RECENSIONE - I âRECUPERATIâ di âCelluloidPortraitsâ - Sean Penn torna alla regia e questa volta dirige la collega e (ora ex compagna) Charlize Theron, qui al fianco di Javier Bardem - Dal 69. Festival del Cinema di Cannes - Dal 29 Giugno - Preview in English by OWEN GLEIBERMAN (www.variety.com)
"Il mondo vive un brutto momento ed è importante chiedersi cosa una storia debba raccontare e su cosa debba focalizzarsi: questa pellicola ha tutti quegli elementi per rispondere alla domanda e inoltre mi toccava lâintersezione di una storia dâamore in un contesto di guerra. Il soggetto mi suggeriva tante domande e io credo siano sempre piĂš importanti le domande che non le risposte quando ci si imbarca in un progetto creativoâ.
Il regista Sean Penn
(The Last Face; USA 2015; Drammatico; 130'; Produz.: FilmHaven Entertainment/Gerber Pictures/Matt Palmieri Productions/River Road Entertainment; Distribuz.: 01 Distribution)
Miguel (Javier Bardem), un coraggioso medico spagnolo, ha fatto del suo lavoro una missione, portando aiuto alle vittime delle sollevazioni militari in Africa. In Liberia incontra Wren (Charlize Theron), portavoce di un'organizzazione internazionale che fornisce assistenza medica ai paesi in via di sviluppo. Sullo sfondo di una guerra civile, tra i due nascerĂ un'appassionata storia d'amore.
In altre parole:
Il tuo ultimo sguardo racconta la storia dâamore tra il Dr. Miguel Leon (Javier Bardem), un medico impegnato in una missione di aiuto sanitario, e la Dr.a Wren Petersen (Charlize Theron), direttrice di una organizzazione umanitaria. Sullo sfondo di una Liberia devastata dalla guerra, Miguel e Wren dovranno trovare il modo per mantenere vivo il loro rapporto, in condizioni estremamente difficili, e affrontare anche il problema che le loro opinioni per risolvere il conflitto che li circonda sono diametralmente opposte.
Short Synopsis:
A director (Charlize Theron) of an international aid agency in Africa meets a relief aid doctor (Javier Bardem) amidst a political/social revolution, and together face tough choices surrounding humanitarianism and life through civil unrest.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Quel che si dice: unâoperazione ardita quella inoltrata da Sean Penn come regista ne Il tuo ultimo sguardo (The Last Face). Lâambizione di raccontare una storia affondando la lama nelle vergognose contraddizioni della nostra contemporaneitĂ , allâombra delle aree territoriali e dei popoli piĂš poveri e per di piĂš soggiogati da guerre intestine ad oltranza. Si assiste altresĂŹ ad un fenomeno - ben noto ma su cui si preferisce soprassedere - che è quello dei bambini soldato, para narcotizzati con sostanze stupefacenti coniugate a un criminale lavaggio del cervello, affinchè possano commettere crimini al pari degli adulti. Ma a Sean Penn, animo ed arte di marca indipendenti, questo non bastava. Ed ecco che spunta lo sguardo elitario della piĂš improbabile delle coppie, due medici senza frontiere dalle visioni diametralmente opposte sul da farsi in Sud Africa: lui (il Miguel di Javier Bardem) medico da campo che non conosce altro modo per
aiutare, se non quello di restare a svolgere il proprio lavoro, salvando vite o accompagnarle nellâultimo viaggio; lei (la Wren di Charlize Theron), con la memoria di un padre ingombrante, anchâegli medico sul campo come Miguel, che crede fondamentalmente sia meglio affrontare il problema alla radice, sensibilizzando e coinvolgendo gli organi preposti per porre fine a tale scempio. Troppo bella e curata per essere credibile in questo ruolo per sua natura âstropicciatoâ?! Direi di no. Charlize è sempre di una bellezza âimperativaâ in ogni ruolo (salvo poche eccezioni) e comunque la sua Wren viene dalla âscrivaniaâ, per cosĂŹ dire, al campo ci arriva temporaneamente, scoprendo presto che non può restare e dunque è, al contrario, estremamente credibile. Eâ un dato di fatto che Charlize Theron, con al fianco Javier Bardem, bucano lo schermo per intensitĂ emotiva, mentre Sean Penn avvolge letteralmente su di loro la macchina da presa in frammenti
visivi che fanno da sempre la storia del cinema dâautore. Un cinema di sguardi, appunto.
