BLOOD STORY: IL REGISTA DI 'CLOVERFLIELD' MATT REEVES GUARDA AL BEST SELLER SVEDESE 'LASCIAMI ENTRARE' E ALL'ORIGINALE FLM DEL 2008 AD ESSO ISPIRATO PER CONFEZIONARE LA SUA 'STORIA DI SANGUE' CON TANTO DI APPROVAZIONE DEL 'MAESTRO' STEPHEN KING
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 30 SETTEMBRE
"Il film di Matt Reeves è un trionfo di genere. Non solo un film horror, ma il miglior horror americano degli ultimi 20 anni. Che siate adulti o ragazzini, ne sarete sopraffatti. Correte a vederlo ora e dopo mi ringrazierete". Stephen King ("Awardsdaily.com")
(Blood Story; USA 2010; Horror; 115'; Produz.: Overture Films/Exclusive Media Group/Hammer Film Productions/EFTI; Distribuz.: Filmauro)
Soggetto: Tratto dal bestseller svedese LASCIAMI ENTRARE di John Ajvide Lindqvist e dal remake dell'omonimo horror svedese.
Blood Story è il primo film della Hammer Films ad uscire dopo oltre 30 anni e segna il ritorno della leggendaria casa cinematografica inglese di horror.
Cast: Chloë Grace Moretz (Abby) Kodi Smit-McPhee (Owen) Richard Jenkins (Il Padre) Elias Koteas (Il Poliziotto) Cara Buono (La Madre) Dylan Minnette (Kenny) Jimmy Jax Pinchak (Mark) Nicolai Dorian (Donald )
Musica: Michael Giacchino
Costumi: Melissa Bruning
Scenografia: Ford Wheeler
Fotografia: Greig Fraser
Montaggio: Stan Salfas
Casting: Avy Kaufman
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
Sinossi:
IN BREVE:
Blood Story racconta la storia di un’amicizia: quella tra la dodicenne Abby (Chloe Moretz) e il suo coetaneo Owen (Kodi Smit-MCphee). Timido e schivo con i suoi compagni di scuola, il ragazzino stringe un forte legame con la nuova giovane vicina di casa, ma non può fare a meno di notare che Abby è diversa da chiunque altro. Quello che non sa è che dietro quella ragazza dall’aspetto innocente si cela un vampiro.
IN DETTAGLIO:
Il dodicenne Owen (Kodi Smith-McPhee) è brutalmente maltrattato dai suoi compagni di classe e trascurato dai genitori divorziati. Solo, Owen passa le sue giornate tramando vendetta contro i suoi aguzzini della scuola media e passa le sue serate a spiare gli altri abitanti che abitano nel suo complesso di appartamenti. Il suo unico amico è il suo nuovo vicino Abby (Chloe Moretz), una spigliata ragazzina che vive alla porta accanto con un padre silenzioso (Richard Jenkins). Una fragile bambina problematica dell'età di Owens, Abby emerge dal suo appartamento sempre all'ombra solo di notte e sempre a piedi nudi, apparentemente immune agli elementi dell'amaro inverno. Riconoscendo un altro reietto, Owen si apre con lei e in poco tempo i due formano un legame unico. Quando una serie di misteriosi omicidi mette in allarme la città , il padre di Abby scompare, e la ragazza terrorizzata è lasciato in balia di se stessa. Eppure, lei respinge ripetutamente gli sforzi di Owen per aiutarla e il suo comportamento sempre più strano porta la fantasia Owen a sospettare che lei nasconda un segreto impensabile.
SYNOPSIS:
In Los Alamos, New Mexico, the twelve year-old Owen is a lonely and outcast boy bullied in school by Kenny and two other classroom mates; at home, Owen dreams on revenging the trio of bullies. He befriends his twelve-year-old next door neighbor Abby that only appears during the night in the playground of their building. Meanwhile, Abby's father is a wanted serial-killer that drains the blood of his victims to supply Abby, who is actually an ancient vampire. Abby advises Owen to react to Kenny fighting back; however, sooner he discovers that she is a vampire and he feels fear and love for the girl. Meanwhile a police officer is investigating the murder cases believing that it is a satanic cult.
Un certo gusto per il sangue e per il macabro sembrano infatti quasi essere, a tratti, un paravento – come il titolo stesso che insiste in maniera troppo decisa verso un certo significato - per nascondere l’inadeguatezza rispetto alla visione di Alfredson le cui origini e la formazione nordica sanno invece cogliere appieno e con una sottigliezza tragica particolare quel disagio interiore che non si esprime soltanto attraverso l’introspezione dei protagonisti ma riesce ad andare oltre al contesto ambientale, ricreando la profondità di un universo interiore fatto di emozioni pulsanti che, pur con gli intenti migliori, la
location americana non riesce a cogliere. E questo sebbene Reevs abbia cercato senza macchia alcuna di ricreare gli stessi luoghi, o meglio, di riproporli nella maniera più simile possibile al suo archetipo nordico; un limite che di fatto si reitera nel mancato tentativo di inserire qualcosa di totalmente nuovo, sebbene in ottica di remake, e che nonostante il film si renda piacevole nel suo complesso, difetti di certo delle intenzioni e di quei contenuti che Lindqvist è solito sottolineare nei suoi romanzi.
Dell’inquietudine e del senso di inadeguatezza del giovanissimo protagonista, nella trasposizione americana - ancora più dark rispetto all’originale – rimangono la neve bianca, i boschi, velati e riletti però attraverso una ricontestualizzazione che toglie il significato originale di Lasciami entrare – Låt den rättä comma in, per puntare sul malessere economico e sociale degli Stati Uniti di inizio anni ottanta e cogliere l’occasione anche per fare un accenno
ad un genere caro al cinema made in Usa, il 'teen movie' a carattere scolastico.
Nulla a che vedere con il fortissimo impatto emozionale del film di Alfredson e quel senso profondo di solitudine e abbandono che pervadeva case e persone, e del quale lo stesso paesaggio invernale diveniva silenzioso complice, quasi un carceriere dei sentimenti e delle anime che nel remake di Matt Reevs risultano soltanto veicolate e lette attraverso un solo punto di vista, stretto attorno al protagonista, Owen, ed al suo dramma di famiglia in crisi, spostando i nessi dall’esistenziale all’individuale e travisando in parte il senso più vero del romanzo cui liberamente si ispira anche nella ricerca un tantino esagerata dello stereotipo femminile, molto più vicino ancora una volta ad un filone americano che appare forse più corollario di un genere che reale intenzione.
Fosse arrivato prima di Alfredson, allora forse il senso di questa scelta
a stelle e strisce sarebbe apparsa più chiara e se ne potrebbe parlare in altri toni.
Bibliografia:
Nota: Si ringrazia Rosa Esposito (Ufficio Stampa Filmauro).