THE SEARCH: DOPO IL SUCCESSO DI 'THE ARTIST' IL REGISTA, ATTORE E PRODUTTORE MICHEL HAZANAVICIUS APPRODA AL GENERE DI GUERRA, CON BÉRÉNICE BEJO ED ANNETTE BENING TRA ALTRI INTERPRETI
Dal 67. Festival del Cinema di Cannes - RECENSIONE ITALIANA - PREVIEW in ENGLISH by JUSTIN CHANG (www.variety.com) - Dal 5 MARZO
"Dopo 'The Artist' desideravo tantissimo, come produttore, prolungare una esperienza magnifica e offrire a Michel (Hazanavicius) i mezzi per realizzare un film altrettanto ambizioso e potente come 'The Search'. Del lavoro di produttore amo molto il poter accompagnare un regista nel corso dei suoi film, come ha fatto mio padre con Milos Forman o Jean-Jacques Annaud. Il passaggio dal muto in bianco e nero a un film umanitario in quattro lingue e su una storia assolutamente contemporanea come 'The Search' segna il secondo stadio della nostra collaborazione. Con un progetto così particolare Michel è ripartito da zero. È il fatto di 'correre dei rischi' che ci unisce. Se, come produttori, ci assumiamo il rischio di finanziare un progetto come questo, Michel, come regista, si assume lo stesso rischio con il suo soggetto. E c’è riuscito! Ha trasformato un desiderio molto personale in un grande film che siamo estremamente fieri di presentare (Festival di Cannes 2014 in competizione). È per questo che produco film: poter offrire a un regista di talento la possibilità di esprimersi nelle migliori condizioni".
Il produttore Thomas Langmann
(The Search; FRANCIA/USA 2014; Drammatico di guerra; 149'; Produz.: La Petite Reine/Worldview Entertainment/La Classe Américaine in coproduzione con Georgian Film Investment (GFIG) e Sarke Studio; Distribuz.: 01 Distribution)
Soggetto: Liberamente ispirato all'omonimo film di Fred Zinneman (Odissea tragica, 1948)
Cast: Bérénice Bejo (Carole) Annette Bening (Helen) Maksim Emelyanov (Kolia) Abdul Khalim Mamutsiev (Hadji) Zukhra Duishvili (Raïssa) Lela Bagakashvili (Elina) Yuriy Tsurilo (Il Colonnello) Anton Dolgov ('Pocket') Mamuka Matchitidze (Il padre Hadji) Rusudan Pareulidze (La madre di Hadji)
Musica: Jean Minondo (suono)
Costumi: Loïc Barnier, Thierry Delettre, Jacques Mazuel, Sabrina Riccardi e Polina Rudchik
Scenografia: Emile Ghigo
Fotografia: Guillaume Schiffman
Montaggio: Michel Hazanavicius e Anne-Sophie Bion
Effetti Speciali: Georges Demétrau (supervisore effetti speciali); Philippe Aubry e Ronald Grauer (supervisori effetti visivi)
Makeup: Lucia Bretones Mendez (direttrice dipartimento makeup); Paul De Fisser (direttore dipartimento acconciature)
Casting: Hervé Jakubowicz
Scheda film aggiornata al:
16 Marzo 2015
Sinossi:
IN BREVE:
Tra il 1999 e il 2000, durante il conflitto tra russi e ceceni, Carole, un'infermiera e membro di un'organizzazione non governativa, raccoglie un bambino ceceno. In parallelo, il film segue la storia di un giovane soldato russo.
Sullo sfondo della guerra in Cecenia nel 2000, si intrecciano i destini di quattro vite. Carole, che si occupa di diritti umani per conto dell'Unione Europea, conosce Hadji, un ragazzino di nove anni che si rifiuta di parlare. Profondamente traumatizzato dagli orrori a cui ha assistito, Hadji è convinto di essere l'unico sopravvissuto della sua famiglia, ignorando che la sorella Raissa è ancora viva e alla ricerca dei due fratelli. Kolja, invece, è un russo di ventanni, un giovane uomo reso disumano dall'esercito e trasformato in un soldato capace di uccidere i civili senza alcun rimorso.
