66 Mostra: Lido di Venezia 2 settembre 2009 MINI PRESS CONFERENCE & DINTORNI: BAARIA di GIUSEPPE TORNATORE
03/09/2009 -
Hotel Excelsior - Presenti: GIUSEPPE TORNATORE (regia), ENNIO MORRICONE (colonna sonora), MARGARETH MADE' (attrice), FRANCESCO SCIANNA (attore), MAURIZIO SABATINI (scenografo), GIAMPAOLO LETTA (produttore, Medusa Film).
Che cosa significa “Crediamo di abbracciare il mondo ma abbiamo le braccia troppo corte”?
GIUSEPPE TORNATORE: “Significa tante cose. Può essere una frase riferita all’eterno rapporto che c’è tra quello che vorremmo fare e quello che riusciamo a fare. Può essere un concetto che si può anche riferire alla consapevolezza dei nostri limiti o che ha a che fare con la nostra superbia quando ce l’abbiamo, e ce l’abbiamo spesso. E’ un concetto che mi piace molto
perché qualunque sia la spiegazione che ci troviamo ad assumere non può che essere dettata da totale sincerità. Non è una frase che può dire una persona non sincera”.
Cosa rimane agli attori di un film come questo e che cosa è stato difficile interpretare?
MARGARETH MADE’: “Per quanto mi riguarda, che vengo dalla moda ed è questa la mia prima esperienza come attrice, devo dire che l’aspetto più difficile è stato sicuramente la preparazione, i lunghissimi provini e soprattutto il dialetto, che credo sia stata forse la prova più difficile pur essendo siciliana: perché il dialetto da provincia a provincia
cambia, e a maggior ragione il dialetto baarioto rispolverato in qualche modo dal nostro regista. Per quanto mi riguarda questa esperienza mi ha profondamente cambiata perché è stato veramente un viaggio assoluto nelle emozioni, una dopo l’altra…”.
FRANCESCO SCIANNA: “Per me è stata semplicemente la realizzazione di un sogno perché è da quando avevo 15 anni che volevo fare un film del genere e, in breve,… credo che la cosa più importante sia riuscire a vivere per inseguire il proprio sogno, e questo è già sufficiente per poter vivere appieno la propria vita”.
E’ lei stesso a dire che nella passeggiata a
Bagheria si imparano molte più cose che non girando il mondo intero. Un piccolo centro può essere il centro del mondo?
G. TORNATORE: “Il discorso che tutti gli abitanti di un qualunque centro di provincia vivono il proprio paese come se fosse il centro del mondo è un fatto eterno. E’ sempre stato così. Credo che sia stato Stendhal ad aver detto: ‘se vuoi raccontare il mondo racconta il tuo paese. Fai prima’. Il fatto del dialetto c’entra fino a un certo punto. Adesso siccome questa faccenda è diventata una specie di emergenza, viene fuori sempre il problema del dialetto, ma
un piccolo centro di provincia forse per la sua caratteristica di essere un mondo ridotto ai minimi termini ti aiuta a capire meglio le cose che invece nel mondo vero è più difficile capire. E’ un mondo ridotto ai minimi termini che alle volte rende però più chiaro il rapporto tra il bene e il male, tra l’essere e l’apparire, il rapporto tra i sogni e le delusioni, le sorprese che talvolta la vita ti riserva. Tutti questi concetti in un centro piccolo riesci a metterli a fuoco meglio, ma questo riguarda qualunque piccolo centro di provincia, non solo quello
dove io sono nato, ma siccome io sono ancora lì … è lì che ho imparato a capire molte cose”.
Il ruolo dell’ironia nel film sembra centrale quanto la commozione.
G. TORNATORE: “Era un’idea presente fin dall’inizio, da quando ho iniziato a raccogliere il materiale che poi ho raccolto in tanti, tanti anni. Ho immediatamente sentito che lo spirito del film doveva essere continuamente articolato tra l’ironia, addirittura la comicità, ove fosse stato possibile, e il dramma - per usare un luogo comune che nel cinema prima veniva citato spesso, specialmente dai produttori, oggi non più - una volta si diceva ‘se
un film riesce a far ridere e piangere contemporaneamente è un buon film’. Ma queste vecchie ricette oggi non se le ricorda più nessuno. Ecco, io mi dicevo, ‘chissà, se raccontando questa storia si può riuscire a riapplicare, magari in parte, quel tipo di ricetta, che io trovavo pertinente alla storia, non che volessi applicarla freddamente, solo per strategia. Ed effettivamente poi nello sviluppo della storia, era perfetto il clima. E poi, una delle tante cose per esempio che s’impara in un paese come Bagheria andando avanti e indietro per anni, è che in realtà nella vita si può ridere di tutto, anche delle cose più tragiche, e allora può anche accadere che nel momento in cui un personaggio importante sta per morire, il dramma si ribalti in un attimo in una situazione totalmente comica, come accade per esempio per la morte di Cicco che è una delle mie scene preferite”.
