SNOWPIERCER: 'ANNO 2031. CHI CONQUISTA IL TRENO, CONTROLLA IL MONDO'. ECCO LA FUTURIBILE 'ARCA DI NOE', ISPIRATA ALLA GRAPHIC NOVEL 'LE TRANSPERCENEIGE', CREATA DAL REGISTA COREANO JOON HO BONG ('MEMORIES OF MURDER', 'THE HOST', 'MOTHER'). A TIRARE LE FILA DI UNA SIMILE SOCIETA' MOBILE SU ROTAIE, ORGANIZZATA E GESTITA NEL PIU' INIQUO DEI MODI, UNA QUASI IRRICONOSCIBILE TILDA SWINTON
Effetti Speciali: Pavel Sagner (supervisore effetti speciali); Viktor Muller (supervisore effetti visivi)
Makeup: Gabriela Polakova
Casting: Jenny Jue e Johanna Ray
Scheda film aggiornata al:
18 Marzo 2014
Sinossi:
In una nuova Era Glaciale che dura ormai da 17 anni, gli unici sopravvissuti si trovano a bordo dello Snowpiercer, un treno mosso da un motore a moto perpetuo. A causa del cambiamento climatico, l’intero pianeta è ora completamente ghiacciato. I superstiti alla glaciazione viaggiano su questo treno che effettua da anni un moto perpetuo intorno alla terra. La sezione di coda dello Snowpiercer assomiglia ai bassifondi dove vivono i più poveri che soffrono il freddo e la fame, mentre nella testa del treno si trovano gli eletti che si abbandonano ai piaceri, all’alcol e alle droghe, circondati dal lusso. Sul treno, le condizioni sociali sono davvero inique. Durante il 17° anno di questo infinito viaggio, Curtis, giovane leader della sezione di coda, fomenta una rivolta che cova da molto tempo. Per liberare i vagoni della coda, e alla fine l’intero convoglio, Curtis e i suoi compagni di viaggio tentano la presa della locomotiva in testa al treno dove si trova Wilford, il guardiano della sala macchine, in un susseguirsi di colpi di scena...
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
IMMAGINANDO IL MONDO INTERO CONDENSATO IN UNA NUOVA 'ARCA' DELLA SOPRAVVIVENZA, CI SAREBBE UN FUTURO POSSIBILE PER LA SPECIE UMANA? LA RISPOSTA NEL METAFORICO PERCORSO IN CELLULOIDE DEL COREANO JOHN HO BONG CHE PAGA PEGNO ALLA GRAPHIC NOVEL FRANCESE CHE HA ISPIRATO IL SUO FILM
Che direste se vi presentassero il mondo intero, così come lo conoscete, condensato in un lungo, lunghissimo, anzi, diciamo pure gigantesco (dall'alto dei suoi 650 metri) treno? Roba da non credere possibile se non 'ai confini della realtà ' o di un fantasy da fumetto. Così non è un caso che per il suo, per molti versi, geniale Snowpiercer, il regista coreano Joon Ho Bong (Barking Dogs Never Bite, Memories of Murder, The Host, Mother) si sia ispirato alla 'graphic novel' francese Le transperceneige di Jacques Lob & Benjamin Legrand, disegnata da Jean-Marc Rochette, per rileggerla e tradurla, secondo le coordinate di una cinica, ma non del
tutto priva di speranza, metafora della società , del potere e dei suoi devastanti, perfino letali, effetti sull'uomo. Ne esce una versione straordinariamente efficace per il cinema, un fiume in piena di simboli che alimentano i dominanti scenari claustrofobici interni così come le rare aperture sull'esterno innevato, rendendo Snowpiercer un'opera sci-fi apprezzabile e persino sofisticata, sia pure con qualche pecca di bilanciamento e qualche punto di troppo concesso allo spettacolo d'azione in punta di rivolta, soprattutto nella prima parte.
E' la storia di un mondo futuro, all'altezza dell'anno 2031, dove quel che resta dell'umanità vive a bordo di un singolo treno, alimentato da un motore a moto perpetuo. La Terra cristallizzata in una novella Era Glaciale, indotta da un fallito tentativo di fermare il riscaldamento globale, ha imposto un rimedio d'eccezione come quello incarnato appunto da questo treno lungo mille e una carrozza, un’enorme ferraglia che viaggia attraverso paesaggi ghiacciati,
in un apocalittico futuro prossimo. Un treno organizzato al suo interno come una vera e propria società impostata rigorosamente su un'essenziale scala gerarchica. Società che impariamo a conoscere dalla coda in seno ad un'idea di controllo del caos che può apparire arcaica solo all'apparenza o ad un primo, epidermico sguardo, ma che trasuda invece più moderna contemporaneità di quanto non si creda. Un'umanità sopravvissuta ad un'apocalisse di fatto in mano ad un folle 'burattinaio dittatore', che, restando nell'ombra protetta della testa del treno, in nome dell'ordine e delle regolamentazioni per la sopravvivenza, segrega ed ammassa le persone in un posizione obbligata, là dove i più lontani dal motore, i nullatenenti, i poveri cui è stato tolto tutto, vanno ora emanando una tensione palpabile. La rivolta è nell'aria.
