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    L'INTERVISTA

    62a Mostra: Lido di Venezia, 2 settembre 2005 PRESS CONFERENCE & DINTORNI : Good Night, and Good Luck per la regia (e interpretazione) di GEORGE CLOONEY

    03/09/2005 - David Strathairn (attore); George Clooney (regista, attore); Patricia Clarckson (attrice); Grant Heslov (co-sceneggiatore, produttore, attore)

    L’ovazione in sala stampa e i complimenti per questo film “intelligente” sono ben meritati. Va ad aggiungersi agli onori al merito la sempre più amabile cordialità dimostrata da George Clooney, che ha qui avuto modo di rimarcare alcuni tratti importanti del suo film:

    Il perno del soggetto è la qualità delle notizie e del giornalismo stesso com’erano intesi negli anni Cinquanta, l’epoca ritratta nel film, argomento ritenuto dallo stesso George Clooney di “bruciante attualità” e con il quale è dunque possibile confrontarci, per quanto ci tenga a precisare che il film non è affatto nato come critica all’amministrazione attuale ma come un’opportunità di riflessione e di dibattito sul tema:

    Oggi siamo infinitamente meno informati rispetto a 15 anni fa. Il problema numero 1 è che non leggiamo più. Inoltre, e questo è solo il secondo di una lunga lista di problemi, l’informazione in generale e quella televisiva in particolare, sono frammentate fino all’inverosimile, con il paradosso che possediamo migliaia di giornali o centinaia di canali televisivi ma siamo comunque meno informati. Quando ero un ragazzo, in America c’erano in pratica tre grossi network che diffondevano in linea di massima lo stesso tipo di informazioni. Tu le ascoltavi, le facevi tue e poi le rielaboravi e le filtravi secondo quelle che erano le tue convinzioni, il tuo status sociale, e alla fine arrivavi a farti una tua opinione. A partire da quel momento, e qualunque fosse il tema affrontato, tu eri in grado di sviluppare e mantenere una determinata posizione. Oggi, invece, in virtù di questo esasperato frazionamento dell’informazione, noi andiamo a cercare le notizie, le informazione che non fanno altro che rafforzare le convinzioni che già abbiamo, che vanno a sostenere quello che ognuno di noi ritiene personalmente essere ‘il fatto’ e non ci troviamo mai di fronte ad una verità comune, una verità che sia la stessa per tutti e dalla quale poter partire per formarci poi delle opinioni”.

    Su questo sfondo, quale motore di un’encomiabile onestà sul piano dell’informazione, si colloca il personaggio protagonista del film, divenuto mitico per le incomparabili qualità professionali all’insegna del coraggio della verità ad ogni costo, riconsegnatoci dalla storia e da questo autentico ritratto in celluloide, quale vero e proprio ‘eroe’. Lo sottolinea l’interprete protagonista David Strathairn:
    Edward R. Murrow è stato un autentico eroe americano, una leggenda dei suoi tempi, anche se ormai sono in pochi quelli che si ricordano di lui. Di conseguenza, da questo punto di vista, sarà un film molto istruttivo perché i fatti e le storie che vedrete sul grande schermo sono la nostra storia…”.
    Personaggio nel cui senso di giustizia morale George Clooney si riconosce profondamente: “Erano uomini disposti ad imbarcarsi in grandi avventure, ad affrontare le grandi multinazionali proprietarie delle stesse aziende per le quali lavoravano. Non sono in tanti a volerlo fare oggi”.
    Personaggio cui ha reso egregiamente omaggio l’interprete protagonista David Strathairn, sulla cui straordinaria interpretazione concordano sia Heslov che Clooney:
    Grant Heslov: “Sapevamo già che era un grande attore ma quando devi interpretare un personaggio carismatico come Murrow non puoi mai sapere se funzionerà. Tuttavia, nel momento in cui si è piazzato davanti alla macchina da presa e ha cominciato a pronunciare uno dei suoi famosi discorsi, lo abbiamo visto trasformarsi. Ho lavorato con tantissimi attori ma non ho mai visto nessuno trasformarsi al punto tale che guardandolo mi dimenticavo che quello davanti a me non era Murrow ma un attore. E’ stato grandissimo”.
    Rincalza George Clooney: “La cosa principale che sapevo su Murrow è che ha sempre sentito di portare l’intero peso del mondo sulle spalle e David è il tipo di attore che pensa sempre di dover reggere il mondo, con tutte le sue responsabilità, da solo; nel momento in cui ho colto questo aspetto in lui ho capito, anzi abbiamo capito che sarebbe stato perfetto per la parte. Dopodichè, guardando le vecchie fotografie dalle quali traspare la gravità, la tristezza di Murrow, abbiamo capito che David sarebbe stato in grado di esprimere al meglio tutto questo. A quel punto siamo andati sul set e abbiamo iniziato a provare, e tutto è andato per il verso giusto. Aveva i capelli lunghi e la barba ma si è rasato, si è impomatato e ha cominciato a parare e noi siamo rimasti a bocca aperta”.