Si diceva, scempio fisico e morale. Uno scempio a tutto tondo a cui Sean Penn non si sottrae e non vuole assolutamente sottrarre lâocchio dello spettatore, che deve vedere, toccare con mano, arrivare quasi a tapparsi le orecchie durante le incalzanti ed improvvise guerriglie feroci e distogliere lo sguardo da abusi inimmaginabili, da ferite aperte, e da morti precoci e terribili, laddove ci si può sentire impotenti e frustrati, malgrado tempestivi interventi nella carenza piĂš totale degli strumenti di base per poter intervenire. Quel che si dice una battaglia persa che, non è certo facile fronteggiare in quelle condizioni, se non impossibile. Sean Penn non fa sconti su questo registro e pretende la nostra attenzione, per cosĂŹ dire, per farci capire un poâ piĂš a fondo e meno distrattamente da quanto siamo abituati, assuefatti come siamo
ad assimilare certe drammatiche realtĂ da notizie addomesticate e ben poco disposte ad invadere i nostri comodi e pacifici alloggi, con cibo e farmaci assicurati. Ma Sean Penn pretende la nostra attenzione anche per le dettagliate dinamiche - in un montaggio che si frammenta al punto da farsi vero e proprio e proprio puzzle narrativo - della piĂš improbabile, come vedremo, delle storie dâamore. Una storia dâamore ai tempi della guerra civile e della miseria piĂš nera in svariate aree del Continente nero. Sentirne parlare da lontano non è come soffermarsi in profonditĂ di fronte ad uno spaccato in celluloide come questo, in cui quella storia dâamore rappresenta idealmente la necessitĂ dellâessere umano, che lo voglia o no, di amare, di essere amati e di renderlo possibile anche nelle peggiori delle condizioni. Anche per gli altri. E lo conferma quel monologo che occhieggia in apertura del film e che lo
conclude palesando i suoi pungenti contenuti in ogni sua riga. Non poteva essere che lei, Wren/Theron - âpresenza riflessivaâ costante in voce fuori campo per tutto il film - a leggerlo alla folla di intervenuti ad un concerto benefico. Un monologo di denuncia con una sua ricetta riparatoria che è esattamente la visione stessa di Sean Penn, con un messaggio chiaro e pieno inviato allâindirizzo delle nostre ed altrui coscienze. Chi ha orecchi per intendere intenda!
Secondo commento critico (a cura di OWEN GLEIBERMAN, www.variety.com)
Director Sean Penn has made his version of an Angelina Jolie movie. It's a tale of war-torn Africa that's really about two beautiful movie stars trying to save the world.
Last year, âBeasts of No Nationâ told a story of mutilated innocence in an unnamed African hell zone, but it didnât feel compelled to add a token white hero (the caring photojournalist! the conflicted U.N. peacekeeper!) for the audience to identify with. âThe Last Face,â an endless, logy cataclysm of a war-torn political drama directed by Sean Penn, goes right back to the look!-here-are-some-movie-stars-in-the-maelstrom paradigm. The film is set in some of the most blood-soaked territories of Africa â South Sudan, the Sierra Leone, Liberia â and itâs full of jaggedly edited sequences in which children lie on operating tables with their chests blown open, corpses appear in fly-buzzing piles and homemade bombs and machine-gun fire explode out of
nowhere at deafening volume. At the front and center, though, are two characters who are in the crisis but not of it: Charlize Theron as Wren Petersen, a globe-trotting physician and activist, and Javier Bardem as Miguel Leon, a surgeon to refugees who lives his life in a state of triage. These two meet in Liberia in 2003, fall into an affair, argue about whether they love each other, and then break up (not necessarily in that order). âThe Last Faceâ is Sean Pennâs version of an Angelina Jolie movie: It keeps advertising its compassion, yet itâs really a drama about two beautiful movie stars trying to save the world. Who, after all, canât identify with that?
