CRIMES OF THE FUTURE - INTERVISTA al regista e sceneggiatore DAVID CRONENBERG (Parte II)
30/08/2022 -
Com'è stato lavorare con il suo vecchio amico Viggo?
"Io e Viggo ci consociamo da tanto e siamo anche amici. Ci conosciamo molto bene e abbiamo passato molto tempo insieme, e non solo a fare film. Siamo entrambi perfezionisti, in ambito lavorativo la nostra è una relazione attore-regista, abbiamo una sorta di comprensione telepatica l'uno dell'altro perché abbiamo lavorato insieme tante volte. Lui stesso è un regista, è uno sceneggiatore, un musicista, un poeta, un editore di libri e quindi il suo approccio al cinema è simile al mio. In altre parole, non è timido nel commentare la sceneggiatura, anche se
è una scena in cui il suo personaggio non è presente, e questo è insolito, non molti attori lo fanno".
Perché era la persona giusta per interpretare Saul?
"Il fatto che io e Viggo siamo amici e che lo ritengo un attore favoloso non significa che io possa sceglierlo per qualsiasi ruolo. Lo stesso vale quando lui legge un mio copione. Non significa che accetterà di fare il film, deve essere qualcosa che funzioni per lui. Come ho detto, in definitiva il casting è un'arte oscura, è una cosa molto misteriosa. Una volta che hai fatto il film, se lo hai fatto bene, è quasi impossibile vedere qualsiasi altro attore in quel ruolo".
Può parlarci di Léa?
"Inizialmente le avevo offerto il ruolo di Timlin. L'avevo vista in un bel po' di film, ero interessato a lei per quel ruolo. Per me il linguaggio, i dialoghi sono molto importanti, nonostante tutti gli effetti speciali e così via... i dialoghi hanno un’importanza fondamentale. Il film è molto parlato, quindi il fatto che Léa abbia l’accento francese era una bellissima aggiunta materica al film. Ad un certo punto abbiamo pensato ad altre attrici per il ruolo di Caprice, che è l’assistente di Tenser e per certi versi la sua amante; nel film questa dinamica è ambigua. Dopo aver letto la sceneggiatura Léa era molto entusiasta di farne parte e di lavorare con me; ma ha detto: 'Sai, mi piacerebbe davvero interpretare Caprice'. Dopo
averci riflettuto un po', ho pensato che fosse un'ottima idea, quindi ho invertito i ruoli: Léa interpreta Caprice e Kristen Stewart interpreta Timlin. La dinamica tra loro due è molto interessante perché ovviamente sono molto diverse, vengono da posti molto diversi, hanno più o meno la stessa età ma Kristin è di Los Angeles mentre Léa è molto parigina. Speri sempre che tra i tuoi attori ci sia una dinamica interessante, fa parte dell'arte del casting, non è solo questione di
chi interpreta il protagonista. Con mia sorpresa, Léa ha portato una grande intelligenza e cultura recitativa nel suo ruolo, insieme a un incredibile senso emotivo. Trasforma davvero il personaggio di Caprice. Recita gli stessi dialoghi che sono nella sceneggiatura originale, ma venendo da Léa hanno una profondità e un impatto emotivo che altre attrici non avrebbero portato, magari avrebbero portato qualcos'altro ma non quello, quindi è stato elettrizzante lavorare con lei. È semplicemente un piacere lavorare con lei"
Perché ha reso questo posto così ambiguo con delle persone così diverse?
