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    L'INTERVISTA

    DRIVE - INTERVISTA al regista NICOLAS WINDING REFN e al produttore FULVIO LUCISANO (A cura dell'inviata SARA MESA)

    09/12/2011 - FULVIO LUCISANO: "Quando ho visto il film non ho perso un minuto e l’ho comprato subito, dieci giorni prima che vincesse il premio a Cannes. Era eccezionale. Abbiamo fatto delle anteprime gratuite che son ben riuscite e siamo sicuri che avrà successo".

    A casa ha l’opera omnia di Melville? Drive è un film di samurai che manca da tempo sugli schermi. La produzione fascinosa è di stile hollywoodiano, ma la violenza è così crudele e spietata da suscitare un senso di rifiuto nello spettatore.

    NICOLAS WINDING REFN: "Sono un grande ammiratore di Melville, ho tutti i suoi film. Ciò che trovo più interessante di lui è che fa dei film sulla mitologia americana con una sensibilità europea, come facevano anche Leone e Murnau, che negli anni ’20 andò in America a girare i suoi film. Il risultato migliore si ottiene fondendo hollywood e la sensibilità europea. Nessuno sa mettere in scena tanta violenza quanto gli italiani. Ho tratto molta ispirazione anche dalle storie dei fratelli Grimm, leggendole a mia figlia ne ho potuto apprezzare la struttura: iniziano in modo calmo ed innocente e ad un certo punto scatta la violenza, mantenendo però una morale perché alla fine i buoni vincono sempre sui cattivi. Così nella prima metà del mio film c’è l’illusione dell’amore senza complicazioni e dopo si aggiunge la violenza per rafforzarlo e creare un’iperrealtà che è meglio del cinema. L’arte è così, io sono un regista feticista, faccio quello che voglio vedere, illustro la mia realtà, ma non sono un tipo violento, se qualcuno mi colpisce muoio".

    La violenza è il motore del film, serve anche a far emergere maggiormente i momenti più intimi e romantici?

    N. W. REFN: "Si".

    Che vuol dire «nessuno meglio degli italiani mette in scena la violenza»? Ce n’è molta anche nei film hollywoodiani.

    N. W. REFN: "Nel cinema d’azione americano si, ma in quello italiano è tutto più bello e poetico. Non sono cresciuto con i vostri maestri: Fellini, Rossellini ecc. I miei genitori erano degli hippies a New York e tutto ciò che conteneva violenza o era americano era fascista, mentre ciò che era europeo era fantastico. Non potevo drogarmi perché lo facevano loro, non potevo fare musica perché la faceva mia mamma, così per ribellarmi guardavo i film di Dario Argento, Sergio Leone e gli altri; loro mi hanno ispirato e alla fine è naturale che diventi come le persone che ti hanno appassionato".

    Com’è cambiato dopo il premio vinto a Cannes?

    N. W. REFN: "Lì per lì è fantastico, con De Niro che ti consegna il premio e ti dice che è il miglior film noir che abbia mai visto, ma poi la vita va avanti, con i figli, la cena da comprare e i film da girare. L’unico vantaggio è che se ti chiedono delle garanzie sul tuo talento fai vedere il premio".

    Il binomio musica-colore non è naturalistico, è molto simile all’uso che ne fanno Argento ed altri registi italiani. Quanto il suo cinema cerca di riportare sullo schermo le sensazioni del cinema americano ed europeo della fine degli anni ‘70?

    N. W. REFN: "Sono cresciuto negli anni ’80 perciò vi sono questi elementi nei miei film. Non so sempre cosa faccio e perché, a volte lo capisco dopo e la volta seguente cerco di fare diversamente. Ci sono cose con cui magari sei ossessionato mentre giri un film, ma non voglio ripetermi, è una cosa che mi terrorizza. Ho preso molto da Argento, Jacopetti e Prosperi, molto sottovalutati, anche nel finale del film volevo che la colonna sonora si sincronizzasse con i movimenti di macchina, perciò Drive è quasi un film italiano".

    Vuole che la sua arte ispiri qualcosa? L’amore assoluto e ai limiti dello psicopatico che si vede nel film per lei è così anche nella realtà?

    N. W. REFN: "Non sono politico nei miei film, non ho messaggi da comunicare, ognuno reagisce a modo suo, ha una reazione e prova un’emozione individuale davanti alle immagini. Il puro amore è un’emozione violenta e nel mondo di Driver c’è questo amore impossibile da vivere. Io comunque ho avuto solo una fidanzata".

    E’ molto teso come film, ma c’è spazio anche per le risate, come la battuta sui film europei che sono un po’ “chic”. Era un occhiolino ai produttori alla Weinstein?

    N. W. REFN: "Quando eravamo in fase di scrittura mi sembrava interessante, poi leggendola è risultata perfetta. Quello di cui si parla ad hollywood, dove ho vissuto 8 mesi, è se il film ha incassato o no e mai se è bello o no, se non ha incassato è troppo europeo, mi è sembrato carino metterlo nel film".

    Ci sono molte similitudini con Driver l’imprendibile di Walter Hill. Quanti elementi sono già nel libro e quanti nel film?

    N. W. REFN: "Driver non ha mai avuto una buona versione video perciò l’ho visto solo quando ho girato il film per documentarmi su Los Angeles, quindi per me Drive è molto diverso, ma penso che lo scrittore l’abbia visto e vi si sia ispirato in qualche modo, perciò io ne ho subito un’influenza indiretta tramite il romanzo. Io comunque amo molto Hill".

    Lei viene dal Nord Europa dove c’è un forte pacifismo esterno e un tumulto interiore, per questo nei suoi film esplode la violenza?

    N. W. REFN: "A noi scandinavi non piace mostrare molto la violenza e le nostre emozioni, siamo molto introversi, usciamo poco per il freddo e siamo invidiosi degli altri, ma non lo diciamo perché bisogna comportarsi bene. Io sono cresciuto a New York dove puoi fare ciò che vuoi, è molto diverso dalla cultura danese, perciò per me è difficile vivere in Danimarca perché sono un tipo molto emotivo".

    A che punto è il nuovo film?

    N. W. REFN: "Il prossimo film inizieremo a girarlo a natale a Bangkok, si basa su ciò che vorrei vedere, ma ancora non so cosa sia (ride). I protagonisti sono Ryan Gosling e Kristin Scott Thomas".

    Cosa pensa sua mamma dei suoi film?

    N. W. REFN: "La tua vita come uomo è tutta basata su tua madre. Ho lasciato casa a 24 anni per mia moglie così ora ho due donne forti accanto. Quando ero piccolo mia madre mi diceva che ero un genio per qualsiasi cosa e ora non si concentra sulla violenza dei miei film, ma sull’amore e mi dice: 'guarda che bella love story hai fatto'. Odia la violenza perciò anche in Bronson ha notato solo le scene spettacolari".


     
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