SHORT SYNOPSIS:
A woman who works for a non-governmental organization (NGO) forms a special relationship with a young boy in war-torn Chechnya.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Per questo film vi consiglio di diventare come San Tommaso: non credete a quel che vi dicono, ma solo ai vostri occhi. Naturale che per far questo dovete andare a vedere il film. Non c'è proprio un altro modo. E andate - vi prego! - con la mente sgombra da preconcetti di natura politica: anche se ovviamente ognuno avrà il suo e sarà comunque degno di rispetto. Solo che, in tal caso, il giudizio potrebbe essere viziato alle origini e poco obiettivo. Non mi spiego altrimenti lo scarso entusiasmo che certa critica blasonata o presunta tale, ha dimostrato per il The Search di Michel Hazanavicius (Premio Oscar per The Artist), coraggiosa e originale pellicola, anche se dichiaratamente ispirata da uno storico dirimpettaio: film con lo stesso titolo (Odissea tragica in italiano) diretto da Fred Zinnemann nel lontano 1948, nello scenario post bellico all'altezza della Seconda Guerra Mondiale, con Montgomery Clift
nelle vesti di un soldato americano che aiuta un giovane sopravvissuto ad Auschwitz nella ricerca di sua madre. Hazanavicius si avventura invece temerariamente nel secondo conflitto che ha dilaniato la Cecenia nel 1999, e che, camuffato da 'operazione antiterrorismo', non ha tardato a trasformarsi in un dilagante bagno di sangue con migliaia di vittime civili. Ecco. E' proprio a loro che rivolge lo sguardo Hazanavicius con The Search. E lo fa con strumenti poco commerciali, con cui produce uno stile raffinato, attento alle sfumature in ogni loro aspetto formale, per arrivare al cuore dell'emozione più vera, autentica, senza compromessi.
Che non mi si venga dunque a dire che il The Search di Michel Hazanavicius scade nel mélo perché potrei arrabbiarmi sul serio. Se c'è qualcuno che ha speso anima e cuore privo di edulcoranti in questa storia di guerra, per così dire, a quattro cantoni - quattro sono per l'appunto le
persone di cui si seguono i destini che proprio il conflitto porterà ad incrociarsi - questo è proprio Hazanavicius, che pur raggiungendo il suo particolare scenario bellico dopo una litanìa di illustri e blasonati precedenti che rimandano ai legittimi autori, ispirati dalle fonti più disparate - da Steven Spielberg a Paul Haggis fino a Clint Eastwood - non ha alcuna difficoltà a trovare la sua cifra stilistica, che in estrema sintesi, potremmo definire con l'unico aggettivo di 'distinta'.
Ora vi spiego perché.
Reduce dal clamoroso successo di The Artist, là dove si era portato sull'eccentrico bianco e nero e sul muto, dal mio umile punto di vista Michel Hazanavicius si conferma in The Search, autore lungimirante dalla cifra sofisticata in punta di raffinatezza, per quanto poco disponibile al patteggiamento in caso di brutalità ed orrori netti e crudi offerti dalla realtà dei fatti, di certi fatti, e dunque impossibili da
sottacere. Come in molte altre precedenti pellicole, non necessariamente drammatiche e passate per mani diverse, anche Hazanavicius per il suo The Search, sceglie la struttura circolare: così lo scioccante prologo, andrà a ricollegarsi all'epilogo, quando i lunghi silenzi che scandiscono gran parte della sceneggiatura, acquisiranno la loro pienezza di significato, e quando certi folli comportamenti - Paul Haggis Nella valle di Elah docet - troveranno la loro altrettanto folle, eppur persino con una loro, tragica, logica. Fin da questo, davvero terrificante, prologo, Hazanavicius mostra quali sono i ferri del mestiere che fanno della sua opera, l'arte del racconto e della denuncia, là dove la Storia passata (Russia - Cecenia) ammicca alla Storia Contemporanea (Russia - Ucraina), senza farne ombra di mistero.
Ma il suo è un racconto che ha per soggettiva la prospettiva umana. Per questo proprio nello stesso prologo Hazanavicius innesta uno straordinario doppio sguardo che lo induce a
ripetere la stessa sequenza per conferire alla doppia soggettiva sul dramma appena consumato, tutta la potenza necessaria: la prima prospettiva, fondamentale, è quella del giovanissimo Kolia (Maksim Emelyanov), arruolato soldato d'ufficio dopo esser stato beccato in possesso di droghe illegali. Francamente non capisco come Justin Chang di "Variety" possa ritenerlo "the one farthest removed from the rest of the story, and easily the most dispensable" 'il più distante, marginale dal resto della storia e il meno necessarrio'. Non è un caso che sia lui ad aprire e chiudere questa drammatica storia! Al contrario, Kolia è il punto focale di una prospettiva che spiega molte cose, soprattutto seguendo il suo martoriato percorso, una sorta di calvario iniziatico che arriverà a disumanizzarlo. La seconda prospettiva è quella dell'innocenza violata, al punto da provocare uno spiazzante mutismo, del bambino di appena nove anni Hadji (Abdul Khalim Mamutsiev).
