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    UN AFFARE DI FAMIGLIA

    VINCITORE della Palma d'Oro a Cannes 2018 - RECENSIONE - Dal 13 Settembre

    "La prima cosa che mi è venuta in mente è stata la frase: 'Solo i crimini ci tenevano uniti'. In Giappone, reati quali frodi alle pensioni e incoraggiamento al taccheggio da parte dei genitori sono severamente criticati. Ed è giusto che lo siano ma mi domando perché la gente si infuria tanto per quelle infrazioni minori a quando reati ben più gravi restano impuniti. Soprattutto dopo il terremoto del 2011, non mi trovavo a mio agio con quelli che continuavano a dire che i legami familiari sono importanti. Così decisi di approfondire l'argomento raccontando una famiglia legata dal crimine".
    Il regista, sceneggiatore e montatore Kore'eda Hirokazu

    (Shoplifters; GIAPPONE 2018; Drammatico; 121'; Produz.: AOI Promotion, Fuji Television Network, GAGA; Distribuz.: BIM Distribuzione)

    Locandina italiana Un affare di famiglia

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Un affare di famiglia

    Titolo in lingua originale: Shoplifters

    Anno di produzione: 2018

    Anno di uscita: 2018

    Regia: Hirokazu Koreeda

    Sceneggiatura: Kore'eda Hirokazu

    Cast: Lily Franky (Shibata Osamu)
    Ando Sakura (Shibata Nobuyo)
    Matsuoka Mayu (Shibata Aki)
    Kiki Kilin (Shibata Hatsue)
    Jyo Kairi (Shibata Shota)
    Sasaki Miyu (Hojo Juri)
    Aju Makita

    Musica: Hosono Haruomi (Victor Entertainment)

    Scenografia: Mitsumatsu Keiko Aoi Pro. Inc.

    Fotografia: Kondo Ryuto

    Montaggio: Kore'eda Hirokazu

    Scheda film aggiornata al: 06 Dicembre 2019

    Sinossi:

    Dopo uno dei loro furti, Osamu e suo figlio si imbattono in una ragazzina in mezzo ad un freddo glaciale. Dapprima riluttante ad accoglierla, la moglie di Osamu acconsente ad occuparsi di lei dopo aver appreso le difficoltà che la aspettano. Benché la famiglia sia così povera da riuscire a malapena a sopravvivere commettendo piccoli reati, sembrano vivere felici insieme finché un incidente imprevisto porta alla luce segreti nascosti che mettono alla prova i legami che li uniscono...

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    La verità sta tutta racchiusa nella versione inglese del titolo di questa sinuosa pellicola di blasonata marca giapponese: Shoplifters (taccheggiatori), ma per una volta il titolo italiano, Affare di famiglia, compensa la particolare realtà socio-affettiva qui affrescata dal regista, sceneggiatore e montatore Kore'eda Hirokazu (Nessuno lo sa, Father and Son e, tra molti altri, Ritratto di famiglia con tempesta). Una sorta di famiglia allargata sui generis, del tutto fuori dal pentagramma della società legalmente codificata, che mette a dura prova il concetto di legame affettivo. Un legame che trae il suo primo nutrimento, ai fini di una difficoltosa sopravvivenza, da quotidiani furtarelli, piccoli reati, per arrotondare i magri introiti derivati da impieghi di bassa manovalanza, spesso pure saltuari (nel campo edilizio il capo famiglia, in una lavanderia la sua compagna). Completano l'eccentrico quadretto: una nonna rustica dai grotteschi usi e costumi che la vedono tagliarsi le unghie dei piedi durante

    pasti frugali (per il trionfo di spaghetti di soia risucchiati come piccoli tornado da fameliche bocche voraci, zuppe di tofu e talvolta qualche crocchetta di riso); una ragazzina che si rende utile facendo l'intrattenitrice sessuale allo specchio unilaterale di un locale specializzato; un bambino sempre al fianco di quel padre che, ben presto si intuisce acquisito, e che ancora non riesce a chiamare papà.

