'Eldorado', torna al festival la tragedia dei migranti. A due anni da 'Fuocoammare' in concorso, il film di Markus
23/02/2018
- Eldorado di Markus Imhoof, passato fuori concorso al Festival di Berlino, torna a parlare della tragedia dei migranti a due anni da Fuocoammare di Gianfranco Rosi che si era guadagnato l'Orso d'oro, ma lo fa senza fiction entrando direttamente in zona di guerra.
Si parte con una vicenda personale che viene dal passato dell'autore, quando ragazzino in Svizzera, incontra Giovanna bambina italiana rifugiata accolta in casa dai suoi genitori, ma poi si entra direttamente in tema. Si va nel Mediterraneo, in Libano, in Italia, in Germania e in Svizzera. E tutto questo per far vedere come vengono trattati davvero i migranti che vivono come una loro Divina Commedia, come si dice a un certo punto nel documentario, tra inferno (la loro fuga in mare), purgatorio (i centri di accoglienza) e paradiso (l'idea di poter raggiungere l'Europa del Nord).
Si segue la vicenda di una nave militare italiana al largo delle coste libiche che accoglie a bordo 1.800 migranti, si entra poi nei centri di accoglienza e si racconta, infine, del loro sfruttamento nelle piantagioni di pomodori o, nel caso delle donne, nella prostituzione.
"Io e Rosi abbiamo iniziato a girare quasi allo stesso tempo, ma io volevo far vedere più la macchina che gira intorno ai migranti a tutti i livelli tra solidarietà e sfruttamento" dice il regista che torna a parlare di rifugiati dopo il suo precedente The Boat is Full, Orso d'Argento nel 1981.
Comunque un documentario che ha dovuto affrontare mille difficoltà: "Girare nei ghetti dove sono assemblati i migranti che raccolgono i pomodori è difficile, ma ancora di più farsi aprire le porte dalle istituzioni che hanno paura di mostrarsi o troppo buone o troppo inflessibili".
E ancora Markus Imhoof: "Avevamo anche troppo materiale a disposizione, ma ho pensato che bastasse far vedere che quando mangiamo una pizza, i pomodori sono stati raccolti da immigrati che lavorano nel Sud Italia in condizioni di semi-schiavitù, una cosa che sembra non riguardarci. Dobbiamo farla finita di urlare come fossimo i soli a farlo. Se tutti insieme denunciassimo quello che accade, saremmo una forza"
(ANSA CINEMA)
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