RECENSIONE - Da Venezia 80. - Il regista spagnolo Juan Antonio Bayona (The Orphanage, The Impossible) porta sul grande schermo l'epica vicenda di sopravvivenza in condizioni estreme di una squadra di rugby a seguito di un incidente aereo sul un ghiacciaio delle Ande - Dal 4 Gennaio in streaming
(La sociedad de la nieve; Uruguay, Spagna 2023; Biopic drammatico; 144'; Produz.: Cimarrón Cine, El Arriero Films; Distribuz.: Netflix)
Sceneggiatura:
Juan Antonio Bayona, Nicolás Casariego, Jaime Marques, Bernat Vilaplana
Soggetto: Basato sul libro di Pablo Vierci.
Cast: Enzo Vogrincic (Numa Turcatti) Matías Recalt (Roberto Canessa) Agustín Pardella (Nando Parrado) Tomas Wolf (Gustavo Zerbino) Diego Vegezzi (Marcelo Pérez del Castillo) Esteban Kukuriczka (Adolfo 'Fito' Strauch) Francisco Romero (Daniel Fernández Strauch) Rafael Federman (Eduardo Strauch) Esteban Bigliardi (Javier Methol) Simon Hempe (José Luis 'Coche' Inciarte) Juan Diego Eirea Paula Baldini (Liliana Navarro de Methol) Alfonsina Carrocio (Susana 'Susy' Parrado) Maximiliano de la Cruz (Dante Lagurara) Santiago Vaca Narvaja (Daniel Maspons) Cast completo
Felipe Gonzalez Otaño (Carlitos Páez) Agustín Della Corte (Antonio 'Tintín' Vizintín) Rocco Posca (Ramón 'Moncho' Sabella) Emanuel Parga (Carlos Roque) Fernando Contingiani (Arturo Nogueira)
Musica: Michael Giacchino
Costumi: Julio Suárez
Scenografia: Alain Bainée
Fotografia: Pedro Luque
Montaggio: Andrés Gil e Jaume Martí
Effetti Speciali: Pau Costa (supervisore)
Casting: María Laura Berch, Javier Braier e Iair Said
Scheda film aggiornata al:
22 Gennaio 2024
Sinossi:
Il volo di una squadra di rugby si schianta su un ghiacciaio delle Ande: i pochi passeggeri sopravvissuti allo schianto si ritrovano in uno degli ambienti più difficili del mondo per sopravvivere.
Nel 1972, il volo 571 dell'aeronautica uruguaiana, noleggiato per far volare una squadra di rugby in Cile, si schianta catastroficamente su un ghiacciaio nel cuore delle Ande. Solo 29 dei 45 passeggeri sono sopravvissuti allo schianto e trovandosi in uno degli ambienti più difficili del mondo, sono costretti a ricorrere a misure estreme per rimanere in vita.
Synopsis:
The flight of a rugby team crashes on a glacier in the Andes, few passengers who survived the crash, find themselves in one of the world's toughest environments to survive.
In 1972, the Uruguayan Air Force Flight 571, chartered to fly a rugby team to Chile, catastrophically crashes on a glacier in the heart of the Andes. Only 29 of the 45 passengers survived the crash and finding themselves in one of the world's toughest environments, they are forced to resort to extreme measures to stay alive.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Più grande è lo sforzo per salire, più forte picchia la montagna”
Se c’è qualcosa che fa elevare a cinema d’autore questa trasposizione sul grande schermo del tragico incidente, occorso nell’ormai lontano 1972 al volo 571 dell’aeronautica uruguayana, non è tanto il racconto in sé, ma il modo con cui se ne riproducono dinamiche estreme e i risvolti di sopravvivenza, nelle incredibili variabili da persona a persona, oltre che di gruppo: un racconto ricco e lenticolare, umanissimo, che, tramite i protagonisti, pone anche focali domande, etiche e, alla fine, universali. Un’eredità morale lasciata ai posteri dai deceduti così come dai sopravvissuti: tutti giovani ventenni e trentenni, in gran parte membri di una squadra di basket. La macchina da presa e il racconto in diretta con la voce fuori campo di uno dei protagonisti – il Numa di Enzo Vogrincic – in vita, e post morte (“Sono morto l’11 dicembre 1972 mentre
dormivo”), è solo uno degli stilemi altamente emotivi, oltre le già drammatiche circostanze. Circostanze cui si rende oggi omaggio con scorci fotografici di svariata interazione, umana e ambientale, fino all’estrema decisione di sostenersi, in totale assenza di cibo, con i corpi dei compagni deceduti. Più facile a dirsi che a farsi, in effetti.
Le argomentazioni al riguardo sono contrastanti ma a prevalere è la forza della vita: “Io non ho il diritto di fare tutto quello che posso per sopravvivere? Chi me lo toglie questo diritto?”. Anche la fede assume connotazioni diverse, perché “quello che sta succedendo qui non può essere visto con gli occhi di prima”. E se tutti noi prima o poi ci chiediamo che senso hanno certe cose, figurarsi quei giovani in quelle condizioni! Che senso ha che sulle macerie dell’incidente e dei morti si accaniscano anche valanghe di neve che li seppelliscono vivi? Dietro le montagne
copiosamente nevose ed impervie delle Ande, il verdeggiante Cile, che la maggior parte di loro non raggiungerà mai: “Questo è un posto dove vivere è impossibile. Gli estranei qui siamo noi”. Un’epopea per la vita che risponde alla domanda primaria “Che succede quando il mondo ti abbandona?... La risposta è nella montagna”
Juan Antonio Bayona (The Orphanage, The Impossible) sfodera qui una sensibilità e un modo di fare cinema da gran Maestro di stile, in cui la sua macchina da presa non si lascia sfuggire alcun fremito umano, marcando ogni uomo che lascia questo mondo con didascalie anagrafiche scippate alla cronaca, con doveroso rispetto. Come poteva esserci compiacimento o spettacolarizzazione in una tragedia del genere? Mesi consumati in un’attesa attiva, di soccorsi che non arriveranno mai, fino al disgelo, e solo perché alcuni volontari tra loro hanno intrapreso l’impossibile ‘odissea’ di raggiungere il Cile a piedi, valicando un passaggio tra le
Ande. Naturalmente, dopo aver verificato che la comunicazione radio non avrebbe funzionato, peraltro a seguito di un arduo recupero delle batterie nella coda dell’aereo, introvabile per molto tempo.
E’ questa una parabola visiva ed emozionale di gragnole di tentativi falliti su vasta scala per la sopravvivenza, ed è anche uno sforzo corporativo che dà ragione di essere al titolo del film: ‘la società della neve’. Film che ha alle spalle l’omonimo libro di Pablo Vierci, che documenta i racconti dei 16 sopravvissuti sui 45 imbarcati sull’aereo. “Ma loro non si sentono eroi, perché sono morti come noi, e solo loro sono tornati”.