Devo dire che uno degli strumenti
di forza di Hazanavicius è la capacità illuminata di scegliere gli attori, come poteva ad esempio fare Vittorio De Sica per i suoi intensi affreschi neorealisti. Cifra con cui Hazanavicius mostra, direi, non poche affinità su più versanti: The Search è ad esempio popolato da gente locale che parla la lingua locale e che la regia mantiene rigorosamente e rispettosamente sul grande schermo, affidandosi ai sottotitoli. Il risultato sul piano del coinvolgimento emotivo è eccellente, di quelli che fanno sentire sulla propria pelle tutta l'essenza di un dramma tentacolare, frammentato nei particolarismi di destini comuni in un simil contesto, per mezzo di sconcertanti racconti, la cui portata è tale da farci perdere letteralmente la percezione del tempo: la pellicola ha una durata di 149', eppure si ha l'impressione di arrivare alla fine d'un fiato.
Neorealismo d'altra parte indossato anche dai pochi interpreti ben riconoscibili in The Search, in particolare da
una Annette Bening acqua e sapone con la sua Helen, al fianco di Berenice Bejo (moglie del regista e già star in The Artist) qui tradotta in Carole, che si occupa di diritti umani per conto dell'Unione Europea, il personaggio che dovrà lavorare su se stesso per distinguere tra burocrazia e umanità, fare i conti con l'indifferenza istituzionale e attivarsi con maggiore sensibilità nei confronti del piccolo Hadji. Il resto è il respiro a pieni polmoni dell'umanità devastata di un Paese sotto assedio e in cui si muove a tentoni il personaggio della sorella maggiore Raïssa (Zukhra Duishvili) alla ricerca di Hadji e del fratellino neonato. L'umanità silente e lacerata che trasuda tutta la potenza del dramma da generose carrellate in chiave assolutamente verista. E di un'umanità resa talora 'schizofrenica' al punto da passare dalla compartecipazione all'omicidio a sangue freddo - Hazanavicius mantiene persino gli schizzi di sangue sull'obiettivo! -
al gesto più dolce e naturale del mondo come quello di mettere il ciuccio in bocca a un neonato che piange, con ancora il fucile in braccio. Se questo me lo chiamate mélo!
Secondo commento critico (a cura di JUSTIN CHANG, www.variety.com)
OSCAR WINNER MICHEL HAZANAVICIUS MAKES A 180-DEGREE SHIFT FROM THE EFFERVESCENT CHARMS OF 'THE ARTIST' WITH THIS GRUELING, LUMBERING AND DIDACTIC WAR PICTURE.
“I want this to be a picture of dignity — a true canvas of the suffering of humanity!” So declared the comedy-director hero of Preston Sturges’ classic “Sullivan’s Travels,” and his fit of self-importance may well enlighten viewers as they ponder why Oscar-winning director Michel Hazanavicius has decided to follow the deft, effervescent charms of “The Artist” with “The Search,” a grueling, lumbering, two-and-a-half-hour humanitarian tract that all but collapses under the weight of its own moral indignation. Intermittently stirring and undeniably well made as it slowly unspools a multi-pronged drama set during the 1999 outbreak of the Second Chechen War, the picture has run-of-the-mill pacing and storytelling lapses that are compounded by its ultimately hectoring, didactic approach. Significant trims, and perhaps key restorations from a reportedly
longer cut, could improve its chances for widespread theatrical export, though its search for a receptive audience is destined to be a hard one.
Hazanavicius’ screenplay draws its inspiration from Fred Zinnemann’s 1948 film of the same title, which starred Montgomery Clift as an American soldier who comes to the aid of a young Auschwitz survivor looking for his mother across a post-WWII landscape. In transferring the story to the front lines of the Russian invasion of Chechnya, a counter-terrorist operation that quickly devolved into a bloodbath and claimed thousands of civilian lives, Hazanavicius clearly means to shed light on a recent conflict that has been addressed by relatively few documentary and narrative filmmakers, while updating a straightforward, emotionally effective drama with as much contemporary verisimilitude as possible.
To that end, “The Search” opens with a duly horrifying five-minute prologue shot on handheld video from the perspective of a Russian soldier, who
watches as his goonish cohorts murder a couple (whom they jokingly refer to as “terrorists”) in the town of Nazran, located about 21 miles from the Chechen border. Fearfully observing the whole scene from a nearby window is the couple’s 9-year-old son, Hadji (Abdul-Khalim Mamatsuiev), who manages to escape on foot with his infant brother, whom he leaves on the doorstep of one of the few houses that hasn’t been reduced to fiery rubble in the wake of the Russian onslaught. Eventually, and with the help of a few kind souls amid a great throng of hungry, exhausted and grief-stricken refugees, Hadji makes his way to an orphanage run by an American, Helen (Annette Bening), who tries but fails to learn his name and the details of his story. Understandably and irrevocably scarred by his experience, Hadji has become completely mute and unresponsive, unable to do much more than eat,
sleep and fix the camera with his wounded, forlorn stare.
