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    L'INTERVISTA

    MELANCHOLIA - INTERVISTA al regista LARS VON TRIER (A cura di NILS THORSEN) - (III. PARTE)

    24/10/2011 - INTERVISTA a cura del giornalista NILS THORSEN al regista LARS VON TRIER per il film MELANCHOLIA (III. PARTE)

    SOLI NELL’UNIVERSO

    LARS VON TRIER si alza, va al computer e comincia a cercare su Internet. “Sono le due sorelle a parlare di questa solitudine. L'idea mi è venuta ascoltando il remix 'Allein, alene' (Soli, soli) dei Nephew”, dice da dietro lo schermo del computer, seduto alla sua scrivania. “Mi sembrava interessante l'idea che potessimo essere soli nello spazio. In realtà è totalmente irrilevante, ma non per me. Se sulla Terra scompare la vita ma altrove ci sono cellule da cui si può ripartire, è un conto. Ma se altrove non c'è vita, be', allora è finita e basta”.

    Quindi non è vero 'naufragio e morte improvvisa' se non muore TUTTO QUANTO?

    LARS VON TRIER: “No, deve finire tutto”, sorride. “Ed è un'idea spaventosa. Fa tremare pensare che siamo terribilmente soli, persi nello spazio”.

    LARS VON TRIER: “Ah!”, esclama da dietro lo schermo del computer, “c'è un video con i pianeti! Non l'avevo mai visto”, dice. "Poi parte la musica: prima una serie di accordi d'organo, e poi il ritmo, semplice e meccanico. Segue il canto. Infine il ritornello: Allein, allein – soli, soli. E' difficile immaginare che non ci sia vita in nessun altro luogo. Ma Justine lo sa”, spiega il regista, mentre torna a sedersi sul divano. “Sarebbe interessante se qualcuno entrasse da quella porta e dicesse: 'Ehi, hanno scoperto che non c'è vita da nessun'altra parte. Ooops!'".

    Nella seconda parte del film, il matrimonio è finito e il pianeta si sta avvicinando alla terra. E ora, all'improvviso, è la sorella maggiore Claire a entrare in crisi, mentre Justine riacquista sempre di più il controllo. Il marito di Claire, Kiefer Sutherland, è uno dei classici personaggi di VON TRIER: "un uomo razionale che analizza le cose e crede di poter spiegare tutto. Questa volta vuole spiegare perché il pianeta non colpirà la terra. Per tutto il film rassicura sua moglie. Ma a un certo punto smette di farlo, e allora lei… si sente allein, allein”, sorride. "Ma le sorelle in fondo non sono così diverse. Hanno la stessa madre pazza che ha smesso di credere in qualsiasi cosa e si è chiusa nel più assoluto cinismo. Non desidera niente. Claire ha dovuto sempre fare da madre alla sorella minore, e quando devi prenderti cura degli altri, devi essere forte per forza”.

    Perché Claire va sempre più in crisi man mano che il pianeta si avvicina?

    LARS VON TRIER: “Perché ha qualcosa da perdere: per esempio, un figlio. Non ha desideri inappagati. Apprezza le cose che ha. Mentre Justine non ha niente da perdere. E' una depressa, e quando sei depresso c'è sempre qualcosa che non puoi avere. Non hai niente e non puoi perdere niente”.

    Quindi, se apprezzi quello che hai sei più vulnerabile?

    LARS VON TRIER: “Sì! E noi depressi saltiamo quel passaggio. Forse è un modo per sopravvivere. Così non devi soffrire per le cose che perdi”, dice. E aggiunge con una risatina: “Ma nel complesso, i miei personaggi si detestano abbastanza. Si deludono a vicenda”.

    Quello tra le due sorelle sembra un rapporto di grande affetto…

    LARS VON TRIER: “Sì, soprattutto alla fine. Credo che a quel punto si ritrovino. Anche questo fa pensare a un lieto fine: il fatto che i due opposti si fondano insieme. Hanno modi di reagire diversi, certo. Ma prima erano due, e alla fine diventano una persona sola”.

    L’ultimo film del mondo

    Prima dell'inizio delle riprese, PENÉLOPE CRUZ ha rinunciato a causa di altri impegni precedenti, e il suo ruolo è andato a KIRSTEN DUNST. La collaborazione con la DUNST è stata una piacevole sorpresa, spiega VON TRIER: “E' un'attrice coi fiocchi. Molto più raffinata di quanto pensassi. E aveva il vantaggio di avere sofferto di depressione lei stessa. Come tutte le persone sensibili”, osserva. “Mi ha aiutato molto. Anzitutto, aveva scattato delle foto di se stessa in quel periodo, quindi ho visto che aspetto aveva: era presente e sorridente, ma con lo sguardo perso nel vuoto. E' riuscita a rendere quello sguardo perfettamente”.

    Se chiedete a VON TRIER quello che pensa del film, è più difficile ottenere una risposta. “Quando lo vedo, sono soddisfatto. Ma l'ho visto talmente tante volte che a questo punto non ne posso più”, commenta. E dopo qualche istante di esitazione, aggiunge: “Charlotte Gainsbourg ha detto una cosa che mi ha fatto molto piacere: è un film strano!”, ride. “E meno male, perché avevo paura che non lo fosse abbastanza”.

    In che senso?

    VON TRIER: “Be', avevo paura che fosse venuto troppo 'gradevole'. Mi piace il suo lato romantico. Il pathos. Ma è qualcosa di pericolosamente vicino al 'gradevole'. Insomma, il confine tra il romantico e il banale è sottile…

    Non ci sarebbe niente di male se anche fosse 'gradevole', non credi?

