66. Festival del Cinema di CANNES (15-26 Maggio 2013) - APPLAUSI PER 'LA GRANDE BELLEZZA', SORRENTINO SULLE ORME DI FELLINI
21/05/2013
- (AGI) - Roma, 21 maggio - La dolce vita rivista e aggiornata all'anno 2013. L'ultimo film di PAOLO SORRENTINO LA GRANDE BELLEZZA, oggi IN CONCORSO a Cannes, e' stato annunciato come una versione moderna del capolavoro di FELLINI di oltre mezzo secolo fa. E in effetti e' proprio cosi'. Seguendo Jep Gambardella (Toni Servillo), un intellettuale dandy napoletano di 65 anni autore di un solo romanzo scritto 40 anni fa e grande viveur, SORRENTINO alla quarta esperienza sulla Croisette racconta in maniera grottesca e a volte divertente una Roma degradata, con i suoi ricchi vuoti e annoiati, le feste scatenate a base di musica dance, balli di gruppo, drink e coca.
LA GRANDE BELLEZZA ha la scenografia piu' bella del mondo, una Roma fotografata in maniera magnifica da Luca Bigazzi sul cui sfondo si muovono personaggi della 'Dolce vita' di oggi: scrittori falliti (Carlo Verdone), spogliarelliste mature e disilluse (Sabrina Ferilli), nobili decaduti, presudo-intellettuali, bacchettoni benestanti (Pamela Villoresi), imprenditori cinici e vacui (Carlo Buccirosso), donne ricche e annoiate (Isabella Ferrari), nani editori e artisti improbabili, ex soubrette distrutte da droga e alcol (Serena Grandi), monsignori che parlano solo di cibo (Roberto Herlitzka) e sante che si nutrono solo di radici "perche' le radici sono importanti".
SORRENTINO assicura di aver voluto raccontare Roma con gli occhi del turista (si sente tale anche se vive nella Capitale da sei anni), "come un visitatore sopraffatto dalla meraviglia". Come Marcello nella 'Dolce vita' di Federico Fellini, Jep Gambardella (anch'egli giornalista) vive di notte e passa da una festa all'altra, da una donna all'altra, vedendo scorrere la grande citta' degradata, gente senza identita', persone sconfitte la cui sofferenza e tragedia umana viene esaltata dal confronto impietoso con 'la grande bellezza' della citta' di Roma.
Un film che scorre bene per circa un'ora e mezza, ma che forse ha il difetto di trascinarsi negli ultimi cinquanta minuti dove l'introduzione dell'elemento religioso - con l'ex esorcista innamorato della cucina e la santa che ricorda madre Teresa di Calcutta - impone uno stop al ritmo e crea un inevitabile frattura nella narrazione, portando a un finale un po' di maniera con tanto di flashback e sovrapposizione di tempi e luoghi. Ieri sera applausi a Cannes (silenzio di tomba, invece, alla fine della simultanea proiezione stampa a Roma) per un film che ha tutte le carte in regola per vincere la Palma d'Oro.
LA REDAZIONE
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