LA GRANDE BELLEZZA: NEL DICHIARATO OMAGGIO DI PAOLO SORRENTINO A FEDERICO FELLINI, TONI SERVILLO E' UN GIORNALISTA ULTRASESSANTENNE CHE, DELUSO DAL PRESENTE, RIVANGA MEMORIE DI UNA GIOVINEZZA MAI PERDUTA. CON LUI CARLO VERDONE, SABRINA FERILLI & CO.
VERSIONE INTEGRALE con 30 minuti di scene inedite: il 27, 28 e 29 Giugno 2016 al cinema; (Il film era uscito in versione ridotta il 21 Maggio 2013) - Di nuovo al Cinema dopo l'OSCAR - VINCITORE dell'OSCAR 2014 come 'MIGLIOR FILM STRANIERO' e ai GOLDEN GLOBE 2014 come 'MIGLIOR FILM STRANIERO' - CELLULOIDPORTRAITS AWARD 2013: VINCITORE come 'MIGLIOR FILM DELL'ANNO' (anche 'MIGLIOR REGISTA' (PAOLO SORRENTINO) e 'MIGLIOR ATTORE' (TONI SERVILLO) - già CANDIDATO come 'Miglior Film Straniero' ai GOLDEN GLOBE 2014 - Seconde visioni - Cinema sotto le stelle: 'The Best of Summer 2013' - 66. Festival del Cinema di CANNES (15-26 Maggio 2013) IN CONCORSO - RECENSIONE
"L’idea si è sedimentata in un tempo molto lungo, che inizia con le mie prime, timide incursioni romane, fatte da ragazzo, nella speranza di intraprendere da qualche parte l’avventura cinematografica. Raccoglievo appunti, note, piccoli aneddoti su persone, eventi che gravitavano intorno a Roma, ma erano materiali informi, sfilacciati, esili e insufficienti per poter diventare una storia. Il pensiero insistente di questo film si è rafforzato quando sono venuto a vivere a Roma. Poi, un giorno, è apparsa l’idea che mi consentiva di tenere tutto insieme: Jep Gambardella, un giornalista e scrittore dallo sguardo disincantato e sentimentale sulla sgangherata fauna del presente. Un’umanità variegata, contradditoria e anchilosata, elegante e volgare, squallida o proterva, della quale Gambardella riesce a cogliere una recondita bellezza. Scova, o prova a sorprendere, essendo parte in causa, la tenerezza che si cela dietro l’amorale. I vari personaggi sono stati ispirati molto spesso dalla realtà della Roma di oggi, ma sono stati poi ricreati nel gioco della fantasia. In questo senso, la citazione iniziale di Celine intende avvisare gli spettatori che assisteranno a un film dove il coefficiente di invenzione è alto e che attraverso l’invenzione, germogliata dalla realtà, si spera di riuscire a restituire una realtà altrettanto efficace ma cinematografica, coerente nella sua apparente disarmonia... Naturalmente, penso che il presente non sia solo il parto del contingente, ma anche il frutto della persistenza indefinita dei sentimenti, delle difficoltà e delle gioie dell’eterna commedia umana. Senza dubbio, la volgarità e una percezione di decadimento dilagano nel presente, il senso di vuoto attanaglia l’esistenza di una grande capitale, non esclusivamente Roma, ma le vite che vi si muovono dentro sono animate da dinamiche che tendono a ripetersi nel tempo. Gli smottamenti e gli slittamenti dell’animo umano sono impercettibili nei brevi periodi. Inoltre, mi sembrava allettante provare a raccontare come la volgarità, la decadenza, la sensazione del vuoto implica negli individui un atteggiamento duale: da un lato fa aleggiare la condanna morale, dall’altro esercita un’innegabile, ingestibile forza attrattiva. È un vecchio gioco che non smette mai di essere attuale e concreto".
Il regista co-soggetista e co-sceneggiatore Paolo Sorrentino
(La grande bellezza; ITALIA/FRANCIA 2013; Drammatico; 142'; Produz.: Indigo Film/Medusa Film/Babe Films/Pathé con il sostegno di Lazio Film Commission e Fonds Eurimages du Conseil de l'Europe; Distribuz.: Indigo Film/Medusa Film)
Sceneggiatura:
Paolo Sorrentino e Umberto Contarello
Soggetto: Ideato e scritto dallo stesso Sorrentino con Umberto Contarello, il film è ambientato e interamente girato a Roma.
