Servillo: 'L'arte è responsabilità e rischio di fallire'. 'La Grazia? Sul set un'atmosfera piena di entusiasmo'
04/07/2025
- Bipolarità tra teatro e cinema, la responsabilità come fondamento dell'arte, le intolleranze e gli 'abbagli' di oggi ovvero quelle cose piene di luce che ci ostiniamo a non vedere. Toni Servillo, all'anagrafe Marco Antonio Servillo, 66 anni, di Afragola, attore e regista teatrale italiano pluripremiato, non delude mai e si racconta all'Ischia Film Festival di Michelangelo Messina scandendo parole e concetti con quella misurata sicurezza di chi dice cose che conosce bene e non ama improvvisare. Intanto l'arte come responsabilità, in quanto "è il riflesso di questo mestiere bellissimo soprattutto perché prevede la presenza del pubblico. Una poesia, un quadro possono esistere anche senza pubblico, ma cinema e teatro no, senza questa interazione sarebbero impossibili. Pirandello con grande consapevolezza - dice ancora Servillo - riteneva che il pubblico facesse così parte del meccanismo drammaturgico da definirlo 'la visione di chi assiste'.
Anche Shakespeare pensava che le reazioni del pubblico fossero un dato drammaturgico che veniva considerato in una nuova versione della stessa opera". C'è bipolarità nel frequentare da anni cinema e teatro? "Nasco con il teatro e ho fatto il primo film a quarant'anni nel 1992: 'Morte di un matematico napoletano' di Mario Martone. Da allora in poi c'è stata la frequentazione dei due linguaggi che si aiutano a vicenda, anche per capire certe complessità della vita. Quindi nessuna bipolarità, ma la felicità di potersi muovere tra due lingue, nutrendo l'una e l'altra".
Cosa non sopporta più? "Il 'basta che funzioni', perché è un limite terribile che nasconde logiche di mercato. Non si fa questo mestiere come se fosse un'occupazione qualsiasi, quindi non sopporto questa entrata a gamba tesa del mercato che ti costringe a ritenere che una cosa debba funzionare per forza. Bisogna avere la libertà di guardare a quello che si fa con il rischio anche di fallire, di sbagliare, altrimenti i territori dell'arte si restringono sempre di più".
Un personaggio che avrebbe voluto interpretare? "Fred di Youth - La Giovinezza. Essendo appassionato di musica classica, sono rimasto male quando Paolo Sorrentino ha scritto un film su questo direttore d'orchestra e non ha scelto me. Quando ho scoperto poi che aveva preso quel gigante che è Michael Caine, mi sono ritirato in buon ordine".
A chi si affida nei momenti di crisi? "Al valore dell'amicizia. Poter condividere con delle persone a cui vuoi bene uno schiaffo, un complimento, un incoraggiamento è la cosa più importante. Questo vale anche per il teatro che ha la sua maggiore maestria proprio nel gruppo di persone con cui abbiamo iniziato. Misurare le ambizioni dell'uno e dell'altro, le capacità dell'uno e i limiti dell'altro, questo è camminare insieme".
A parte 'L'abbaglio' del film di Roberto Andò, quali sono gli 'abbagli' di oggi? "Credere che i massacri e il riarmo siano la soluzione ai problemi e che poi non ci sia davvero un'emergenza climatica. Questo è lasciarsi accecare e non guardare la realtà in faccia".
Cosa può dire del nuovo film di Sorrentino, La Grazia, che aprirà in prima mondiale in concorso la Mostra del cinema di Venezia il 27 agosto? "Non ho mai parlato di un film prima che ne parli il regista, quindi tocca a Sorrentino. Posso solo dire che è il mio settimo film con lui e che è stato girato in un'atmosfera piena di entusiasmo come fu per Le Conseguenze dell'Amore".
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(ANSA CINEMA)
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