"Deriva tutto dalla mia vita a Toronto, che è stata multiculturale da quando ho memoria. Sono nato nel 1943 in una zona di Toronto che è diventata italiana, e che precedentemente era stata ebrea. Quindi per me il globalismo, che è molto discusso sia come una cosa buona che come una cosa cattiva, sta succedendo, è inevitabile. Uno dei responsabili di questo è Internet, la costante connessione tra le persone, è un cambiamento enorme poter stare sui social media e connetterti con persone in tutto il mondo istantaneamente. Le culture si compenetrano tra loro, quindi la mia previsione di qualsiasi mondo futuro è esattamente questa, che non dovrebbe essere privo di un suo carattere individuale unico. Il globalismo sta diventando una cosa blanda e semplice, non lo è affatto, è complesso e cambia costantemente proprio come il cervello umano, quindi era questa la sensazione che volevo che il film trasmettesse. Anche se l'ho scritto pensando di girare a Toronto, stavo ancora suggerendo questo tipo di realtà alternativa che è diventata molto più particolare quando abbiamo deciso che avremmo girato il
film ad Atene, in Grecia. Mi piaceva molto la texture di Atene, i graffiti, le strade e l'oceano, non aveva senso cercare di combatterla e renderla più simile a Toronto. Volevo che fosse esattamente come era. Ero stato ad Atene alla fine del 1965 e tornandoci, mezzo secolo dopo, l’ho trovata molto cambiata, però allo stesso tempo è una città antica e gran parte di essa è rimasta la stessa. È stato
molto emozionante, ho trovato stimolante lavorare lì"
Il fatto di aver girato durante il COVID ha aggiunto qualcosa a questa esperienza, considerando l'argomento del film?
"Girare un film durante l'era del COVID di per sé è un'esperienza incredibilmente interessante. Ho recitato in un paio di cose, in 'Star Trek: Discovery' e in 'Slasher', una serie canadese, l'ho fatto perché non vedevo l’ora di realizzare 'Crimes of the Future'. Quelle due serie TV venivano girate con il protocollo COVID, quindi indossare le mascherine, fare i tamponi continuamente, mantenere il distanziamento sociale e continuare a girare il film, che è un'esperienza molto sociale, è stato molto istruttivo per me perché potevo rendermi conto che era possibile farlo e che ci si poteva abituare a certi ritmi senza danneggiare la realizzazione del film. C'è stato quello e poi ovviamente c'è stato il disastro ambientale che prosegue tutt’ora, sto parlando del cambiamento climatico che stava causando incendi boschivi nella Columbia Britannica, in Canada e in molti luoghi in Europa, inclusa Atene. Una mattina, all’improvviso, le foreste nel nord e nel sud della città di Atene erano in fiamme, mi sono svegliato, ho guardato fuori dalla finestra del mio hotel e non riuscivo a vedere nulla, c’era fumo ovunque… È stato spaventoso, ma siamo riusciti a continuare a girare. In un certo senso tutto ciò ha confermato la realtà, la filosofia del film che stavamo girando, il fatto cioè che le cose stanno cambiando, stanno mutando, all'interno del corpo umano così come al di fuori di esso. Ha legittimato il film dal punto di vista filosofico. Ovviamente è un film d’intrattenimento, ma l'intrattenimento è anche creare una risonanza nelle persone".
Come vede il futuro ora rispetto all’inizio della sua carriera?
"Il futuro? Ne ho meno. A settantotto anni ho meno futuro di prima, ma ho detto spesso che dal punto di vista filosofico sono un esistenzialista. Penso davvero a me stesso in questo modo, e quello che l'esistenzialismo dice è che guardiamo costantemente al futuro, e questo ci fa andare avanti e ci mantiene sani. Allo stesso tempo, però, può impedirci di vivere pienamente il presente, poiché anticipiamo costantemente ciò che accadrà, quindi nei film cerco di fare entrambe le cose. Secondo me i film non sono realmente predittivi, non sono profetici, cioè alcuni film di fantascienza lo sono – basta anche solo pensare a scrittori di fantascienza, come Arthur C. Clarke. Per lui è stato un trionfo aver predetto satelliti e comunicazioni satellitari. Quello che raccontava attraverso la sua
scrittura lo appagava. Per me non è così, il mio obiettivo è capire quale sia la condizione umana ora, e questa a volte può essere illuminata dal tentativo di vedere dove andremo. Guardare la condizione umana, tutta la sua gloria e le sue numerose fasi e cercare di capire cosa significa essere vivi è una cosa cruciale se sei un esistenzialista. È come se fossi in riva al mare e stessi raccogliendo delle conchiglie e dicessi 'Accipicchia, guarda questa, è davvero incredibile, come ha fatto una creatura del genere a creare questa cosa?' Non conosco le risposte, ma ho la curiosità di guardare delle cose che le altre persone non hanno tempo di guardare, mentre io ho il tempo per farlo, quindi è proprio questo che cerco di dare loro"
Com’è stato lavorare con Carol Spier, come ha dato vita alle sue creazioni?