Cast: Toni Servillo (Jep Gambardella) Carlo Verdone (Romano) Sabrina Ferilli (Ramona) Carlo Buccirosso (Lello Cava) Iaia Forte (Trumeau) Pamela Villoresi (Viola) Galatea Ranzi (Stefania) Massimo de Francovich (Egidio) Roberto Herlitzka (Cardinale Bellucci) Isabella Ferrari (Orietta) Franco Graziosi (Conte Colonna) Luca Marinelli (Andrea) Serena Grandi (Lorena) Sonia Gessner (Contessa Colonna) Pasquale Petrolo-in arte Lillo (Lillo De Gregorio) Cast completo
Giorgio Pasotti (Stefano) Massimo Popolizio (Alfio Bracco) Anna Della Rosa (Ragazza esangue) Giusi Merli (Santa) Giovanna Vignola (Dadina) Ivan Franek (Ron Sweet) Vernon Dobtcheff (Arturo) Dario Cantarelli (Assistente Santa) Luciano Virgilio (Alfredo) Anita Kravos (Talia Concept) Stefano Fregni (Il pazzo) Giorgia Ferrero (Donna Ammiratrice Jep 2)
Musica: Lele Marchitelli
Costumi: Daniela Ciancio
Scenografia: Stefania Cella
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Makeup: Maurizio Silvi
Casting: Annamaria Sambucco
Scheda film aggiornata al:
30 Giugno 2016
Sinossi:
IN BREVE:
Omaggio dichiarato a Federico Fellini, il film racconta la storia di un giornalista sessantenne che deluso dal presente, ricorda la sua giovinezza appassionata, ma ormai perduta.
Jap Gambardella (Toni Servillo) è un giornalista di 65 anni. La sua vita si divide tra la Roma dell'alta cultura e quella delle feste mondane.
IN DETTAGLIO:
Dame dell’alta società, parvenu, politici, criminali d’alto bordo, giornalisti, attori, nobili decaduti, alti prelati, artisti e intellettuali veri o presunti tessono trame di rapporti inconsistenti, fagocitati in una babilonia disperata che si agita nei palazzi antichi, le ville sterminate, le terrazze più belle della città. Ci sono dentro tutti. E non ci fanno una bella figura. Jep Gambardella, 65 anni, scrittore e giornalista, dolente e disincantato, gli occhi perennemente annacquati di gin tonic, assiste a questa sfilata di un’umanità vacua e disfatta, potente e deprimente. Tutta la fatica della vita, travestita da capzioso, distratto divertimento. Un’atonia morale da far venire le vertigini. E lì dietro, Roma, in estate. Bellissima e indifferente. Come una diva morta.
Nella VERSIONE INTEGRALE:
A tre anni dall’uscita, arriva al cinema solo per tre giorni, il 27, 28 e 29 giugno, LA GRANDE BELLEZZA in VERSIONE INTEGRALE con trenta minuti di scene inedite.
Tra le nuove scene quella in cui Jep Gambardella, disilluso scrittore e giornalista interpretato da Toni Servillo, incontra Giulio Brogi nel ruolo di un anziano regista che immagina di poter girare un ultimo film. Il “Maestro del cinema” racconta a Jep quello che definisce il suo primo “incanto”, l’accensione del primo semaforo installato a Milano tra piazza Duomo e via Torino: “Mi pare che fosse il 12 aprile 1925. Mio padre mi mise sulle spalle perché c’era una gran folla, ma capisce? Una folla, radunata per vedere un semaforo. Che bellezza! Che grande bellezza!”. E quella con Fiammetta Baralla nel ruolo della madre di Ramona (Sabrina Ferilli).
