Sceneggiatura:
Richard Berry, Matthieu Delaporte e Alexandre De la Patelliere
Soggetto: Tratto dal romanzo L’Immortel di Franz-Olivier Giesbert.
Cast: Jean Reno (Charly Matteï) Kad Merad (Tony Zacchia) Jean-Pierre Darroussin (Martin Beaudinard ) Marina Foïs (Marie Goldman) Luc Palun (Pascal Vasetto) Richard Berry (Aurelio Rampoli ) Joey Starr (Pistachio) Dominique Thomas (Ange Palardo) Martial Bezotf (Franck Rabou ) Daniel Lundh (MaleTelaa ) Max Baissette de Malglaive (Anatole Matteï)
Musica: Klaus Badelt
Costumi: Carine Sarfaty
Scenografia: Philippe Chiffre
Fotografia: Thomas Hardmeier
Montaggio: Camille Delamarre
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
Sinossi:
Charly Matteï ha deciso di dare una svolta alla sua vita da fuorilegge. Negli ultimi tre anni ha condotto una vita pacifica, dedicandosi a sua moglie e ai due bambini. Poi, un inverno, viene dato per morto in un parcheggio al Vecchio Porto di Marsiglia, con 22 pallottole in corpo. Ma, a dispetto di ogni probabilità , Charly non muore. Questo film è un lavoro di finzione ispirato, però, a veri eventi accaduti nel mondo della mafia marsigliese.
Dal Press-Book de L'Immortale
Commento critico (a cura di ENRICA MANES)
Tratto dal romanzo omonimo di Franz-Olivier Gisbert, L'immortale di Richard Berry, si ispira ancora una volta alle storie di un bandito, di uno capace di passare dall’altra parte ma che si trova a fare i conti con quella stessa giustizia della quale lui stesso era stato artefice-carnefice.
Un film che propone una tematica e un filone non certamente nuovo al cinema di genere, e nemmeno a quanto nelle sale negli ultimi anni si è visto, e che tuttavia riesce ad essere piacevole nel complesso grazie ad una serie di felici intuizioni che spiccano in una trama piuttosto convenzionale.
Come i noir di Marchal, L’immortale si porta dietro il dramma della solitudine e del degrado, l’abbandono al ricordo, al passato difficile ed al culto della famiglia che diventa perno morale per una vendetta lecita in un disegno secondo il quale il limite fra malavita e quotidianità è labile.
I bassifondi e le
stanze buie del commissariato di polizia spiccano qui alternandosi a ridenti vedute del golfo di Marsiglia e della città percorsa in ampie panoramiche dall’alto, passando per i begli interni delle case curate e ricche di ricordi per il protagonista e la sua famiglia; un’alternanza che crea un interessante contrasto di vite e di ritmo espressivo che si alimenta delle sapientissime panoramiche, nelle riprese che indugiano spesso dall’alto, in elaborate soggettive da camera a mano in cui i punti di vista sono ravvicinatissimi ai soggetti e agli obbiettivi, creando un gioco di veloci primi piani, particolari e dettagli. Come quello delle ruote della macchina, i cerchioni stridenti che girano e il rapporto classico oggettiva/soggettiva dal parabrezza e dall’abitacolo della vettura di Charlie mentre guida con a bordo il figlio e parte in intradiegesi la musica azionata dalla radio.
Un leit motiv che arriverà a fondersi con gli spari al momento dell’aggressione.
Una
tecnica raffinata che caratterizza in particolare la prima parte del film, per poi lasciare spazio ad un ritmo più narrativo che trae il massimo dalle sparatorie e che ricorda a tratti il recente Vendicami di Johnnie To.
Quello che colpisce è il trattamento del personaggio femminile, il commissario Goldman, che si adatta poco agli schemi classici del noir e del poliziesco francese e che invece qui fa un’ottima figura e fa sperare anche in un tentativo di ricerca di maggiore introspezione, rompendo gli schemi di un classico che vorrebbe la donna remissiva e del tutto fuori dall’azione e che crea qui invece un poliziotto determinato ad arrivare alla verità ., alla sua vendetta personale, al riscatto e che non si tira indietro davanti a inseguimenti e sparatorie.
Qui si crea infatti un personaggio solido che forma una coppia molto ben riuscita con un Jean Reno perfettamente avvezzo a questi ruoli; tuttavia manca quel