Saranno sicuramente fieri e orgogliosi gli italiani emigrati nel mondo e i siciliani che andranno a vedere il suo film, in cui è presente il tema dell’immigrazione e c’è anche un impegno…contro la mafia?
G. TORNATORE: “Nel film si parla di molte cose. E’ un film corale molto complesso, ci sono anche echi che riguardano l’emigrazione e il problema della mafia ma ci sono anche tantissime altre cose. Non è un film pensato solo per un pubblico siciliano, anzi è l’opposto: è una storia ambientata in un luogo circoscritto, siciliano, ma che vuole parlare a tutti e spero che riesca a parlare veramente a tutti e non soltanto ai siciliani emigrati in giro per il mondo”.
Le voci che sentiamo alla fine? Quanto conta l’eleganza nel senso della dignità del personaggio?
G. TORNATORE: “Per un personaggio che ha delle origini così umili e che di pari passo con l’evoluzione del proprio modo di vedere il mondo, con la sua istruzione e presa di coscienza politica, l’orgoglio, la fierezza, l’amor proprio, sia pure in un contesto umilissimo come quello dal quale lui nasce, l’essere attento al modo di vestire, l’essere elegante, anche se non si può permettere vestiti di grande qualità, mi sembrava un’idea straordinaria. Per quanto riguarda le voci alla fine, sono frammenti di registrazioni vere. Non è un prodotto del doppiaggio o delle riprese del film. Molte sono registrazioni che ho fatto io da ragazzo, altri sono frammenti che ho trovato adesso. Cito a memoria: c’è Ignazio Buttitta, uno dei più importanti poeti dialettali italiani, Renato Guttuso, Dacia Maraini, Ferdinando Scianna, c’è una breve frase detta da mio padre durante una conversazione che avevo registrato. Poi c’è un pastore, un altro poeta importante…, c’è la voce di un ex sindaco di Bagheria nel momento in cui si insedia nel consiglio comunale e fa il giuramento, c’è una casalinga, una vecchia che gestisce una trattoria dove in genere andavano a mangiare gli artisti che non avevano soldi e lei li faceva mangiare così, rinviando a chissà quando il pagamento. Sono tutti personaggi del mio paese. C’è un personaggio politico che io ho amato moltissimo, l’Onorevole Giuseppe Speciale, che nel ’79 a Bagheria era il consigliere più anziano del mio gruppo e io ero il consigliere più giovane… Tutti e due facevamo parte dello stesso gruppo, quello comunista. Sono piccoli frammenti che io ho amato molto utilizzare nei titoli di coda insieme a dei rumori che voi avete sentito, anche questi registrati a Bagheria. Il tutto inserito in un contesto musicale ordito dal mio amico e complice Ennio Morricone, come se fosse proprio una partitura. Abbiamo usato queste voci e questi rumori proprio come se fossero degli elementi musicali. Aggiungo…Le immagini che ci sono alla fine nei titoli di coda, sono in parte in bianco e nero e in parte a colori. Sono, nell’uno e nell’altro caso, immagini girate in 8 mm.: quelle a colori quando avevo 10 anni, e le ho girate io e quelle in bianco e nero quando avevo 11 anni. Avevo smarrito queste immagini, le ho ritrovate qualche anno fa e quando le ho ritrovate mi sono detto: se un giorno dovessi riuscire a fare Baarìa le metterò”.
ENNIO MORRICONE: “Io non riesco neanche tanto a parlare di questo film, .tutti mi dicono che quando io mi metto a scrivere la musica per un film lo amo molto, fa parte del mio dovere amarlo però questo film lo amo molto di più, perchè credo che sia uno dei più alti momenti della fantasia e poesia di Tornatore. Io amo i film di cui sono parte integrante ma riesco ad essere obiettivo quando parlo, e se questo fosse un film non riuscito, alla fine io non ne parlerei così bene”.
(…)
(A cura di PATRIZIA FERRETTI)
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