    Il legame tra questo padre e figlio sui generis è il primo ad entrare in scena ed è anche l'ultimo a chiudere la finestra in celluloide aperta su questa famigliola derivata dalla strada e fondata sulla reciproca sussistenza, ai margini della società, della legalità con una morale a suo modo viva e del tutto 'personalizzata' in adattamento al contesto. La new entry è la piccola raccolta dal freddo e dal gelo che i due personaggi decidono di tenere solo dopo essersi resi conto che per lei

    sarebbe stato meglio così, a dispetto dell'esistenza di due genitori naturali, d'altra parte in continua lite, tra percosse e maltrattamenti vari: le bruciature e le ferite sul corpo della piccola tradiscono la realtà che si contrappone all'auto negazionismo, accampando la bugia della caduta. Ma insieme alle cure e al nutrimento, la piccola viene anche istruita al taccheggio. Operazione quotidiana che nel film diventa quasi una 'religione', con il suo preliminare rito, finché nella mente e nel cuore del bambino non si incrina qualcosa, sentendo la voce interiore della coscienza che gli suggerisce la vera morale. Il sollecito richiamo del negoziante a non insegnare alla sorella la 'preghiera' del 'furto (pane) quotidiano' è la prima lampadina di allarme interiore ad accendersi, mentre l'iniziale rifiuto della piccola in famiglia si va trasformando in un legame affettivo importante che diventa impellente esigenza di protezione. Il puzzle del giusto o sbagliato diventa un'unica visione

    e il dubbio certezza. Ma che ne è di quel legame familiare? Rispondere a questa domanda risulterà ancor più complicato alla luce di un altro imprevisto 'incidente'.

    La legge d'altra parte, tra assistenti sociali pronti ad intervenire nel modo più 'politicamente corretto', sa come riprendersi la patria potestà, e l'incidente indotto da quel bambino che, a modo suo, dice 'basta' ad un'esistenza fondata sul taccheggio quotidiano, soprattutto per amore verso la sorellina acquisita, riscrive paradossalmente i confini tra legale ed illegale, tra paternità e maternità naturali e non, e, soprattutto, riscrive i confini di quell'intreccio di legami affettivi, pulsanti in quel nucleo familiare che si va ora, di conseguenza, gradualmente sgretolando. La carrellata dei personaggi passati in rassegna uno ad uno in seno all'interrogatorio ad persona sull'illecito 'rapimento' della piccola, assume le sembianze di un 'neo - realismo' nipponico, rivisitato e corretto alla luce di questa partitura di 'confessioni cameo' raccolte

    una ad una in singoli piani sequenza, con i protagonisti rivoltisi direttamente allo spettatore. Sguardo dritto in macchina e poche spiazzanti parole offerte su un piatto d'argento come pillole di riflessione. Una riflessione che impone il silenzio alla presuntuosa esigenza di giudicare. Ogni pruriginosa, velleitaria, sentenza, si vede costretta ad indietreggiare, per farsi da parte e non proferire parola. La legge delle regole scritte continua a pontificare, obbligando a svoltare per il rientro nei ranghi consentiti, ma la legge del cuore, pur adeguandosi ai fatti, è l'unica a rimanere al di sopra di tutto, e, incurante delle parole e dei comportamenti indotti, vola ben più in alto. Così l'amore silente, quasi inconsapevole, il legame affettivo fatto di condivisione quotidiana, nel bene e nel male, trova sempre il modo di rivendicare il suo spazio, la sua dimensione più autentica. Ed è tutto quello che esplode nell'epilogo, da manuale, di questa struggente

    storia, aperta e chiusa con la chiave della sottrazione, dove molto di importante spesso viene trasmesso dal sonoro mentre succede fuori schermo. Più sussurri che grida, per uno dei legami più forti dell'umana esistenza. L'indissolubile, per quanto rannicchiato nell'angolo buio del non detto.

    Perle di sceneggiatura

    Pressbook:

    PRESSBOOK ITALIANO di UN AFFARE DI FAMIGLIA

    Links:

    • Hirokazu Koreeda (Regista)

    • Aju Makita

    • Il miglior cinema dell'anno 2018/The best movies of 2018 Year (CineSpigolature)

    • UN AFFARE DI FAMIGLIA - INTERVISTA al regista Kore-eda Hirokazu (Interviste)

    1 | 2

    Galleria Video:

    Un affare di famiglia - trailer

    Un affare di famiglia - trailer (versione originale sottotitolata in inglese) - Shoplifters

    Un affare di famiglia - clip 'Gioco di squadra'

    Un affare di famiglia - clip 'Una giornata al mare'

    Un affare di famiglia - clip 'Nuova in famiglia'

    Un affare di famiglia - clip 'Fuochi d'artificio'

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