MANTO ACUIFERO

Manto acuifero, letteralmente il pozzo, film messicano di Michael Rowe, in concorso, racconta il dolore di una separazione dal punto di vista di una bambina. Carolina, che la madre chiama Caro, il padre entomologo “pulce” con affetto e il nuovo compagno della madre, che vorrebbe sostituire il padre, Carolita, è una bambina triste. I genitori si sono appena separati e la madre ha trovato un nuovo compagno, un po’ più grande di lei, che vorrebbe sostituire l’ex non solo nel cuore della madre ma anche in quello della figlia che non solo ha un grande senso di mancanza nei confronti del padre ma odia colui che le dice che sarà il suo nuovo papà. La mamma è amorevole ma non capisce fino in fondo i tormenti della figlia e alterna con lei momenti di estrema dolcezza, con abbracci tipicamente latini, a grandi silenzi e piccole bugie. Caro scopre man mano

che ciò che le viene raccontato non è veramente successo e il suo atteggiamento nei confronti del mondo cambia, per forza. La solitudine della bambina è acuita dal fatto che il nuovo fidanzato vive in un'altra città e così madre e figlia lasciano Città del Messico per trasferirsi in un piccolo centro. L’uomo vive in una casa isolata con un grande giardino incolto dove in fondo c’è un pozzo. Alla bambina viene vietato di avvicinarcisi ma lei trova in quel luogo il suo giardino segreto, il suo nascondiglio dal mondo.

Il film, pur indagando in modo convincente nel mondo di una bambina che sta vivendo un dolore ma non riesce ad esprimere, non convince fino in fondo. Lunghe inquadrature immobili che alcune volte non inquadrano direttamente il personaggio ma lo sfiorano come a creare un qualcosa di fastidioso, di sospeso, di pesante. Bravissima la bambina con quel visino così immobile

ma espressivo che sembra, a tratti, una vecchia stanca e disillusa. Manto acuifero è un film lento, abbastanza soffocante che finisce in modo inaspettato.