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
TONI SERVILLO CANGIANTE CARTINA TORNASOLE PER LA ROMA DI PAOLO SORRENTINO, TRA CONTEMPORANEITA' MALATA E STRUGGENTE AMARCORD. 'LA GRANDE BELLEZZA' E' ODE ALL'AMORE OFFUSCATO DAL CINISMO E PREGHIERA COLLETTIVA, QUELLA DI UN'UMANITA' DISAGIATA DA TUTTI I PUNTI DI VISTA. 'LA GRANDE BELLEZZA' RIVENDICA ANCHE, IN UN PERCORSO DINOCCOLATO TRA IL NOSTALGICO E IL MISTICO, IN UN VIAGGIO IN GRAN PARTE ONIRICO, UNA SPIRITUALITA' AUTENTICA AD AMPIO SPETTRO. DOPO 'THIS MUST BE THE PLACE', CON 'LA GRANDE BELLEZZA' SORRENTINO SEMBRA AVER ANCOR PIU' AFFILATO I FERRI DEL MESTIERE E NE E' USCITA UN'OPERA COLTA E RAFFINATISSIMA, QUANTO PUNGENTE, IRONICA E PROFONDA: UN PICCOLO CAPOLAVORO IN CELLULOIDE ITALIANO DAL RESPIRO MARCATAMENTE FELLINIANO
Carlo Verdone, nel cast de La grande bellezza in veste di Romano, scrittore in crisi, frequentatore delle cerchie dei salotti della Roma 'bene' (si fa per dire!), non poteva centrare meglio un tocco di stile che senz'altro appartiene a Paolo Sorrentino
(Il divo, This Must Be the Place) e che lo pone in relazione con la metafisica di Giorgio De Chirico. E' un concetto che scopriamo fondamentale proprio fin dai primi passi di questo intrigante 'viaggio' che muove per l'appunto da pindarici voli su pezzi d'arte pura a cielo aperto, fontane monumentali su cui si levano le note di una musica sacra inebriante, celebrate da un elegiaco gruppo di coriste. Quel che si dice, un alito eterno sulla città eterna, che vive la sua contemporaneità astrattiva e senz'anima di cui il blaterare meccanico della guida turistica straniera non è che un primo esempio. C'è poi chi ci guarda con pietosa compassione dai labirintici percorsi di un cimitero monumentale, prima che, con un colpo da maestro sull'onda del sensazionale contrasto, Paolo Sorrentino ci catapulti nella spelonca-giostra di un'umanità svuotata e degradata ai minimi termini per scelte d'interesse personale, sulle note roboanti di
un vecchio successo di Raffaella Carrà e un incalzare di grancassa (e incursioni di tromba) che stride non poco con le precedenti melodie. Un parterre allestito ad hoc per l'ennesimo giro di 'manfrine' varie. La meticolosa cura nella ricerca musicale e fotografica sono solo un paio dei molti fiori all'occhiello de La grande bellezza.
Toni Servillo, lo scrittore e giornalista Jep Gambardella il cui unico successo letterario risale a decenni e decenni prima che si perdesse nella totale mancanza di ispirazione e nel 'gigioneggiare' da una festa all'altra, è il nostro Virgilio in questo viaggio onirico della conoscenza e della riflessione, tra paradisiaci scorci di rara bellezza e vari gironi di anime dannate. Un Virgilio che con Servillo, eccelso interprete, si illumina di immenso. E come Virgilio, Jep/Servillo instilla (spesso tramite voce fuori campo mentre guarda silente dritto in macchina) perle di saggezza, di acume intellettivo, mostrando una certa rassegnata amarezza
nel constatare che certe cose o persone nella vita non cambiano mai e di come spesso non ci accorgiamo neppure di quanto di più bello e di buono abbiamo intorno. O di cattivo: vedi l'esempio dell'enigmatico, impenetrabile quanto apparentemente al di sopra di ogni sospetto, 'vicino' di casa di Jep. Si parla di persone e persone ma anche di arte e arte. Se è già tutto un programma la performance live dell'artista concettuale, l'intervista di Jep è davvero esilarante sull'onda di un'ironia sferzante senza pietà, così come tristemente commovente si leva la sofferta 'creazione' in pubblico della bambina. Esibizioni, salotti in cui mettersi o mettere a nudo amici che non hanno il coraggio di essere tali e dire senza peli sulla lingua quel che può far male ma almeno ha il sapore autenticamente amaro, senza l'edulcorante dell'ipocrisia, vero della lealtà: vedi la sequenza in cui Jep (Servillo) contraddice punto per
punto Stefania (Galatea Ranzi) e il suo autoritratto falsato. E ancora 'salotti' speciali, surrogati clandestini di cliniche autorizzate per iniezioni di botulino a 700 E. a botta, quando va bene. La serialità celebrata con l'incalzante richiamo digitale della 'paziente' di turno in fila per l'intervento di una frazione di secondo, rende memorabile la sequenza.