The last film that Penn directed, âInto the Wildâ (2007), was an aesthetic breakthrough for him: It had a rhythmic and visual freedom that his earlier films (âThe Pledge,â âThe Crossing Guardâ) didnât, and
a subtler humanity as well. But between that film and this one, Penn starred in Terrence Malickâs masterpiece of lyric memory, âThe Tree of Life,â and it would appear that the Malick touch has now exerted a major influence on him, and not in a good way. These days, if an independent film includes one artful shot of a wheat field that lingers for more than four seconds, the filmmaker will inevitably be hailed as âa new Terrence Malick,â but the Malick influence is not, by and large, something to celebrate. (If you look at his recent films, even Malick is too influenced by Malick.) âThe Last Face,â at heart, is a straightforward drama (or should have been), but Penn stages it as a needlessly fragmented and dreamy art poem. There are no establishing shots, so the handheld vĂŠritĂŠ stuff leaves the spatial dynamics of each setting a bit vague,
and the whole film is stitched together by voiceover, with Wren and Miguel pouring out their overly mournful thoughts to us.
Take, for instance, the issue of why Wren does what she does. She leads an organization called Doctors of the World, which was created by her late father, and this is her way of attempting to live up to his legacy. But wait: When sheâs in the chaos of a war zone, administering aid to children, she feels closer to her father, but also trumped by him, as if she herself were invisible. We know all this â essentially, the entire rather muddled inner life of the character â because Charlize Theron tells it to us, with limpid and repetitive dismay, on the soundtrack. The repetitions are a Malick tic: hidden emotions turned into incantatory motifs. Or, at least, thatâs what Penn seems to think heâs doing. But âThe Last
Faceâ would have been a better movie if it had an actual screenplay, rather than the bare-bones one credited to Erin Dignam.
Wren gets pulled into Miguelâs orbit in the middle of the night, on the road, when heâs delivering an African baby with a desperate last-minute C-section. Afterwards, she looks at Miguel, and heâs shaggy and suave, devoted to all the right things, and she, with her buttoned-up daddy issues, is just waiting to let her hair down. The filmâs conflict, as presented, is this: Though he burns with the desire to save lives, Miguel is something of a player. Wren learns that he was carrying on an affair with her associate volunteer (played by Adèle Exarchopoulos, from âBlue is the Warmest Colorâ), and it scalds her. Yet the Miguel we see is tender, devoted and often heartsick. Itâs hard to resist the interpretation that heâs Sean Pennâs rather self-flattering
stand-in: a stud of compassion.
Technically speaking, âThe Last Faceâ is often an impressive achievement. Penn is a gifted filmmaker who doesnât sugarcoat the horror of what heâs out to show us. The medical scenes are often brutal, not so much because of the wounds or the blood but because weâre watching children die. The message hits home, because really, how could it not? Yet Penn would do well not to mistake his own global caring for an artistic impulse. âThe Last Faceâ was greeted with jeers at its Cannes press screening, and thatâs because no matter how âwell-meaningâ a director may be, thereâs something inherently eye-rolling about being asked to care about the tragedy of African children through the POV of two lovelorn glamourpusses. If you really take the message of the movie to heart, it just forces you to acknowledge that the story â to quote Humphrey Bogart â
doesnât amount to a hill of beans.
trailer ufficiale:
clip 'Otherside':
clip 'Non mi hai mai amata':
clip 'Forse mio padre stava via troppo tempo':
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano 01 Distribution e lo Studio Lucherini Pignatelli