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    Il cinema di Kathryn Bigelow

    The Kathryn Bigelow Touch

    SCHEGGE DI STILE IN CELLULOIDE

    "Si è indipendenti soprattutto dentro di sé, nello spirito. Io lo sono nella natura stessa del mio approccio professionale, nella natura stessa del mio lavoro. Ho potuto preservare la mia capacità artistica e creativa senza dover accettare troppi compromessi... Amo la dualità, la dialettica estetica, il rapporto fra elementi eterogenei: qualunque cosa crei una dinamica".
    La regista Kathryn Bigelow

    Alla 65. Mostra del Cinema di VENEZIA con THE HURT LOCKER la regista KATHRYN BIGELOW (K-19: The Widowmaker) segue in presa diretta il terreno della guerra in Iraq, mostrando l’altra faccia di una ‘folle dipendenza’ alla stregua di una droga. Folle dipendenza mostrata di recente, percorrendo altri versanti, da Paul Haggis con Nella Valle di Elah. Una follìa documentata direttamente sul campo dal reporter e scrittore Mark Boal e raccolta da Kathryn Bigelow per una soggettiva a sfondo documentaristico-introspettivo di volontari del corpo speciale anti-bomba. - (P. Ferretti, "www.celluloidportraits.com")

    "... diversamente da una generale tendenza del cinema contemporaneo, le cui immagini scivolano l'una sull'altra con il solo scopo di sedurre lo spettatore e che molto spesso fanno vedere assai meno di quanto promettano, il cinema di Kathryn Bigelow, pur tirandoci con forza dentro lo schermo, esiste e diventa tangibile solo a partire dalla consistenza dei corpi e delle storie, in un intreccio teso fra significato e significante, poetica ed estetica, rigorosamente in movimento, che è la caratteristica principale della regista... Ma è sicuramente un cinema complesso, il suo, che vive la liminarità del suo collocarsi tra pittura e fotogramma, tra l'immediatezza degli impulsi e la loro realizzazione, tra autobiografia e urgenze filosofiche. Complice di questa linearità, probabilmente, anche l'eterogeneo percorso di formazione della regista, denso di suggestioni culturali - dalla sperimentazione linguistica della New York anni Settanta, alla pop art, fino alla filosofia di Jacques Lacan e Michel Foucault - e intriso dell'humus culturale degli ultimi trent'anni di storia sociale e artistica americana..." - (Michela Carobelli, Introduzione in Kathryn Bigelow. La compagnia degli angeli. Percorsi e sogni di una regista americana, Recco-Genova 2005, p. 13, Le Mani Editore)
    KATHRYN BIGELOW - ZERO DARK THIRTY:

    "E’ stato come trovare un ago nel pagliaio. Una volta fuggito dall’Afghanistan, bin Laden si è blindato all’interno di una rete che ci sono voluti anni ed anni prima di scoprire. Ciò che a mio avviso è davvero intrigante dello script di Marc, è proprio il modo in cui descrive ogni minimo passaggio, in maniera così drammatica quanto concreta, spietata ed inquietante. Si tratta di un racconto molto crudo, schietto... Il problema per me, in qualità di regista, è stato sul come poter unire tutti i pezzi di questa storia epica in modo continuativo, come facenti parte di uno stesso registro. Le ricerche di Marc e la sceneggiatura offrono una prospettiva molto ampia degli avvenimenti, dall’Afghanistan a Washington, al Pakistan, alla vita. Alla fine è diventato tutto come una sorta di processo istintivo, attimo per attimo, scena dopo scena, nel modo di descrivere la storia, moderatamente. E’ stata un’impresa enorme e complicata, ed allo stesso tempo sottile; non avrei mai potuto fare 'Zero Dark Thirty' senza aver avuto una grande esperienza come filmmaker alle spalle... Da essere umano avrei voluto coprirmi gli occhi e non guardare, ma come filmmaker, avevo la responsabilità di documentare e testimoniare. Ho dovuto vincere il mio disagio (nei confronti della simulazione delle torture) per agevolare la narrazione della storia".
    Kathryn Bigelow
    Kathryn Bigelow

    "Fino a quel momento non avevo mai pensato di fare cinema, ma con 'Il mucchio selvaggio' compresi che era possibile riunire nel medesimo testo il viscerale, il catartico e il sensuale con il cerebrale e il riflessivo"
    Kathryn Bigelow

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