Un viaggio nella fauna umana della Roma di oggi, passeggiando per le sue strade e stradelle di periferia con Jep/Servillo, con qualche incursione 'amarcord' negli anni perduti nella Roma di ieri, seguendo un tratteggio mai lineare né scontato, semmai a tratti roboante e lussureggiante nell'inesauribile campionario delle splendide scenografie, con lo sguardo sempre più incantato verso la 'vera bellezza' (quanti giardini con sculture esplorati con occhio sorpreso e ricolmo di commossa gratitudine!) e sempre più consapevole e nostalgico negli anni della maturità - la rivendicazione della nostalgia come valore aggiunto di Romano/Verdone sul palcoscenico della sua, ultima
perché 'Roma (lo) ha molto deluso', performance teatrale, è uno dei motivi forti - finché il viaggio e la ricerca del se della nostra linea guida non si inoltra sul binario della spiritualità. E anche qui Sorrentino non manca di rimarcare il suo distinguo, tra la spiritualità verbale cui non seguono vie di fatto (vedi il personaggio del Cardinale Bellucci vestito da Roberto Herlitzka) e quella spiritualità autenticamente elettiva resa protagonista con l'ingresso in scena della Santa Sorella, con esplicito riferimento a Madre Teresa di Calcutta, colei che non rilascia più interviste perché ha 'sposato la povertà, e la povertà non si racconta, si vive', colei che si nutre di radici perché 'le radici sono importanti'. Ed ecco che di fronte a tante domande, le nebbie del nostro Jep/Servillo iniziano a fendersi in più punti per raggiungere la meta di questo viaggio che indica la via per un cambio di
rotta in ogni ambito di appartenenza sociale e personale, mentre implora una redenzione possibile dal basso dell'incontrovertibile limite umano, là dove c'è sempre 'il trucco', come in un buon numero di magia. E' sul palpito di una raffinata metafora che si chiude uno dei più felliniani (La dolce vita, 8 1/2, Amarcord) film che il cinema italiano odierno ci abbia mai consegnato, un piccolo capolavoro in celluloide di rara e 'grande bellezza'. Come osservato da Sabrina Ferilli (qui calata nel ritratto 'sospeso' di Ramona), La grande bellezza di Paolo Sorrentino, "il suo racconto, è una sorta di affresco lirico, un poema". E di questi tempi, per noi italiani, non è un riscatto di poco conto.
Perle di sceneggiatura
Jep (Servillo): "Tu che lavoro fai?"
Orietta (I. Ferrari): "Io sono ricca"
Jep (Servillo): "Bellissimo lavoro!"
Romano (Carlo Verdone): "Che cosa avete contro la nostalgia? E' l'unico svago per chi non crede nel futuro!"
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano lo Studio PUNTO&VIRGOLA e INTERNOS Web Communication
"I virtuosistici movimenti di camera che troncano il respiro e fanno sgranare gli occhi, la sensazione paralizzante di un montaggio pop, un pensiero che si manifesta con un ritmo quasi allucinatorio. Fin dalle prime immagini di 'La Grande Bellezza', si capisce che ci siamo! […] Questa altezza della visione estetica, questa disperazione crepuscolare, danno a 'La Grande bellezza' l’impronta di una 'summa filmica', del testamento di un vecchio maestro, salvo che il 'vecchio maestro' in questione ha 42 anni".
International Press
"Variety" - Jay Weissber:
"Una intensa e spesso sorprendente festa cinematografica che onora Roma in tutto il suo splendore e superficialità".
"The guardian" - Peter Bradshaw:
"La grande bellezza, come la grande tristezza, può significare amore, sesso, arte o morte, ma soprattutto significa Roma, e il film vuole annegare nell’insondabile profondità della storia e della mondanità romana".
"Hollywood Reporter" - Deborah Young:
"Fortunatamente il regista Paolo Sorrentino sa fare di meglio che imitare il gigantesco Fellini e 'La grande bellezza' è molto più di un inchino riverente, ripartendo da dove 'La dolce vita' ci ha lasciati 53 anni fa".
"Screen International" – Lee Marshall:
"Certamente questa miscela di satira sociale e di malinconia esistenziale, questa ricerca della poesia anche ridicolizzando la poesia stessa è stato già fatto da Fellini, ma 'La Grande bellezza' è una straordinaria esperienza cinematografica".