisivo, con la maggior parte del tempo cinematografico riservata a mettere a parte lo spettatore del nuovo volto, della nuova anima, e del fardello di problemi e di ansie, rimpianti od altro dell’ormai attempato Rocky Balboa.

    Un uomo nostalgico, malinconico, con un’anima buona ed estremamente generosa, eppure col cuore che langue di una sofferenza interiore incalzante e insanabile, portata fino alle lacrime, nell’unica sequenza in cui trova forza e coraggio per esternare i propri demoni. Ed è questo il percorso principale che Stallone decide di rendere protagonista per questo suo nuovo film, scartando da banali e inverosimili revivals agonistici.

    Molto interessante anche la motivazione del ritorno sul ring di Rocky, là dove si appunta una sottile ironia per una critica sentita e sincera e, soprattutto vera, indirizzata al mondo dello sport contemporaneo, un po’ senz’anima e senza profonde motivazioni se non quelle del denaro: qui il panorama è quello di un giovane campione incontrastato, alquanto arrogante e vanesio, che non desta più interesse perché, di fatto, non c’è vera competizione. La messe di antagonisti è, come dire, di serie, e tale da sminuire il calibro dello stesso

    campione. Tra le righe si legge che le motivazioni di chi oggi si imbarca nel mondo della boxe, così come in altri sports, sono ben diverse da quelle che hanno spinto i vecchi boxers di generazioni passate come Rocky Balboa a tuffarsi a capo fitto dentro l’obiettivo che si erano prefissi di raggiungere. Per le motivazioni che lo fanno tornare sul ring si veda anche la sequenza in cui davanti alla commissione Rocky rivendica il diritto della licenza a combattere di nuovo: “… E’ un dovere dare ascolto a quello che sentiamo dentro… â€.
    Verso la conclusione del match tra il giovane campione e Balboa, ancora sul ring il primo dice al secondo: “Perché lo fai, vecchio?â€. La risposta è semplice, scarna quanto incisiva: “Un giorno lo capiraiâ€.
    In tal senso, su queste corde, Sylvester Stallone sembra voler anche ridare alle nuove generazioni un imput di marca idealista, agganciata a vecchi valori

    ormai perduti, così come esprime a chiare linee anche con l’intenso e commovente confronto diretto, il più decisivo dopo numerosi, sfuggenti contatti, che Rocky ha con suo figlio. Uno scambio di battute che esprime un mondo di contrasti personali e lancia ad un tempo un messaggio universale fondamentale: “… Hai trovato il colpevole in un’ombra (nell’ombra di tuo padre). Nessuno può colpire duro come la vita. L’importante è rialzarsi dai colpi bassi. I vigliacchi vanno in giro a puntare il dito sul colpevole… Finchè non avrai fiducia in te stesso la tua non sarà vita… L’importante non è come colpisci ma come ti rialzi… E passa a salutare tua madre!â€.

    Stallone ha poi cadenzato e calibrato magistralmente, e dunque incisivamente, i tempi cinematografici, facendo perno sulla sintesi, appuntata su singoli fotogrammi legati tra loro da un montaggio accellerato, frenetico, quello con cui racconta le varie fasi dell’allenamento necessario ad affrontare questa

    sfida impossibile, e quello che sapientemente illustra più l’universo interiore di Balboa che non la dinamica dell’incontro. E questo Stallone lo fa, operando una fantastica complicità tra uno straordinario caleidoscopio di ricerca estetica della visione, legando tra loro tecniche diverse in un veloce montaggio alternato, dal bianco e nero a virate o ‘sbavature’ di colore, sdoppiamenti visivi e immagini sgranate fino ai pixel. Il tutto è finalizzato ad incarnare pensieri, sensazioni, spinte interiori di autoconvincimento per spronarsi nell’impresa e motivazioni di fondo che lo spingono di nuovo all’azione. Sovrimpressioni per un groviglio di soggettive mentali. C’è una sequenza che sovrasta l’intero percorso in cui, dopo un colpo micidiale Rocky rivede in un manipolo di fotogrammi quasi l’intera sua vita nei passaggi focali, con l’immancabile Adriana. Così come si dice succeda nello stato di pre-morte di una persona. Stallone non poteva rendere sul grande schermo in maniera più profonda l’universo

    interiore del suo personaggio. E, paradossalmente, con questo Rocky Balboa, ha offerto il capitolo più introspettivo, riuscendo a coinvolgere visceralmente lo spettatore prima di salutarlo con un cenno - quasi una nota venata di rimpianto - dalle nebbie della dissolvenza che prelude alla fine del racconto.

    Perle di sceneggiatura

    Paulie (il cognato, rivolto a Rocky): “Smetti di vivere nel passato… non era poi così grande. Tu l’hai (Adriana) trattata bene, io male, e non ho voglia di ricordarmelo ogni anno. Io non voglio vivere nel passatoâ€.

    Rocky: “… I momenti tristi non passano mai, soprattutto se stiamo fermiâ€.

    Rocky al figlio: “… Hai trovato il colpevole in un’ombra (nell’ombra di tuo padre). Nessuno può colpire duro come la vita. L’importante è rialzarsi dai colpi bassi. I vigliacchi vanno in giro a puntare il dito sul colpevole… Finchè non avrai fiducia in te stesso la tua non sarà vita… L’importante non è come colpisci ma come ti rialzi… E passa a salutare tua madre!â€.


    Commenti dei protagonisti:

    BURT YOUNG (Paulie): "Il primo era un piccolo film, ma scritto come un capolavoro... Novantotto pagine di poesia di strada. Nessun orpello inutile. Ed era anche veramente romantico. Molte persone non hanno mai apprezzato l’incredibile romanticismo che esprime. Io ero molto eccitato. Probabilmente, si tratta della migliore sceneggiatura che abbia mai letto nella mia vita". E, - A proposito di Rocky Balboa -
    "Rocky è stato ferito profondamente e prova una rabbia terribile, ma non sa come liberarsene. E’ di questo che parla il film. Di tutti questi personaggi che si ritrovano in stanze vuote, cercando in qualche modo di riempirle".

    SYLVESTER STALLONE (Rocky Balboa): "(Rocky Balboa) E’ ritornato dove si trovava all’inizio, tutto solo, a parte il fatto di aver perso la sua ingenuità. E’ molto concreto e ha una certa tranquillità interiore. Porta un peso enorme sulle spalle, ma da esso scaturisce anche una sorta di illuminazione profonda. Sa più cose di prima e cerca di comunicare maggiormente. Non ha più molta voglia di litigare, come avveniva un tempo... Se la cosa più preziosa della tua vita ti venisse sottratta e la tua stabilità fosse scossa, gli anni migliori apparentemente fossero alle tue spalle e ti ritrovassi da solo, ti chiederesti sicuramente ‘ora che faccio?’. Ha avuto tutta la gloria che voleva, ma sua moglie è morta e il figlio se ne è andato. Tutto quello che riteneva facesse parte del suo sogno più importante non c’è più e ora lui si ritrova solo".

    Altre voci dal set:

    Il produttore WILLIAM CHARTOFF: "Rocky è sempre stato nei pensieri di Sylvester. Per lui, si trattava di un progetto non ancora concluso, proprio lo stesso atteggiamento che avevano legioni di appassionati di tutto il mondo. Sebbene Rocky Balboa sia in effetti l’ultimo sequel in ordine di tempo, per molti aspetti è l’episodio più simile all’originale".

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