"Ho letto il copione e pensato che non sapevo come farlo e se ci sarei riuscito. Non c’era nessuna angolazione dalla quale potevo immedesimarmi con questo personaggio. Poi ho incontrato Tom, ho ascoltato come lui voleva vedere Ray sullo schermo e ho riposto tutta la mia fiducia in lui nell’accettare questa sfida. Ho cominciato a guardarmi documentari e a leggere storie sui serial killer nella storia americana. Non avevo mai fatto un accento texano prima, e il nostro coach per i dialetti Michael Buster mi ha aiutato a produrre un suono diverso da quello tutto nasale che la gente pensa essere l’accento texano. Erano riprese estenuanti, e qualche volta attingevamo a qualcosa di incontrollabile. Sul set Tom era nel suo elemento. Aveva già pensato e ripensato a ogni dettaglio – la pettinatura del personaggio, le scarpe, le unghie delle mani – ma si assicurava comunque che fosse l’interpretazione a guidare le scene" Aaron Taylor-Johnson
"Ho letto il copione e pensato che non sapevo come farlo e se ci sarei riuscito. Non c’era nessuna angolazione dalla quale potevo immedesimarmi con questo personaggio. Poi ho incontrato Tom, ho ascoltato come lui voleva vedere Ray sullo schermo e ho riposto tutta la mia fiducia in lui nell’accettare questa sfida. Ho cominciato a guardarmi documentari e a leggere storie sui serial killer nella storia americana. Non avevo mai fatto un accento texano prima, e il nostro coach per i dialetti Michael Buster mi ha aiutato a produrre un suono diverso da quello tutto nasale che la gente pensa essere l’accento texano. Erano riprese estenuanti, e qualche volta attingevamo a qualcosa di incontrollabile. Sul set Tom era nel suo elemento. Aveva già pensato e ripensato a ogni dettaglio – la pettinatura del personaggio, le scarpe, le unghie delle mani – ma si assicurava comunque che fosse l’interpretazione a guidare le scene"
Aaron Taylor-Johnson