BLUE JASMINE: IL NUOVO FILM DI WOODY ALLEN CON CATE BLANCHETT ED ALEC BALDWIN ATTESO PER LA SECONDA META' DEL 2013
PREMIO OSCAR 2014 per la 'MIGLIORE ATTRICE PROTAGONISTA' (CATE BLACHETT) - dal 5 DICEMBRE - RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by JUSTIN CHANG (www.variety.com)
"Fin dal primo minuto del film si evince che Jasmine è una donna persa. Il fatto che lei si ritrovi a parlare da sola è sintomo di chi ha dei problemi evidenti... La resistenza di Jasmine è stata davvero messa a dura prova. In un impeto di rabbia ha commesso un fatto che ha avuto dei risvolti terribili, che non aveva previsto, dei quali porta ancora le molte conseguenze traumatiche... Ha perso il suo conto aperto da Prada; ha perso la sua carta di credito gold, e il suo appartamento sulla Fifth Avenue? Certo, è un peccato, ma c'è un sacco di gente in America che non ha neanche i soldi per mangiare. Ciò che deve colpire della sua storia, è che qui non si tratta solo di una improvvisa privazione economica, ma di un suo tragico difetto caratteriale che l’ha resa l’artefice della sua stessa fine. E’ una persona che non si è mai interessata di conoscere la fonte, la provenienza della sua ricchezza, del suo benessere, del suo reddito, della sua stabilità ; e per questo ha pagato un prezzo molto alto. In generale questo è un difetto umanamente comune: agiamo con superficialità in molte cose, spesso nei confronti dei nostri figli, o dei nostri mariti, e delle mogli".
Il regista e sceneggiatore Woody Allen
(Blue Jasmine; USA 2013; Commedia; 98'; Produz.: Perdido Productions; Distribuz.: Warner Bros. Pictures Italy)
Casting: Patricia Kerrigan DiCerto e Juliet Taylor
Scheda film aggiornata al:
04 Marzo 2014
Sinossi:
IN BREVE:
Storia della vita di un'affascinante casalinga di New York agli ultimi stadi di una crisi acuta.
Jasmine (Cate Blanchett) vive a New York ed è sposata col ricco uomo d'affari Hal (Alec Baldwin). Tutto va alla grande fin quando non si scopre che Hal è in realtà un truffatore. Questa scoperta porta alla rovina finanziaria della famiglia ed al crollo psicologico di Jasmine, la quale decide di trasferirsi dalla sorella a San Francisco.
IN DETTAGLIO:
Di fronte al fallimento di tutta la sua vita, compreso il suo matrimonio con un ricco uomo d'affari Hal (Alec Baldwin), Jasmine (Cate Blanchett) una donna elegante e mondana newyorchese, decide di trasferirsi nel modesto appartamento della sorella Ginger (Sally Hawkins) a San Francisco, per cercare di dare un nuovo senso alla propria vita.
Nel frattempo, Jasmine accetta malvolentieri un lavoro come receptionist in uno studio dentistico, dove attira le attenzioni indesiderate del suo capo, il dottor Flicker (Michael Stuhlbarg). Reputando giusta la considerazione fatta da sua sorella riguardo la scelta di uomini sbagliati nella sua vita, Ginger inizia a frequentare Al (Louis CK), un tecnico del suono che lei considera un gradino superiore a Chili. Jasmine invece intravede come una potenziale ancora di salvezza l’incontro con Dwight (Peter Sarsgaard), un diplomatico infatuato dalla sua bellezza, dalla sua raffinatezza e dal suo stile. Il difetto di Jasmine è che vive costantemente del giudizio degli altri per aumentare la sua autostima, rimanendo però cieca di fronte a ciò che accade intorno a lei.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
In un regno lontano lontano (Park Avenue), una principessa vive felice insieme al suo Principe Azzurro. Almeno fino a quando non arriva il mostro cattivo: il fisco statunitense. Potrebbe essere questo l’incipit della favola di Jasmine (Cate Blanchett), donna viziata e volitiva - non per colpa sua ma per colpa delle troppe attenzioni dell’adorante marito Hal (Alec Baldwin) -, la quale scoperta la friabile sabbia su cui si poggiava la sua intera esistenza, assiste poi inerte al conseguente smottamento: prima le prove di vivere accanto ad un bugiardo fedifrago, quindi le accuse di frode fiscale con case, gioielli e conti in banca sequestrati. Jasmine finisce così per strada (letteralmente). Una strada che invade di valigie Vuitton, d’accordo, ma pur sempre per strada è… A questo punto non resta che giocare l’ultima carta: trasferirsi a San Francisco per smuovere a pietà la sorellastra Ginger (Sally Hawkins), la quale vive felice e
contenta accanto al nuovo amore (Bobby Cannavale) e ha già dimenticato che proprio Jasmine è stata la causa della rottura del suo primo matrimonio. Un incontro-scontro che non “salverà †nessuna delle due.
