Helen Hunt protagonista in un horror per Adam Randall (iBoy, Level Up) - RECENSIONE in ANTEPRIMA
(I See You; USA 2019; Noir Horror; 98'; Produz.: Head Gear Films in associazione con Kreo Films FZ, Metrol Technology, Real by Fake, Zodiac Features, Zodiac Holdings; Distribuz.: Film & TV House, GEM Entertainment, Bankside Films)
Cast: Helen Hunt (Jackie Harper) Jon Tenney (Greg Harper) Owen Teague (Alec Travers) Judah Lewis (Connor Harper) Libe Barer (Mindy) Gregory Alan Williams (Spitzky) Erika Alexander (Tenente Moriah Davis) Allison Gabriel (Ufficiale Grace Caleb) Adam Kern (Carpentiere) Riley Caya (Justin Whitter) Nicole Forester (Mrs. Whitter) John Newberg (Mr. Braun) Teri Clark (Mrs. Braun) Jeremy Gladen (Tommy Braun) Wyatt McClure (Il giovane Tommy Braun)
Musica: William Arcane
Costumi: Nancy Collini
Scenografia: Carmen Navis
Fotografia: Philipp Blaubach
Montaggio: Jeff Castelluccio
Makeup: Sandra S. Orsolyak (direzione)
Casting: Nancy Nayor
Scheda film aggiornata al:
05 Maggio 2021
Sinossi:
In breve:
Un investigatore che si occupa del rapimento di un bambino fa emergere legami con dei drammatici eventi avvenuti in passato. Nel frattempo l'investigatore lotta per trovare il modo di perdonare i tradimenti della moglie, mentre la donna affronta il senso di colpa. Una presenza malvagia inizia, però, a manifestarsi nella loro casa, mettendo il giovane figlio della coppia in pericolo mortale.
Short Synopsis:
Strange occurrences plague a small town detective and his family as he investigates the disappearance of a young boy.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Gli ingredienti di genere non mancano. Ci sono tutti. A cominciare dall’insistente e squillante soneria sui titoli di testa e dall’esplorazione con la macchina da presa di un paesaggio in cui ci si addentra quasi in punta di piedi, scoprendo che, plausibilmente, in un posto come quello, può accadere di tutto. Perfino vedere un bambino in bici sbalzato letteralmente di sella apparentemente da una forza invisibile. Ma con quel ‘io ti vedo’ o, per meglio dire, ‘vi vedo’ - I see you nel titolo originale - il regista Adam Randall (iBoy, Level Up), ordisce un ‘tranello’ allo spettatore, portandolo a credere all’opera di una presenza soprannaturale malvagia, così come da copione, nel genere noir horror. Nulla di più sbagliato. Se pensate questo siete fuori strada. Ma il tranello è voluto, per mantenere alto un certo filo tensivo, che tiene bene almeno fin quando non si scoprono le carte. E’ lì
che il plot narrativo si fa meno interessante, scricchiolando qua e là per qualche stortura o sciatteria, riguardo a passaggi non sufficientemente definiti, lasciati appesi nel vuoto, al loro destino incompiuto.
Così, al posto della supposta forza malvagia, si fa sempre più strada un nuovo veicolo, armato di tutta la concretezza possibile, tale da spiegare perfettamente ogni cosa, poco prima apparentemente incomprensibile. E come? Riavvolgendo il nastro del già visto e facendolo rivedere da un’altra prospettiva. Una prospettiva che ha molto a che vedere con una sorta di ‘sport illegale’ denominato ‘frogging’ - da ‘frog’, rana, ammiccando al suo saltellare da un posto ad un altro - praticato da ragazzi senza fissa dimora. Ed ecco anche il senso del ragazzo con la maschera, da rana, appunto, nel poster del film. Beh, scoprirete, tra le molte altre cose, che questo ‘frogging’ è per l’appunto il caso che interessa anche la mega
villa dell’investigatore Greg Harper (Jon Tenney), chiamato a risolvere il caso del ragazzino scomparso. Investigatore alle prese anche con la metabolizzazione del tradimento della moglie psicoterapeuta Jackie (Helen Hunt) che, dal canto suo, si ritrova giocoforza a gestire ovvi sensi di colpa, soprattutto ai danni del figlio adolescente Connor (Judah Lewis), particolarmente arrabbiato con lei. E’ dunque di scena una quotidianità colorita da strani fenomeni, strane intrusioni, strani accadimenti che, paradossalmente, man mano che vengono spiegati e risolti con il sistema di rivedere le stesse scene una seconda volta, ma con l’anello mancante, si aggroviglia ancor più la matassa, oltretutto facendo ricorso ad un bel po' di splatter, fin troppo insistito. Alle ultime sequenze è affidato il compito di riavvolgere il filo, ritrovando il bandolo della matassa, lasciando che, l’immancabile colpo di scena finale, si spalmi su quel domino, rimasto a secco di pedine.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)