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    LA MOGLIE DEL POLIZIOTTO: DAL REGISTA CULT DE 'IL GRANDE SILENZIO', PHILIP GRÖNING, UNA STORIA D'AMORE E DI VIOLENZA

    Premio Speciale della Giuria a 'Venezia 70' - Dal 25 novembre - Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne - RECENSIONE IN ANTEPRIMA

    "La moglie del poliziotto è un film sulla virtù dell’amore, la virtù della curiosità, la virtù della gioia. Questa giovane madre fa tutto il possibile per proteggere l’anima della bambina, per mantenerla pura e aiutarla a crescere. Per insegnare alla bambina l’amore. Ma quando la situazione in casa si aggrava, la donna soccombe. La moglie del poliziotto parla anche della parte oscura che esiste dentro di noi. Quest’uomo è un marito, un poliziotto, e maltratta la moglie. La picchia. Per tensione, per odio, per amore, per l’assurdo senso di impotenza della sua vita, che lo soffoca fino ad annientarlo. L’impotenza per volerle stare accanto; l’impotenza di fronte al rapporto madre-figlia nel quale l’uomo non riesce a trovare spazio. Nulla è più violento dell’impotenza dell’amore".
    Il regista e sceneggiatore Philip Gröning

    (Die Frau Des Polizisten; GERMANIA 2013; Drammatico; 172'; Produz.: Philip Gröning Filmproduktion in coproduzione con Bavaria Pictures GmbH/Bavaria Film GmbH/31 Filmproduktion GmbH &/C0 KG/Bayerischer Rundfunk con il sostegno di ZDF/Arte in collaborazione con Ventura Film SA/RSI; Distribuz.: Satine Film)

    Locandina italiana La moglie del poliziotto

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    Titolo in italiano: La moglie del poliziotto

    Titolo in lingua originale: Die Frau Des Polizisten

    Anno di produzione: 2013

    Anno di uscita: 2013

    Regia: Philip Gröning

    Sceneggiatura: Philip Gröning

    Cast: Alexandra Finder (Christine)
    David Zimmershied (Uwe)
    Pia & Chiara Kleemann (Clara)
    Horst Rehberg (Altro Uomo)

    Musica: Marc Parisotto e Uwe Dresch (suono)

    Costumi: Ute Paffendorf

    Scenografia: Petra Barchi, Petra Klimek e Adan Hernandez S.

    Fotografia: Philip Gröning

    Montaggio: Hannes Bruun e Philip Gröning

    Makeup: Magdalena Ocker e Claudia Schaaf

    Casting: Verena Ansguesser (casting bambine); Suse Marquandt Besetzungsburo

    Scheda film aggiornata al: 11 Dicembre 2013

    Sinossi:

    Uwe e Christine sono una giovane coppia tedesca che abita in una casetta di periferia insieme a Clara, la loro bambina di cinque anni. Uwe fa il poliziotto, Christine trascorre le giornate a casa, dedicandosi interamente alla cura della piccola. Christine nutre Clara di un amore smisurato. Cerca di insegnarle a cogliere la bellezza della natura che la circonda: i fiori, gli animali sono un’occasione di complicità con la piccola e un modo per farla crescere in un ambiente sereno, lontano dai pericoli. Ma lo sguardo amorevole di Christine e l’apparente armonia che cerca di creare intorno alla sua creatura vorrebbero arginare una terribile realtà e un pericolo tanto più atroce quanto imprevedibile: quel giovane biondo, marito innamorato, che diventa a tratti ossessivo e violento, quel padre affettuoso che diventa improvvisamente lontano e distaccato. Irrazionale e possessivo, Uwe lascia sul corpo di Christine i segni di una violenza di cui nemmeno egli stesso è davvero consapevole. Una violenza che, oltre ad umiliarla, mina profondamente le sue certezze e il suo amore. Christine si aggrappa alla piccola come a una boa di salvataggio. Non vuole arrendersi all’evidente malessere di un uomo che, a suo parere, non è cattivo. Ma la sofferenza e l’isolamento finiranno per trascinarla in un vortice profondo: un tunnel senza ritorno.

