IN SALA 'UOMINI DI DIO': IL FILM CHE PIACE AI VESCOVI
21/10/2010
- (AGI) - CdV, 21 ottobre - La drammatica vicenda dei religiosi rapiti e assassinati a Tibhirine, sulle montagne dell'Atlante, nel marzo del 1996, ancora oggi al centro di una complessa indagine giudiziaria riaperta dopo il reportage del giornalista americano John Kiser, e' raccontata nel film UOMINI DI DIO, di XAVIER BEAUVOIS, presentato all'ultimo Festival di Cannes, dove ha commosso il pubblico internazionale e la giuria (che gli ha conferito il prestigioso Grand Prix) raccontando la vita quotidiana di un gruppo di monaci trappisti nell'Algeria degli anni Novanta.
Il film, che esce domani (venerdì 22 Ottobre) nelle sale italiane, non si addentra nella controversia giudiziaria (la strage era stata inizialmente attribuita al Gruppo Islamico Armato ma in una fase processuale successiva si e' invece parlato di un "errore dell'esercito algerino"). La pellicola e' stata molto apprezzata dai vescovi cattolici e, scrive "Avvenire", "evita di fare del film un thriller politico su un intrigo internazionale; non mostra le teste ritrovate senza i corpi (anche per rispetto alle famiglie delle vittime l'atrocita' della loro morte resta fuori campo e la storia si conclude con una scena ricca di emozione) e non fa dei protagonisti dei martiri da strumentalizzare".
Per il quotidiano della Cei, UOMINI DI DIO "e' un perfetto esempio di come si possa fare grande cinema affidandosi, proprio come facevano Robert Bresson e Carl Dreyer, ai silenzi, agli sguardi, alla spiritualita' e a temi che affrontano le grandi domande dell'uomo drammaticamente calato nell'arena della storia".
Il film, che il quotidiano della Cei definisce "opera profondamente religiosa", si concentra piuttosto (come il documentario Il grande silenzio di Philip Groning) sulla quotidiana vita monastica dei protagonisti, corpi immersi nella natura tra lavoro, preghiere, canti, pasti e impegno per il prossimo, secondo una ritualita' capace di unire il cielo e la terra. Perfettamente integrati in terra musulmana, i monaci guidati dal priore Christian de Cherge' sono "fratelli" degli islamici di cui si prendono cura e con i quali recitano anche passi del Corano ("Amen" e' sempre seguito da "inshallah"), testimoniando con la propria vita un amore per l'umanita' che va oltre le barriere culturali e religiose. Una vocazione ben resa dal titolo originale del film, Des hommes et des dieux, e in parte tradita da quello italiano.
Il 30 ottobre 1994 il "Gia" ordino' a tutti gli stranieri di abbandonare l'Algeria, ma quei monaci decisero di restare al fianco di chi aveva bisogno di loro, convinti di non poter tradire la loro fede e la fiducia in una comunita' basata sulla tolleranza. "Non temo la morte, sono un uomo libero", dice Lambert Wilson nei panni di padre Christian. "La forza, il rigore e il coraggio del film - per "Avvenire" - stanno proprio in questo, nella decisione di riflettere sulla difficolta' di una scelta non priva di dubbi, angosce e tensioni".
LA REDAZIONE
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