Così il futuribile 'treno-arca' di Joon Ho Bong si rivela una sorta di versione compatta del mondo intero, là dove nel susseguirsi dell'interminabile litania
di vagoni, riconosciamo luoghi celebrativi di usi e costumi della nostra quotidianità e molto di altro. Una nuova 'arca di noè' provvista di 'riserve d'acqua' così come delle sue 'cucine' per il cibo, della sua serra così come delle sue piscine, ma anche di aule scolastiche: là dove si consumano indottrinamenti ad hoc, con metodi purtroppo ben riconoscibili, di marca filo nazista a tutela dei vigenti dettami di potere, quel potere in grado di rinascere, sotto mentite spoglie, a dispetto di tutto, come simbolicamente espresso attraverso l'immortale 'falso conduttore' del treno. Ma un'arca dotata anche di parrucchieri e di discoteche, di oasi di ricreazione fino alla perdizione tra droghe ed escort. Una miriade di servizi disponibili, ma non per tutti. Ma non è questo condensato di mondo a presentarsi sulle scene per primo. Alla testa del treno, alla 'sacra locomotiva' e al suo 'misterioso conducente' si arriverà solo molto più
in avanti, quando avremo fatto approfondita conoscenza della vasta coda, gli ultimi nella scala sociale, segregati in condizioni miserevoli e passibili di memorabili e variegate punizioni degne dei più efferati lager nazisti. Molti di questi passeggeri della sezione di coda hanno l'aspetto 'affummicato' dei minatori o degli 'spazzacamini', e non pochi sono mutilati di guerra. Non della solita guerra, ma della nuova 'guerra' per la sopravvivenza, prima che si fornisse loro il cibo quotidiano di sussistenza composto da un blocco molliccio di proteine nero come il carbone, e non si tratta di liquirizia: il cibo dell'orrore, come avremo modo di scoprire di lì a poco, soprattutto agli occhi di noi occidentali. Una 'guerra' di cui si respirerà l'essenza attraverso il drammatico monologo di Curtis (Chris Evans), il capo della rivoluzione alla guida dei passeggeri della sezione di coda, riluttante leader con la stoffa dello stratega che prepara la ribellione da
tempo, nella convinzione che Gilliam, il saggio capo spirituale della sezione di coda - personaggio che ha tutto lo strascicato e atavico carisma di John Hurt - debba soppiantare Wilford, il guardiano della sala macchine alla testa del treno, considerato la fonte di tutte le violenze e le disuguaglianze. Personaggio che compare solo verso la fine del film e di cui Ed Harris celebra l'efferatezza spietata con un sapiente tocco di quella glaciale affabilità che da sempre emerge quale dote innata di certi fanatici del potere assoluto, affetti da delirio di onnipotenza. Solo in odore dell'epilogo di questa lunga storia scopriremo, quanto i due punti opposti di questo treno - la coda capitanata da Gillian/Hurt e la testa pilotata da Wilford/Harris - siano più intimi e vicini di quanto non avessimo potuto sospettare. Come ben si sa, tra un compromesso e l'altro, gli opposti si attraggono, ancor più nelle
sedi di potere, da sotto le diverse coltri del respingimento apparente.
Swinton sul podio del ridicolo caricaturale, là dove l'insopportabile fiumana di spocchia - il lusso esibito con sciatta volgarità - non riesce a sminuire neanche un pò l'aspetto fondamentalmente racchio, persino tragicamente umoristico, con quella dentiera degna di un coniglio. Ne esce un ritratto profondamente disgustoso, soprattutto per l'arroganza con cui Mason/Swinton pontifica sui nobili valori del treno e sull’ordine in esso stabilito ai sottomessi passeggeri della sezione di coda: malcapitati che comanda a bacchetta e che punisce a dovere come solo ogni 'segugio' del potere più inconsulto è in grado di fare. E' in questo frastagliato percorso obbligato, tra un colpo di scena e l'altro, che si aprirà davanti ai vostri occhi, il varco il finale di una speranza lasciata intonsa, indefinita, un inizio possibile appuntato come un post it sulla purezza incontaminata del bianco della neve che per alcuni istanti domina il grande schermo. Ancora alcuni attimi in