In una sceneggiatura che non dimentica di essere arguta e perfino meschina nel mettere in evidenza le pochezze della vita fatua di molti, il rasoio di Allen qui non riesce a fendere a pieno, preferendo inchinarsi alla sua protagonista.
Delle donne di Woody Allen si è scritto e riscritto ovunque e non resta molto altro da aggiungere, se non che insieme a Mia Farrow, Diane Keaton, Anjelica Houston e Scarlett Johansson (che ci piaccia o meno ha avuto il ruolo di musa in ben tre film), nell’elenco ora bisogna inserire a pieno titolo anche Cate Blanchett. L’attrice australiana è monumentale: dalla prima scena (quando in aereo blatera della propria vita ad una ignara passeggera) fino alla scena finale (trucco sfatto, Chanel sgualcito e conversazione a due a voce alta tra lei e se stessa su una panchina), Blanchett tratteggia un personaggio femminile immenso, con una maturità interpretativa che lascia senza
fiato. Tragica e sconfitta, incapace di accettare lo scorrere della vita e per questo imbottita di gin e Xanax, Jasmine/Cate continua a restare ancorata alla New York che ha lasciato (Woody e i suoi vezzi…) e con essa una vita che non tornerà mai più, immergendosi malvolentieri in una San Francisco che rifiuta di accettare. Metafora massima della catastrofe di una vita che riaffiora senza soluzione di continuità e che rifiuta, appunto, di accettare. E Allen fa la cosa più sensata: la lascia da sola sullo schermo, come un topo in trappola che cerca disperatamente la via di uscita e che non trova conforto nemmeno nella citazione di Fitzgerald da Un tram chiamato desiderio (da sottolineare l’efficacia di Sally Hawkins nel ruolo di Ginger, che per Jasmine è quello che Stella fu per Blanche) che il regista le imbastisce intorno. Blue Jasmine sarà forse evanescente sotto il profilo cinematografico se
si pensa alla sconfinata grandezza dell’Allen che fu, ma vedere Jasmine/Cate che via via viene demolita dalla sua stessa consapevolezza che una vita è passata e che quella in arrivo non fa per lei, non ha davvero prezzo.
Secondo commento critico (a cura di JUSTIN CHANG, www.variety.com)
San Francisco has been good to Woody Allen, from his 1969 directing debut with ¡°Take the Money and Run¡± to his lead turn in 1972¡äs ¡°Play It Again, Sam,¡± and a long-overdue return visit provides just the shot of artistic adrenaline he needs in ¡°Blue Jasmine.¡± It doesn¡¯t hurt that this serious-minded but ruefully funny work is centered around a mesmerizing performance by Cate Blanchett as a neurotic Allen heroine for the ages, a desperate New York socialite who heads West after losing her husband and their ill-gotten fortune. Probing the allure of romantic fulfillment and upward mobility with rigor, emotional generosity and a pleasing sense of dramatic balance, this Sony Classics release won¡¯t do ¡°Midnight in Paris¡±-sized numbers, but solid critical response should pull in more than just the Woodman faithful.
Following the frivolities of ¡°Midnight in Paris¡± and ¡°To Rome With Love,¡± Allen makes an invigorating return to American
soil with a meaty, fully realized drama that cleverly functions as both an update of ¡°A Streetcar Named Desire¡± and a satire on One Percent excess. And while ¡°Blue Jasmine¡± is rather less idyllic than the writer-director¡¯s previous creative high point, ¡°Vicky Cristina Barcelona,¡± it superficially recalls that 2008 comedy in charting the fortunes of two women, a blonde and a brunette, pursuing their very different goals in life. Yet Blanchett¡¯s performance is so dominant in terms of screentime and emotional impact that the film succeeds as not only a virtuoso ensemble piece, but also an unflinchingly intimate study of the character in the title.
The fact that Jasmine sometimes still uses her birth name, Jeanette, provides an early clue that this is a woman with a talent for self-invention ¡ª someone who can¡¯t help but delude herself and others, and who doesn¡¯t mind turning a blind eye to those inconvenient
realities that might threaten her life of privilege. That privilege has been yanked away from Jasmine as she arrives in San Francisco, evidently broke and single, and moves in with her sister, Ginger (Sally Hawkins).