    Commento critico (a cura di ERMINIO FISCHETTI)

    Lascia storditi La moglie del poliziotto, opera di Philip Gröning, che a Venezia ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura. Premio che ci sta tutto. Non tanto per la precisione della scrittura quanto per il coraggio dell’impostazione narrativa di una pellicola suddivisa in capitoli, ben cinquantanove, strutturati come in un romanzo, che spesso sono del tutto avulsi dal plot, non dipanato in maniera cronologica e attraverso un ritmo sincopato lento, difficile da gestire per lo spettatore, proprio per meglio creare un effetto straniante. Proprio per questo, la penetrazione nel mondo solitario di una giovane coppia della provincia tedesca e della loro bambina di cinque anni viene raccontata con un tono evocativo, silenzioso, che piano piano in tutto quel silenzio lascia spazio ad una violenza inespressa, ma che si percepisce prima di essere mostrata nei suoi frutti: il corpo livido della moglie, nei cui punti lo sguardo della macchina da

    presa da casuale si fa sempre più insistente, così come l’angoscia percepita. Fa paura infatti proprio quell’ordine, quella pulizia, quella sottile inconsistenza della quotidianità, il lento consumarsi delle giornate, che viene mostrato all’interno delle tre ore nette di pellicola. E quei silenzi, che amplificano l’immagine e la purezza di cinema che vuole mettere in luce l’aberrazione della vita, diventano sempre più angoscianti, laceranti, soffocanti fino ad una inesauribile perdita di coscienza, fino a che persino lo spettatore è anestetizzato nell’inquietudine del racconto.

    La vita che passa nelle immagini costruite da Gröning è ferita e spezzata attraverso le fattezze di corpi inebetiti dal tempo, che non si esprimono se non nella loro indifferenza, anche quello della moglie stessa all’apparenza estranea ai propri lividi, al proprio essere vittima, si trascina in un diniego fisico e forse anche morale per certi versi più pericoloso del terribile marito dalla faccia d’angelo e la violenza,

    psicologica, nei confronti della figlia, diventa da parte di entrambi inesprimibile inquietudine di contemporaneità fatta di inconsistenza sociologica, di privazione e di sguardo. Elementi tutti invece presentissimi al contrario nel doppio sguardo dell’autore che realizza un’opera fin troppo complessa, faticosa, che lede la stabilità stessa dello spettatore e lo conduce verso la riprova di un dolore sotterraneo e infinitesimale.

    Il rugginoso digitale contrasta il calore dei colori, che richiamano in alcuni punti dello schermo certo cinema muto e persino le ombre innaturali di Dreyer in un affastellamento umano che si può cogliere solo attraverso il rigore di una forma filmica capace di fotografare tutta la brutalità del mondo in un unico fotogramma che all’apparenza non sta impressionando sulla macchina alcuna immagine violenta. Così, come tutta la brutalità umana, che spesso non si coglie nel suo consumarsi ma nei suoi frutti, tutto avviene al di fuori dell’occhio della macchina da presa.

    Eppure è tutto lì davanti. Dialoghi quasi inesistenti, scene lentissime, La moglie del poliziotto è composto da cinquantanove straordinari quadri dell’esistenza a loro modo indipendenti, completi, ma allo stesso tempo strettamente legati da un puzzle di asciutta sovrabbondanza strutturale. Il film di Philip Gröning fa paura come è giusto che sia: un horror della quotidianità dove, purtroppo, tutto è reale. Non lo dimostra solamente la povertà dei mezzi e delle inquadrature, quasi sempre immobili, per farne un capolavoro di immagini, ma tutto un complesso meccanismo visivo che diventa lirico, fino alla fine, fino all’ultimo fotogramma.

    Bibliografia:

    Nota: Si ringraziano Satine Film e Ornato Comunicazione

    Pressbook:

    PRESSBOOK Completo in ITALIANO de LA MOGLIE DEL POLIZIOTTO

    Links:

    • Philip Gröning (Regista)

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    Galleria Video:


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