67° Festival del Cinema di Berlino (9-19 febbraio) - Berlino apre con fuga 'Django'. Esodo sinti 'attuale'
10/02/2017
- La sua musica piaceva pure ai nazi, anche se i tedeschi cercarono di toglierle il respiro, con le regole: il pubblico ariano non andava 'corrotto' con arte di dubbia provenienza. Proibito il blues, l'assolo sarà tollerato solo se molto breve, evitare assolutamente il "presto". La Berlinale 2017 apre con "Django", la storia vera del jazzista francese di origine sinti, Django Reinhardt, costretto alla fuga, durante la seconda guerra mondiale. Come cieco in mezzo alla brutalità dell'epoca, completamente assorto nella sua musica, il chitarrista geniale sente alla fine quasi il dovere di mettere in salvo il suo talento e scappa - dalla Parigi che lo idolatrava come re dello swing - verso la Svizzera. Sullo sfondo l'esodo dei sinti, perseguitati dal regime di Adolf Hitler. E nel paese che nel 2015 ha accolto oltre un milione di profughi, per l'emergenza siriana, questo racconto risulta, come ha detto il regista, Etienne Comar Biopic "attuale".
Anche oltre le aspettative: "non l'ho scelto per questo motivo" il parallelismo coi temi di oggi è emerso "durante il lavoro". E infatti: "statements politici da parte di artisti, il tema pericoloso delle identità nazionali, profughi senza patria, che non possono andare da nessuna parte, migranti illegali, che vengono arrestati. Si potrebbe quasi intendere Django come un film attuale". L'interpretazione di Reda Kateb, nei panni del protagonista, riesce a dare intensità e un volto inedito a una pellicola, che per molti aspetti sembra invece già vista. "A un certo punto mi ero quasi convinto di essere davvero io Django", ha detto incontrando la stampa Kateb, che ha ringraziato la comunità sinti di avergli "trasmesso questa sensazione".
"Non era un eroe, ha fatto quello che poteva, con quello che aveva", spiega il regista a proposito dell'uomo che si presta a suonare per gli odiati tedeschi, soltanto per permettere la fuga di un soldato inglese ferito, contrattando in cambio la possibilità di scappare con la sua famiglia. Particolarmente intense le scene girate fra i nomadi, una comunità autentica portata sul set con la sua lingua e la sua arte. "Sono quasi tutti musicisti e sono fra gli ultimi a parlare manouche, un mix di romani e tedesco.
Il dialetto che gli attori parlano nel film". Django lo parla con la madre, ad esempio, Vie Bimbam Merstein.
L'impegno politico della berlinale, anche quest'anno, è stato una "promessa" del direttore artistico Dieter Kosslick: a chi gli ha chiesto se il suo festival prenderà posizione contro Donald Trump, infatti, ha risposto qualche giorno fa che "il programma della berlinale basta come protesta".
E fra i 'dissidenti' del nuovo presidente, è arrivato oggi a Berlino per l'occasione, la star di Hollywood Richard Gere, ricevuto da Angela Merkel in cancelleria, per affrontare il tema della tutela del Tibet. L'attore presenta domani il suo film, The dinner. Con 1600 ospiti invitati al gala inaugurale di stasera, la Berlinale è però anche il momento mondano più atteso della città.
E il presidente della giuria, Paul Verhoeven (Basic Instinct), ha sottolineato l'importanza del materiale cinematografico: "Spero che i membri della giuria faranno attenzione innanzitutto alla qualità dei film - ha detto oggi insediandosi - senza pregiudizi politici".
(ANSA CINEMA)
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