    Restando per un momento su piano dei personaggi e delle interpretazioni, tutt’altro che trascurabile si profila il ruolo in rosa. Unica interprete femminile in un cast tutto al maschile, Patricia Clarkson (Shirley Wershba) interpreta un personaggio interessante anche in quanto specchio della condizione femminile sul piano sociale in quell’epoca:
    Grazie a Dio oggi il ruolo della donna è cambiato. All’epoca la donna doveva invece muoversi dietro le quinte. Il mio personaggio faceva ricerche d’archivio, ma la vera protagonista reale, che peraltro ho avuto modo di conoscere, scriveva anche le informazioni, solo che lo faceva alle 2 la notte e nessuno sapeva né doveva sapere. Personalmente ho fatto molti film ambientati negli anni Cinquanta e con questo ruolo mi sono quasi sentita ‘a casa’. Sapevo dunque già parecchio della condizione della donna in quegli anni e mia madre che è un consigliere a New Orleans ha costituito un po’ il mio modello di riferimento, la mia fonte di ispirazione”.

    Quanto all’evidente e profondo interesse dimostrato da George Clooney per questa storia, che è riuscito a trasmettere agli altri attori, dando loro l’impressione di sapere assolutamente tutto quanto c’è da sapere sull’argomento, ha portato l’interprete protagonista David Strathairn a paragonare Clooney allo stesso Murrow: “George è veramente l’Edward R. Murrow di questa produzione e Grant (il produttore co-sceneggiatore e attore Grant Heslov) è Fred Friendly. Quei ragazzi avevano messo insieme un gruppo di persone che formavano una squadra incredibile. E grazie a George e Grant anche noi siamo riusciti a Toccare con mano l’energia che si sprigionava da loro e abbiamo capito che hanno fatto qualcosa di assolutamente sensazionale”.

    Energia e verosimiglianza. Per essere credibile doveva essere un ritratto d’epoca assolutamente accurato, autentico. Il che spiega l’inserimento di numerosi discorsi originali pronunciati da varie personalità dell’epoca, tra cui, appunto, quelli di Murrow, che “era e resta un grande Americano” e del fazioso e discutibile McCarthy, “ricordato come una persona che sfruttava la paura per ottenere la popolarità”, nonché la scelta di ricreare il personaggio di McCarthy ricorrendo solo ad immagini di repertorio. Aspetto che ha senza dubbio sottoscritto il tocco ‘documentaristico’ già di per sé respirabile dal film, che si offre, com’è logico per un periodo storico che ritrae gli albori della televisione, rigorosamente nelle veste in bianco e nero, così come venivano trasmessi i programmi televisivi in quegli anni.
    E comunque l’energia e la frenesia presenti nel programma televisivo ritratto dal film, funzionano da vere co-protagoniste e ricrearle sul piano della regia ha senz’altro costituito per George Clooney uno delle aspetti più interessanti ed emozionanti nelle varie fasi di realizzazione. “In genere la gente non aspetta che siano gli altri a parlare e questo succede in tanti film. Grant ed io (dopo aver realizzato la serie televisiva improvvisata per la HBO “Unscripted”) ci siamo letteralmente innamorati delle macchine da presa multiple e dell’idea di avere delle persone che parlano tutte insieme, coprendosi a vicenda, e di tutti gli altri elementi che adoravo dei film degli anni 70. Sono cose molto insidiose al contempo, perché il film è ambientato nel 1953 e nel 1954, e l’aspetto esteriore è molto diverso e quindi dovevamo trovare il punto di equilibrio. Per un attore di oggi è impossibile improvvisare la maniera in cui la gente parlava nel 1953 e per questo motivo abbiamo dovuto fornirgli i giornali dell’epoca e tutto il materiale che potesse in qualche modo prepararli a girare per 30 minuti per avere poi una scena da un minuto e mezzo. Per me è stata questa la parte più emozionante del film”.

    (a cura di PATRIZIA FERRETTI)


     
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