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MEEK'S CUTOFF - IL SENTIERO DI MEEK: LA REGISTA KELLY REICHARDT TORNA A DAR LA PAROLA ALL'ELOQUENZA DEL PAESAGGIO ANCOR PRIMA CHE AI SUOI EMIGRANTI PER UN'ASSORTA PANORAMICA SUGLI ALBORI DELLA CULTURA DI FRONTIERA AMERICANA
Dalla 67. Mostra del Cinema di Venezia - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - QUELLI CHE... della distribuzione italiana non se ne sa nulla!!!
"... in un saggio sul West americano, Marilynne Robinson afferma che le nostre mitologie riguardo il West sono distorte, caratterizzate solo da pistoleri, guerre e conquiste, John Wayne, ampi spazi e massacri. E se invece, suggerisce, oltre a quel sistema di miti, dominato dagli uomini e dal caos, ci fosse un mito diverso, più comunemente percepito dalle donne, un West dominato dagli spazi e dal silenzio? Un West di silenzi, in cui i vasti spazi non invitano all'azione, ma a ciò che ho definito qui una condizione di trance?".
Lo scrittore Charles Baxter (*)
(Meek's Cutoff USA 2010; western; 104'; Produz.: Evenstar Films / Film Science / Harmony Productions / Primitive Nerd, post-produzione: Wildfire Studios; Distribuz.: ARCHIBALD Enterprise Film)
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Titolo in italiano: Meek's Cutoff - Il sentiero di Meek
Titolo in lingua originale:
Meek's Cutoff
Anno di produzione:
2010
Anno di uscita:
2014
Regia: Kelly Reichardt
Sceneggiatura:
Jon Raymond
Cast: Michelle Williams (Emily Tetherow) Bruce Greenwood (Stephen Meek) Will Patton (Solomon Tetherow) Zoe Kazan (Millie Gately) Paul Dano (Thomas Gately) Shirley Henderson (Glory White) Neal Huff (William White) Tommy Nelson (Jimmy White) Rod Rondeaux (L'indiano)
Musica: Jeff Grace
Costumi: Vicki Farrell
Scenografia: David Doernberg
Fotografia: Christopher Blauvelt
Montaggio: Kelly Reichardt
Effetti Speciali: Donnie Creighton (effetti visivi)
Makeup: Leo Won
Casting: Laura Rosenthal
Scheda film aggiornata al:
17 Novembre 2013
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Sinossi:
IN BREVE:
E' il 1845, sono i primi giorni dell'Oregon Trail e una carovana di tre famiglie ha assunto la guida Stephen Meek affinché li accompagni fino alle montagne di Cascade. Affermando di conoscere una scorciatoia, Meek guida il gruppo su un sentiero non tracciato, attraverso un deserto sugli altipiani, per perdersi tra le rocce aride e l'artemisia. Nei giorni seguenti, gli emigranti devono affrontare fame, sete e la reciproca mancanza di fiducia negli istinti di sopravvivenza. Quando un nativo americano incrocia la loro via, il gruppo è indeciso tra riporre la fiducia in una guida che si è dimostrata inaffidabile o in un uomo che hanno sempre considerato un naturale nemico.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Un film come Meek’s Cutoff richiede un approccio speciale. Il passo scelto dal saggio Stillness di Charles Baxter (vedi dichiarazione in testata nella scheda film) incarna l’obiettivo per la corretta messa a fuoco di questa pellicola decisamente in controtendenza. Saggio dove si parla della mitologia corrente del West americano, incastonata, com’è ben noto, in un alveolo impreziosito solo da pistoleri, guerre e conquiste, massacri e ogni genere di brutalità (John Wayne docet). Attraversate col pensiero un asse mediano irrinunciabile - e, va detto, di gran lunga superiore - quale quello dello spaghetti-western esploso con Sergio Leone, e poi andate oltre, molto oltre: provate ad immaginare una storia ‘on the road’ ambientata nelle screpolate terre bruciate dell’Oregon all’epoca (qui corre l’anno 1845) dei ‘trails’ di carovane di emigranti. Ma nessuno è veramente protagonista in questa inconsueta traversata per un sentiero non tracciato, là dove incontriamo una guida sui generis, tre donne, |
tra cui Emily Tetherow (Michelle Williams), determinante nell’azione di pensiero, e un pellerossa, cui qui si affida la silenziosa ironia di chi non ha altra scelta che prender atto dell’incapacità , malgrado la convinzione di superiorità , del gruppo che lo ha fatto prigioniero.
Con Meek’s Cutoff scoprirete altre facce, inedite, forse mai raccontate prima, di una storia quasi senza ossatura, ridotta allo scheletro di un plot in cui si esibisce con un certo orgoglio la negazione dei generi in celluloide. Un inedito sguardo con cui, al caos e alla spregiudicatezza del machismo maschile in azione, la regista Kelly Reichardt (Old Joy, 2006; Wendy and Lucy, 2008), nella cui opera ricorrono i paesaggi americani e i racconti di viaggio, contrappone un West dominato da assordanti silenzi come unici abitanti di spazi e tempi estremamente dilatati. E l’attesa dei personaggi sarà la nostra: vivremo lo stesso tedio proteso verso un qualcosa aperto sull’interminabile, carico |
di incertezze e paure per lo più represse nella rassegnata traversata. Persino i confini di solidarietà e fiducia perderanno i loro consueti contorni. Tutto è come tenuto in ostaggio da una sospensione rarefatta che inghiotte gli stessi interpreti finchè non ne diventano parte integrante. Ed è di fatto questa contagiosa sospensione la vera protagonista del film. Spiazzante ma anche geniale la conclusione enigmatica eppure raffinatamente eloquente sulla direzione da prendere.
Ma alla fin fine, la cinematografia non è solo studio e l’esasperazione della dilatazione temporale, più fedele alla realtà che alla celluloide, gli apprezzabili piani sequenza iniziali e successivi, cotanta insistenza sulle aride e scarnificate pianure dell’alto deserto dell’Oregon, appena stemperata alla luce di flebili, lirici scorci di crepuscoli o notturni, offrono una confezione certamente poco appetibile di questa sconcertante panoramica sui primi tempi della cultura di frontiera americana.
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Bibliografia:
(*) Charles Baxter dal saggio Stillness - Burning Down the House: Essays on Fiction (Saint Paul, MN: Graywolf Press, 1997)
Links:
Galleria Fotografica:
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