Of course, as he demonstrated in “The Artist,” Hazanavicius is a director who can work wonders with silence, and while Hadji’s story has no shortage of precedents in the long tradition of orphan-centric tearjerkers, the director’s sensitive and attentive treatment of his child subject sustains our sympathy and interest easily enough. Indeed, it’s when “The Search” opens its mouth that it begins to go astray, revealing, in its grand, overarching structure and transparently obvious dialogue, an unimpeachable but fatally heavy-handed message about the desperate need for global awareness and empathy through action.
Working hard to make sure the Chechen people know “the world hasn’t forgotten them” is Carole (Berenice Bejo, the director’s wife and star of “The Artist”), a French-born, Chechnya-based NGO worker who writes detailed reports on the crisis unfolding all around her in hopes that the United Nations’ foreign affairs
committee will be moved to intervene. Carole cares a great deal more than most, but her activism could apparently stand to be even more nobly directed, as becomes evident when she crosses paths with Hadji near the orphanage and, moved with compassion, decides to let him stay with her.
But the boy proves a more difficult project than she expected, holding stubbornly onto his silence (he doesn’t say a word until the film’s 90-minute mark), and only gradually revealing glimmers of warmth, trust and gratitude in response to Carole’s friendly but sometimes impatient gestures of kindness. And so this surrogate parent-child bond advances along conventionally moving lines, aided by occasional advice from Helen, who doesn’t realize that Hadji is the boy that Carole has taken in. If she did, she would surely have informed Hadji’s older sister, Raissa (Zukhra Duishvili), whose desperate, lonely search for her brother furnishes a key parallel
subplot here.
Still another narrative thread — the one farthest removed from the rest of the story, and easily the most dispensable — concerns the fate of Kolia (Maxim Emelianov), a Russian youth who is arrested for drug possession and drafted into army service, where he undergoes a “Full Metal Jacket”-style baptism by violence and becomes another dehumanized killing machine. The extreme attention paid to the details of Kolia’s ordeal — the homophobic slurs and hazing rituals, the physical and verbal abuse dished out by military superiors, the need to prove one’s worthiness by committing hideous acts of brutality — proves emblematic of Hazanavicius’ determination to not only provide as comprehensive a view of the conflict as possible, but also to put a human face on barbarism, showing how systems corrupt even the innocent.
Yet it’s a typically patronizing distraction in a picture that is content, in the end, to reduce its
characters to either tragic victims or moral mouthpieces. Falling squarely into the latter camp is Bejo’s character, who, as a stand-in for the audience, is tasked with absorbing our collective guilt and channeling it in a properly uplifting, positive direction. In discussing her upcoming presentation to the U.N. committee, Carole insists to her colleagues, “It has to matter, it has to make a difference” — words that no doubt reflect the filmmakers’ regard for their own mission as they launch a sustained attack on the forces of human indifference and complacency. But by the time “The Search” finally reaches its entirely foreseeable and oddly unsatisfying conclusion (the film could have reached this point faster and spent a bit more time clarifying the aftermath), your reaction is likely to be one less of passionate inspiration, perhaps, than of weary relief that the lecture is finally over.
The actors all turn in fine
work within fairly circumscribed parameters, and none are more constrained than young Mamatsuiev, who achieves a nice rapport with Bejo nonetheless. Bening believably presents Helen as a woman whose wisdom and humanity occasionally manifest themselves as impatience, and she and Duishvili are given one lovely scene that quietly and economically conveys everything the film needs to say about the human capacity for decency under difficult circumstances.
The first-rate production lensed entirely in Georgia, whose own mountainous, battle-scarred landscape made it a natural substitute for war-torn Chechnya, allowing Hazanavicius and his expert crew (much of it retained from his previous pictures) to use numerous pre-existing structures with minimal reliance on digital effects; from the various bombed-out buildings to the army barracks to the makeshift refugee camps, Emile Ghigo’s production design is effortlessly convincing. Guillaume Schiffman’s muted images have been almost entirely leached of color except ash grays and mud browns, accentuated by
the occasional slash of dark red blood. Sound work is excellent, particularly in one wall-rattling scene showing the ascent of a Russian army helicopter. With no credited composer on the film, music is kept to an effective minimum.
The Search - trailer (versione originale sottotitolata in francese)
The Search - clip 'Come ti chiami?'
The Search - clip 'Lite in cortile'
The Search - clip 'L'uccisione dei genitori di Hadji'
The Search - clip 'Non è facile?'
The Search - clip 'L'arresto di Kolia'
The Search - clip 'Perquisizione'
The Search - clip 'La pizza'
The Search - clip 'Decollo dell'elicottero'
The Search - featurette 'L'orrore della guerra' (versione originale sottotitolata)
The Search - featurette 'Un bambino più forte della guerra' (versione originale sottotitolata)
The Search - featurette 'I ceceni' (versione originale sottotitolata)
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