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    Home Page > Ritratti in Celluloide > L'intervista > COSA VOGLIO DI PIU' - INTERVISTA al regista SILVIO SOLDINI , agli sceneggiatori e al cast tra cui ALBA ROHRWACHER e PIERFRANCESCO FAVINO (A cura dell'inviato FRANCESCO ANZELMO)

    L'INTERVISTA

    COSA VOGLIO DI PIU' - INTERVISTA al regista SILVIO SOLDINI , agli sceneggiatori e al cast tra cui ALBA ROHRWACHER e PIERFRANCESCO FAVINO (A cura dell'inviato FRANCESCO ANZELMO)

    28/04/2010 - Il 30 aprile esce nelle sale, COSA VOGLIO DI PIU', l'ultima fatica del regista SILVIO SOLDINI, un film che in punta di piedi si affaccia con sguardo discreto su uno spaccato della società odierna e dei suoi problemi economici incalzanti. SOLDINI si mostra interessato ad un punto di vista particolarmente vicino ai suoi personaggi, giocando su vari piani, con una tecnica che sfiora il documentario, dall'amore declinato nel suo aspetto extraconiugale, alla famiglia, al “ventisette” sempre più irraggiungibile per la crisi imperante. In sala il regista e il cast con gli sceneggiatori si raccontano, e mostrano i loro punti di vista, il loro immedesimarsi o meno in queste storie così vere e cosi poco cinematografiche. COSA VOGLIO DI PIU' è un film difficile, che non ammalierà i più, ponendosi come obiettivo una mimesi quanto più fedele. Il cast da PIERFRANCESCO FAVINO ad ALBA ROHRWACHER, compresi tutti i personaggi minori, cui SOLDINI dà molta importanza, sono soddisfatti del modo in cui il regista ha gestito anche le scene più difficili e imbarazzanti, per via di alcuni nudi cui i protagonisti si prestano.

    Come avete gestito, il nucleo tematico del film, il tradimento, e soprattutto l'eventuale imbarazzo per le varie scene di sesso?

    PIERFRANCESCO FAVINO: "Penso che questo lavoro sia un film a più strati e quindi non credo sia un film sul tradimento ma sulle caratteristiche diverse dell'amore ovvero quello sponsale e quello passionale. Quando queste due cose s'incontrano creano un problema di condizione reale che è sempre più diffusa ovvero la difficoltà di portare avanti un nucleo familiare e - in questo caso- potersi vivere una storia parallela. E' un tema a me caro quello del pericolo che alcune condizioni pratiche, come in questo caso la condizione economica, possano determinare le possibilità emotive delle persone. Per quanto riguarda l'imbarazzo, se ci fosse stato non avremmo fatto questo film, e poi c'è stata la maestria e la grazia di Silvio, e la disponibilità di Alba e mia, per poter affrontare questa cosa".

    ALBA ROHRWACHER: "Condivido tutto quello che ha detto Pierfrancesco. Per quanto riguarda la difficoltà di girare le scene di passione e di sesso, la fiducia reciproca unita al fatto di sentirsi in un ambiente che rispettava i nostri corpi e le nostre insicurezze ci ha aiutato molto".

    Si può parlare di un amore al tempo della crisi economica, per quanto riguarda la travolgente storia d'amore raccontata nel film tra Anna e Domenico?

    TERESA SAPONANGELO: "Mi ha molto colpito come in questi ultimi tempi ci sono questi articoloni sui separati che vengono descritti come i nuovi poveri. E' particolare il modo delicato in cui Silvio Soldini affronta questo tema perché la passione che spesso al cinema è stata rappresentata come una possibilità di miglioramento di tante situazioni frustranti nell'ambito familiare, può invece essere anche un elemento distruttivo. Tutto questo secondo me cinematograficamente è difficile da recepire. Il regista però ha toccato finemente una serie di pieghe come la passione e il tradimento che non sono argomenti prettamente romantici".

    GIUSEPPE BATTISTON: "Sono rimasto colpito da come Silvio abbia saputo raccontare in una maniera profonda una realtà che non gli appartiene".

    Questo film ricorda 'Breve incontro' di David Lean, che è un film che in qualche maniera ha molto in comune con 'Cosa voglio di più' soprattutto per l'inquietudine di Anna che scatena tutte le vicende del film. Forse se lei fosse rimasta con Favino quel muro fatto di centri commerciali, di palazzi e di problemi economici l'avrebbe inghiottita lo stesso, quindi era immaginabile un finale drammatico basato su una tragedia personale. Nel momento finale della scrittura, la sceneggiatura poteva prendere un'altra direzione?

    DORIANA LEONDEFF (sceneggiatrice): "Io ho una passione per i treni e per i racconti in cui il treno è un luogo deputato; sinceramente scrivendo non avevo pensato al film di Lean, evidentemente qualcosa è rimasto dentro come ad esempio gli incontri fugaci. 'Breve incontro' è un film che io ho amato molto e mi sembra che in questa storia che si consuma in questi sfondi che non hanno nulla di glamour ci sia comunque un romanticismo di base come l'incontro tra queste due persone. Il finale mi rendo conto che è una crisi difficile da sostenere, tra la pagina scritta e lo schermo c'è uno scarto sorprendente. Anna lascia sia Domenico che questo grande amore ma non è detto che torni da Alessio; per me personalmente non è scontato anzi io mi auguro e spero fortemente che questa cosa serva ad Anna come scatto nella sua vita. Per me è un finale aperto".

    ANGELO CARBONE (sceneggiatore): "Penso che il futuro sia la cosa meno pragmatica che esista perché il futuro richiede un grande sforzo di immaginazione. Credo quindi che nell'ultima conversazione tra i due personaggi ci sia una volontà di immaginazione del futuro e per me Anna su quel treno si riprende la possibilità di immaginarsi nuovamente il futuro".

    SILVIO SOLDINI: "E' un finale che a me piaceva perché lascia tante cose su cui riflettere. I film che si dimenticano dopo due giorni sono dei film che non mi piacciono e che io evito di fare; in questo caso credo che finire sull'immagine di lei che prima piange e poi si riprende per me significa "io ce la farò". Anna preferisce chiudere così e forse sbaglia".

    Alba, come hai vissuto questo personaggio che vive un po' in bilico?

    ALBA ROHRWACHER: "Mi sono emozionata tantissimo, anche ascoltando solo il suono di un treno. Sicuramente è stata un'esperienza totalizzante, quando ci trovavamo nel camper durante la preparazione condividevamo l'idea di pensare questo film come qualcosa di viscerale. Era una storia faticosa da raccontare ma che ci ha coinvolto tutti e questo è avvenuto perché il gruppo di lavoro Ë stato un gruppo solido".


     
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