"Una delle cose divertenti della creazione di una tecnologia che in realtà non esiste è progettare quella tecnologia e predire come potrebbe funzionare e come potrebbe non funzionare. È davvero divertente per me, è lì che il cinema diventa un evento quasi infantile, sei come un bambino al parco giochi, ne sei consapevole, indossi abiti bizzarri, metti i baffi finti, parli con un accento strano e fingi di essere qualcuno che non sei. È una cosa infantile, ma si corre anche il rischio di diventare troppo seri e professionali, e quindi di perdere di vista quella gioia infantile della creazione, e questo sarebbe un grande errore. Si capisce subito quali registi sono ancora in contatto con tutto questo, e io sono uno di loro. La tecnologia che creo nei miei film, come ho fatto in Videodrome o Existenz, tende ad essere molto basata sul corpo, è molto organica, è molto fisica, sembra cresciuta dalle cellule. In 'Crimes of the Future' ho fatto la stessa cosa, e come con Viggo, ho lavorato ancora una volta con Carol Spier. È stato emozionante lavorare di nuovo con Carol. Lavoriamo insieme da mezzo secolo, quindi tra di noi c’è un’ottima intesa, una sorta di telepatia. Per realizzare queste
cose che erano nella sceneggiatura, che erano solo delle suggestioni di forme e di sagome, Carol, come al solito, ha trovato i migliori collaboratori nel suo dipartimento artistico. Uno degli aspetti liberatori per me è che considero la mia sceneggiatura come se fossero solo una serie di suggerimenti, per me non è la Bibbia, non devo essere accurato, non è Shakespeare. È un processo in continua evoluzione. Nella sceneggiatura avevo descritto il letto molto speciale in cui dorme Saul Tenser, il protagonista, interpretato da Viggo. Saul ha bisogno di dormire su un letto costantemente in movimento durante il sonno perché prova dolore, il letto è collegato a lui e può prevedere questi episodi dolorosi e spostarlo per alleviare il dolore. C'è una sedia che fa la stessa cosa perché Saul non riesce ad alimentarsi e deve essere spostato costantemente affinché possa mangiare. I design di questi due elementi che ho suggerito nella sceneggiatura erano semplici, molto meccanici, nel film, invece, in termini di design ci siamo spinti molto oltre, conferendo un aspetto molto organico, simile alla carne e alle ossa. Anche questi erano solo dei progetti che poi si sono evoluti dopo mesi di discussioni e tentativi di farli funzionare come erano descritti nella
sceneggiatura. Nel momento in cui dovevamo realizzarli mi sono reso conto che così come li avevo descritti non erano efficaci. Tra l’altro è emozionante poter realizzare questi elementi fisicamente invece che con gli effetti visivi. La CGI, le immagini generate al computer, sono degli ottimi strumenti, ma quando se ne fa un uso eccessivo si ha la sensazione di vedere un cartone animato. La cosa migliore è quando vengono usati insieme agli effetti fisici; inizialmente ti permettono di vedere come saranno sul set, poi man mano si possono aggiungere degli elementi in modo che sia una combinazione tra gli effetti visivi, quelli effetti fisici e le protesi applicate al corpo degli attori. Grazie alla CGI puoi aggiungere delle cose che non puoi realizzare fisicamente, e la combinazione
tra queste due cose può essere davvero molto potente"
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