That the girls were adopted from different sets of biological parents explains their lack of resemblance, in looks and temperament. While laid-back, free-spirited Ginger works at a supermarket, has two rowdy kids from a previous marriage, and is engaged to a macho, greasy-haired tough named Chili (Bobby Cannavale), Jasmine is clearly made of classier stuff, or so she thinks. Regular flashbacks reveal her life of luxury in the Hamptons with her businessman husband, Hal (Alec Baldwin), who turned out to be as chronically unfaithful to her as he was to his investors. Among the many victims of his Madoff-like schemes were Ginger and her then-husband, Augie (actor-comedian Andrew Dice Clay), who made the mistake of entrusting
Hal with $200,000 in lottery winnings.
The contrast between past and present begins to feel almost unbearably cruel as Jasmine is forced to pull herself up by her bootstraps, not an easy task for someone accustomed to Jimmy Choos. Eventually she begins working as a receptionist for a lecherous dentist (Michael Stuhlbarg) and taking computer classes, the first steps toward a highly improbable career in interior design. Yet far from humbling or inspiring her, hard work seems to make her only more pinched, whiny and abrasive, and as she compulsively mixes martinis and Xanax, she becomes ever more critical of the easily contented Ginger and her ¡°loser¡± boyfriend.
While the New York flashbacks occasionally veer toward overstatement, they convey more than mere backstory, providing a psychological entry point as Jasmine becomes more and more unglued with every painful reminder of what she¡¯s lost. Quivering with barely repressed rage, at times muttering to
herself as she stares blankly into the void, Jasmine instantly takes her place among the most dynamic female protagonists in the Allen oeuvre, which is no small feat. It¡¯s a brilliantly bipolar piece of acting, bringing an almost Method rawness to the writer¡¯s typically refined dialogue, and what gives Blanchett¡¯s performance such force is how expertly she modulates her character¡¯s mood swings: One minute she¡¯s a pill-popping, bleary-eyed wreck, the next she¡¯s a vision of radiant, sylphlike elegance (especially in an array of stunning outfits designed by Suzy Benzinger), cozying up to a handsome diplomat (Peter Sarsgaard) who may hold the key to her future.
It becomes clear that while Jasmine scarcely deserves her fantasy world of effortless, extravagant wealth, it¡¯s a world she absolutely belongs to and thrives in. Our sympathies are artfully scrambled; we begin to root for this over-entitled, self-destructive shrew to find love and lucre in spite
of herself, lending the story a certain train-wreck fascination as it barrels toward its bitterly ironic conclusion.
The script takes a similarly complex view of its secondary characters, and what gives ¡°Blue Jasmine¡± its particular integrity is its acknowledgment that, despite their obvious differences in sophistication, taste and socioeconomic background, every one of these folks may have a point. Allen¡¯s sense of class stratification here isn¡¯t exactly nuanced, but his sympathies are more evenly distributed than usual, and he happily reveals more than one side to every personality, a strategy that helps bring out the best in a very fine cast.
Inclined as one might be to condescend to coarse, working-class Joes like Chili and Augie (the names here are especially pungent and evocative), the film duly acknowledges that these dudes are far more admirable than their upscale counterparts, a point that Cannavale and Clay (an especially offbeat and rewarding casting choice)
underscore with their mouthy, big-hearted performances. The other male roles have been cast with similar care: Baldwin, back for more after ¡°To Rome With Love,¡± is almost too persuasive as a Wall Street sleaze; Louis C.K. is likable as a guy who takes a particularly randy interest in Ginger; and Alden Ehrenreich makes a welcome appearance as Hal¡¯s Ivy Leaguer son. But besides Blanchett, it¡¯s Hawkins who leaves the strongest impression as the sensitive and sensible Ginger, deflecting her sister¡¯s attacks with endless patience and the occasional well-deserved telling-off. It¡¯s the less flashy of the two roles, but Hawkins inhabits it with a graceful, unshowy depth of feeling.
While Allen displays more interest than usual in the particulars of lower-income living and even deigns to usher some of his characters into the computer age, the result can¡¯t help but feel at times like a somewhat cushy, elevated Woody-world fantasy of workaday
existence. Even Ginger¡¯s Mission District apartment, meant to seem cramped in comparison to Jasmine¡¯s beachside estate, looks relatively spacious considering the location. Along similar lines, Javier Aguierresarobe¡¯s sun-dappled lensing can¡¯t help but show off San Francisco to great advantage, as the film makes time for a walk along Ocean Beach, an amble through Chinatown, and a brief, obligatory shot of the Golden Gate Bridge. The old jazz standard ¡°Blue Moon¡± makes a poignant main theme for this tale of romantic longing.
Perle di sceneggiatura
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Warner Bros. Pictures Italia e Silvia Saba (SwService)
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