MISSION: IMPOSSIBLE - PROTOCOLLO FANTASMA - INTERVISTA ad ALESSANDRO LAMBERTI (Jolly Power), importante esponente del 'Free Climbing Italiano'
26/01/2012 -
In MISSION: IMPOSSIBLE – PROTOCOLLO FANTASMA le scene di azione sono tante e una delle più coinvolgenti è quella in cui TOM CRUISE scala il Burj Khalifa di Dubai, l’edificio più alto del mondo.
A tal proposito abbiamo intervistato due dei più importanti esponenti del Free Climbing italiano, RICCARDO CAPRASECCA e ALESSANDRO LAMBERTI, noto anche come Jolly Power.
INTERVISTA a JOLLY POWER
Dopo la prima intervista a Riccardo Caprasecca, ecco la seconda con le risposte diJOLLY POWER, dei più importanti esponenti del Free Climbing italiano.
Tom Cruise ha dichiarato: 'Mi sono allenato per mesi, ma la paura di cadere l’ho
avuta lo stesso e ci sono volute ore e ore di tentativi per riuscire a ottenere la fluidità dei movimenti che un genio elegante della regia come Brad Bird cercava'. Quanto è importante l'allenamento e quanto conta l’emozione nel Free Climbing?
JOLLY POWER: "Anche se il freeclimbing si pratica sempre con la corda di sicurezza (l’aggettivo 'free' sta a significare che la corda non viene usata per aiuto, ma solo per protezione), le componenti mentali-emozionali sono prevalenti rispetto a quelle fisiche. Il mondo del freeclimbing moderno è pieno di persone molto forti ma incapaci di trasformare questa forza in prestazione per
problemi tecnici, mentali ed emozionali. In realtà anche in questo caso si può parlare di allenamento, esiste una parte di allenamento mentale, ancora sottovalutata ma fondamentale per il climber".
Tom Cruise si imbatte in scene che sembrerebbero impossibili come scalare il Burj Khalifa di Dubai. Tuttavia nel 2011 il noto climber Alain Robert ha scalato proprio quei 181 piani. Succede spesso nel Free Climbing che la realtà superi la fantasia?
J. POWER: "La fantasia non si misura in effetti speciali, è un qualcosa di miracoloso che i computer non posseggono. La realtà supera la fantasia quando questa è eccessivamente governata dalla
tecnica. Alan Robert è uno scalatore solitario romantico e fuori dagli schemi, ha scalato a mani nude e senza corda come uno spiderman senza ragnatela".
Dopo il secondo 'Mission: Impossible', in cui Tom Cruise si arrampicava in solitaria nella Monument Valley, c'è stato un incremento di interesse al Free Climbing. Per voi si tratta di un fatto positivo? O negativo, nella misura in cui minimizza una disciplina fatta di allenamento, costanza e passione?
J. POWER: "Nel secondo Mission: Impossible, Cruise scala nel gran canyon e fa un movimento (incrocio) in cui si ritrova a faccia nel vuoto per poi srotolarsi facendo un giro di 360 gradi. C’è una famosa via in Francia, che si scala proprio con un movimento del genere. Se vogliamo trovare un lato negativo per l’immagine del nostro sport, le cose che fa Cruise nel secondo Mission: Impossible, nella realtà non si potrebbero assolutamente fare senza la corda di sicurezza. Ma non vado a vedere il film come se fosse un documentario. Continua solo ad alimentare l’opinione diffusa che free-climbing voglia dire 'senza corda', invece il termine nasce per differenziarsi dall’Aid-climbing, la scalata artificiale, dove chiodi, corde, moschettoni ecc... venivano utilizzati per tirarsi su. Nel free climbing, ci sono, ma sono come la rete per il trapezista, una protezione che non deve essere usata".
Nelle tante evoluzioni sulle pareti di vetro del grattacielo, Tom Cruise si avvale di attrezzature futuristiche, a volte nemmeno troppo affidabili. Nel Free Climbing che ruolo gioca la fiducia che si ripone nella tenuta della 'corda'? La tecnologia ha reso più sicuro questo sport?
J. POWER: "No. Gli incidenti sono aumentati, perché con la tecnologia è aumentata l’illusione che sia uno sport sicuro. La sicurezza è un 'sesto senso' che la tecnologia è andata sempre di più a sopire".
LA REDAZIONE
Nota: Si ringrazia Paolo Centra (Universal Pictures International Italy)
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