I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - BAFTA 2022: 2 Nominations, come 'Miglior Film Internazionale e 'Miglior Casting' - Da Venezia 78. - Dal 24 Novembre - Paolo Sorrentino torna nella sua Napoli, vent’anni dopo il suo esordio con L’uomo in più
"Sono emozionato all’idea di tornare a girare a Napoli, vent’anni esatti dopo il mio primo film. 'È stata la mano di Dio' è, per la prima volta nella mia carriera, un film intimo e personale, un romanzo di formazione allegro e doloroso. Questo film, per me, significa tornare a casa"
Il regista e sceneggiatore Paolo Sorrentino
(The Hand of God; ITALIA 2020; biopic; 130'; Produz.: The Apartment/Fremantle; Distribuz.: Lucky Red (Netflix dal 15 Dicembre))
Il titolo è un chiaro riferimento a Diego Armando Maradona (uno dei miti dichiarati del regista) e alla storica frase pronunciata dal campione argentino in occasione di un clamoroso gol segnato di mano ai Mondiali del 1986.
Roberto Oliveri (Maurizio) Alfonso Perugini (Dante Ferretti)
Musica: Lele Marchitelli
Costumi: Mariano Tufano
Scenografia: Carmine Guarino
Fotografia: Daria D'Antonio
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Effetti Speciali: Rodolfo Migliari, Pasquale Catalano e Fabio Traversari
Makeup: Federico Carretti
Scheda film aggiornata al:
18 Febbraio 2022
Sinossi:
In breve:
Negli anni ottanta Fabietto Schisa è un diciassettenne napoletano la cui vita viene cambiata da due avvenimenti: l'arrivo di Maradona al Napoli prima e un grave incidente che interrompe la felicità familiare poi.
Il film è ambientato negli anni Ottanta a Napoli e racconta la storia di un giovane di nome Fabio, noto come Fabietto (Filippo Scotti), che vive nel capoluogo partenopeo. Il ragazzo avrà l'occasione di vivere uno dei sogni più grandi degli amanti del calcio, quando giunge nella sua città il goleador Diego Maradona, ma a questa grande gioia si accompagnerà una tragedia inaspettata, che sconvolgerà la sua vita.
Ma il destino gioca brutti scherzi e Fabietto avrà modo di imparare come, in questo caso, felicità e sconforto, gioia e tragedia siano intrecciate tra loro così tanto da determinare insieme il suo futuro...
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Ho fatto quello che ho potuto, non credo di essere andato così male†Diego Armando Maradona
E’ dunque in una di quelle famiglie allargate con parenti e conoscenti, nel cuore di Napoli, che cresce il giovane Fabietto: personaggio chiave, all’avanscoperta della vita con le sue passioni, ad esempio per l’avvenente e un po' pazza zia Patrizia
(Luisa Ranieri), e per il calcio, che l’acquisizione di Maradona al Napoli rende un appuntamento immancabile. Personaggio chiave che purtroppo l’interprete Filippo Scotti ha reso fin troppo acerbo e imbambolato, quasi senza spina dorsale. La famiglia unita, con il padre Saverio (Toni Servillo), la madre Maria (Teresa Saponangelo) - unità incrinata da un tradimento che innesca nella moglie una di quelle sceneggiate napoletane, per l’appunto, in punta di isterismo - il fratello maggiore, e le numerose ingerenze quotidiane, tra cui la baronessa e la cosiddetta ‘signora gentile’ a puro titolo sarcastico. Personaggi del popolo che potrebbero essere affrescati su qualche quadretto locale per il verismo che li caratterizza. Un verismo in cui Sorrentino abbonda fino ad eccedere nelle stesse riprese, quasi in tempo reale: i tempi sono lunghi, ma grazie a Dio si pensa a smorzare la riflessione seria con un genere di umorismo che rispecchia alla perfezione il carattere
napoletano. Gente del popolo - alcuni finiti in carcere - che ha dalla sua quella città che Sorrentino omaggia in ogni modo: riprese del mare, con i suoi scorci unici o del paesaggio cittadino, con i suoi vicoli, i suoi portoni, i suoi umori. Riprese che sono una vera e propria dichiarazione d’amore.
Ora, in un omaggio di questo genere, di marca semiautobiografica, poteva mancare il cinema? Il cinema è la vera costante protagonista del film, al punto che, dopo un dramma improvviso che colpisce la famiglia Schisa, sarà il futuro del ragazzo. Un futuro che possiamo solo immaginare dai riflessi sul finestrino di un treno che porterà quel ragazzo a Roma.
“Il cinema non serve a niente, ma ti distrae da una realtà scadente†disse Federico Fellini ad un giornalista. Sorrentino si ferma a pensare più e più volte sul registro cinema, attraversando il rito dei provini, facendo riecheggiare
persino la voce chioccia del grande Maestro quando fa affiggere tutta una serie di immagini di star femminili su una bacheca. Il cinema in ogni sua venatura, in ogni passaggio, così come quello naturale osservato per strada tra la gente o in famiglia. Ritratti autentici e pulsanti, un pezzo di cuore che ti appartiene per la vita, anche se te ne sei andato altrove. Se non fosse stato per quella ‘mano di Dio’ quel ragazzo ancora acerbo, sarebbe rimasto ancora a lungo il cocco di mamma, e invece, quando si dice il destino! Un ragazzo tutto da farsi, innamorato del teatro, e se le citazioni di Fellini si sprecano, passando per il rustico ma schietto regista Antonio Capuano, e per l’adorata pellicola C’era una volta in America di Sergio Leone, una cosa è certa: “nessuno se ne va veramente da questa città â€. Sorrentino mette in bocca queste parole al regista
Antonio Capuano, ma suonano come un’autoconfessione d’amore sublimata dalle struggenti note di Pino Daniele nella mitica Napule sui titoli di coda.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)