    LARS VON TRIER: “Certo! Se c'è un'idea dietro. 'Antichrist' mi dava una meravigliosa sensazione di grezzo, non-rifinito. 'Melancholia' non lo so. In realtà, lo volevo così, elegante e raffinato. Ma spero che la gente ci troverà anche qualcos'altro, sotto la superficie patinata. Sarà solo più difficile arrivarci, rispetto ad 'Antichrist'”.

    In 'Antichrist' non hai potuto fare a meno di scoprirti? Di giocare a carte scoperte

    LARS VON TRIER: “Esatto. Questa volta, puoi scivolare sulla superficie levigata del film. Lo stile è raffinato, ma sotto c'è la cruda sostanza, il contenuto. Solo che per arrivarci devi andare oltre la patina di raffinatezza superficiale. Il peggio è stato quando quelli della Nordisk Film hanno detto che 'ci sono delle bellissime immagini'”, ride. “Ero distrutto. Perché se adesso faccio film che piacciono alla Nordisk, smetto domani

    Non è bastato averci messo la fine del mondo?

    LARS VON TRIER: “Spero di sì. Se non altro, il pianeta che si avvicina garantisce una certa suspence: è difficile immaginare una tensione più alta quando c'è un pianeta dieci volte più grande della terra che si sta avvicinando e che ci investirà in pieno. Immagino che sarà questo a impedire al pubblico di alzarsi e andarsene a metà del film. Anche Thomas Vinterberg ha fatto ha detto una cosa molto giusta”, aggiunge, “dopo aver visto il film”. E prosegue ridendo: “Come si fa a fare un altro film, dopo questo?

    LA NINFOMANE

    Nel caso di LARS VON TRIER, la risposta è semplice. Ti alzi la mattina, fai la tua passeggiata, vai al lavoro e cerchi nel mondo altri spunti interessanti da tradurre in immagini che possano magari anche arricchire il vocabolario del cinema. Tutto questo ha anche il considerevole effetto collaterale di consentire al regista di tenere a bada la sua depressione. Ecco perché negli ultimi tempi i suoi film escono a brevi intervalli l'uno dall'altro, tant'è vero che, da quello che l'intervistatore ha potuto capire, ha già una nuova idea in mente. Ma lo rivela per vie traverse. Prima quando gli parla dei libri che sta leggendo: I Buddenbrook di Thomas Mann e L'idiota e I fratelli Karamazov di Feodor Dostoevskij.

    LARS VON TRIER: “Vorrei proprio sapere perché i film devono essere così stupidi!”, sbotta. "Perché tutti i dialoghi devono parlare di qualcosa? La trama. Nei libri, anche quando c'è un filo conduttore è solo una traccia!” dice posando l'indice sul tavolo per qualche istante, prima di puntarlo di nuovo in aria. “Se ne riparla qua e là di sfuggita… Invece un film è completamente legato alla trama. Neppure un film di Tarkovskij si avvicinerà mai alla profondità di un romanzo. Sarebbe divertente prendere alcune delle qualità di un romanzo – per esempio quando i personaggi parlano a macchinetta, che è quello che mi piace in Dostoevskij – e trasportarle in un film”.

    Che effetto farebbe, al cinema?

    LARS VON TRIER: “Be', anche questa stanza contiene mille storie nascoste, che potrebbero essere incluse. C'è un sacco di materiale che non emerge da un'immagine. Per esempio, la storia di questa sedia: com'era usata prima, e perché è proprio questa sedia ad essere qui ora, e non una qualsiasi altra”.

    In sostanza, stai dicendo che esiste una profondità narrativa che di solito nel cinema viene percepita come 'divagazione'?

    LARS VON TRIER: “Sì. Perché la bottiglia ha quella forma?”, e con un cenno della testa indica una bottiglia sul tavolo. “Perché beviamo quell'acqua? Perché costa meno? Oppure: com'è nato quel codice a barre?

    Non sappiamo se nel prossimo film di VON TRIER si parlerà di codici a barre. E' più probabile che si parli di sesso. In ogni caso, all'improvviso dichiara: “Ho dato a Peter Aalbæk la scelta fra due titoli: 'Merda nella piaga da decubito' o 'La ninfomane'. Ha detto che secondo lui un film che si intitola 'La ninfomane' si vende meglio…”, ride.

    Vuoi fare un film su questo?

    LARS VON TRIER: “Sto facendo ricerche sulla ninfomania. E il marchese de Sade. Ho scoperto che il 40% di tutte le ninfomani sono anche autolesioniste, si tagliano. Del resto, è politicamente scorretto parlare di ninfomania perché l'idea stessa sembra indicare una nostra incapacità di fare i conti con la sessualità femminile. Da quello che ho capito, molte non riescono a soddisfarsi, quindi usano il sesso come i tagli sulla pelle, perché è qualcosa che controllano. E sotto cui nascondono una paura o un dolore”.

    Resta in silenzio, con lo sguardo fisso davanti a sé, per un po'. “Ma un film su una donna che passa tutto il tempo a scopare non è divertente”, riflette. “Sarebbe soltanto un film porno”.

    Non sembra affatto solo nell'universo, VON TRIER, mentre se ne sta seduto sul suo grande divano a pensare a un nuovo film. Anche se ci si chiede se quello di cui ha parlato sia proprio il suo prossimo film.

    Allora, siamo soli nell'universo o no?

    LARS VON TRIER: “”, risponde. “Ma nessuno vuole rendersene conto. Continuano tutti a darsi da fare per volare sempre più lontano nello spazio, verso il fuori”, ride. “Lasciate perdere! Guardate dentro!."

    LA REDAZIONE


     
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