CON GLI OCCHI DELL'ASSASSINO: VIAGGIO NELL'OSCURITA' FISICA ED EMOZIONALE DI UNA DONNA - JULIA/SARA INCARNATE DA BELEN RUEDA - COSTRETTA AD AFFRONTARE LE SUE PIU' INTIME PAURE
Dal XX. Courmayeur NOIR Film Festival - RECENSIONE - Dall' 11 MAGGIO
"'Con gli occhi dell'assassino' è il viaggio nell‟oscurità fisica ed emozionale di una donna che è costretta ad affrontare le sue più intime paure. L'isolamento vissuto dalla protagonista, quello di una donna che perde la vista, serve come mezzo per raccontare, sottoforma di un incubo terrificante, la storia di un viaggio di accettazione, di superamento dei propri limiti, di amore e sopravvivenza. Come nel mondo delle emozioni, 'Con gli occhi dell'assassino' gioca con la sottile linea che separa il visibile dall'invisibile, il reale dall'irreale, ciò che vediamo da ciò che immaginiamo. E fa tutto ciò mettendo la sua eroina in situazioni estreme, obbligandola a risolvere un puzzle per il quale ci sono ben pochi pezzi. Mentre Julia inizia a mettere assieme i pezzi, inizia anche a capire che qualcosa di terribile sta accadendo attorno a lei, qualcosa che nessun altro sembra notare, e che la lascerà sola ad affrontare il pericolo".
(Los Ojos de Julia, SPAGNA 2010; thriller horror; 112' ; Produz.: Antena 3 Films/Mesfilms/Rodar y Rodar Cine y Televisión/Televisió de Catalunya (TV3); Distribuz.: Moviemax)
Julia, affetta da una malattia degenerativa che le causa la perdita progressiva della vista, viene avvisata che sua sorella gemella si è appena suicidata. Avendo la consapevolezza che la sorella non sarebbe mai stata capace di un gesto così estremo, Julia si convince che questa morte sia una messa in scena legata ad un terribile segreto di famiglia. Mentre la vista di Julia si affievolisce, il tempo a disposizione per scoprire chi si nasconde dietro l’omicidio della sorella scorre troppo velocemente.
Commento critico (a cura di ENRICA MANES)
Ci sono termini dei quali certo cinema thriller-orrorifico ha fatto il callo e due di questi sono certamente gli occhi e la parola assassino; un killer che agisce nell’ombra e una vittima che per motivi non certo di reminescenza edipica si ritrova preda della cecità .
Ogni volta ci si illude che le trame possano portare a qualcosa di nuovo ma gli occhi, al cinema, possono essere uno strumento piuttosto fallace, specialmente quando, come in questo caso, ci si imbatte nel tentativo – davvero mal riuscito - di creare una commistione fra generi, attribuendo una sorta di morale al malsano ruolo dell’assassino.
Alla maniera dei peggiori gialli, l’oscuro cacciatore si ritrova infatti sotto gli occhi dello spettatore fin dal principio e solo il viso rimane occultato fino all’agnizione da parte della vittima, in un meccanismo scontato dove a regnare sono sempre i soliti scenari di una serie effimera e reiterata di soggetti e
personaggi ambigui che finiscono per cadere nell’inesorabile banalismo di quel genere i cui connotati sono tutti presenti; tenebre, case isolate, presenze nell’ombra, giardini bui e vuoti, fusibili e fili del telefono che si bruciano di continuo - o che più spesso vengono tagliati - l’immancabile vasca in cui qualcuno viene trovato morto folgorato e persino la fitta rete di corridoi con tubi a vista e cunicoli che più che i sotterranei di decadenti cliniche sembrano essere le gallerie di una metropolitana.
Il tutto confezionato - come se la già trita trama di intrecci e drammi familiari che assumono nel finale il patetismo di una telenovela non fosse già abbastanza - in un montaggio del tutto privato del minimo senso della suspense, del colpo di scena e di quel 'che' di truculento che al genere spetterebbe di rigore.