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    DJANGO UNCHAINED: UNA SPREMUTA DI IRONIA E SPARGIMENTI DI SANGUE, ECCO LO 'SPAGHETTI WESTERN' IN SALSA TARANTINIANA

    VINCITORE OSCAR 2013: 'MIGLIORE ATTORE NON PROTAGONISTA' (CHRISTOPH WALTZ), 'MIGLIORE SCENEGGIATURA ORIGINALE' (QUENTIN TARANTINO) - GOLDEN GLOBES 2013: MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA (CHRISTOPH WALTZ) e 'MIGLIOR SCENEGGIATURA' (QUENTIN TARANTINO) - 4 NOMINATION OSCAR 2013: 'MIGLIOR FILM'; 'MIGLIOR SCENEGGATURA ORIGINALE'; 'MIGLIOR ATTORE NON PROTAGONISTA' (CHRISTOPHER WALTZ); 'MIGLIOR FOTOGRAFIA' - RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA - PREVIEW in ENGLISH by PETER DEBRUGE (www.variety.com) - Dal 17 GENNAIO 2013

    "Ci penso da almeno dieci anni a fare un western su uno schiavo liberato, e anche a fare uno spaghetti western. Avevo anche gia' il titolo 'Django Unchained', ma non avevo una storia''.
    Il regista e sceneggiatore Quentin Tarantino

    (Django Unchained; USA 2012; Spaghetti Western; 165'; Produz.: A Band Apart/Sony Pictures/The Weinstein Company; Distribuz.: Warner Bros. Pictures Italia)

    Locandina italiana Django Unchained

    Rating by
    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Django Unchained

    Titolo in lingua originale: Django Unchained

    Anno di produzione: 2012

    Anno di uscita: 2013

    Regia: Quentin Tarantino

    Sceneggiatura: Quentin Tarantino

    Cast: Jamie Foxx (Django)
    Leonardo DiCaprio (Calvin Candie)
    Christoph Waltz (Dr. King Schultz)
    Kerry Washington (Broomhilda von Shaft)
    Samuel L. Jackson (Stephen)
    David Steen (Mr. Stonesipher)
    Jonah Hill (Bag Head)
    Zoë Bell (Tracker Peg)
    Amber Tamblyn (Nipote di un Gunfighter)
    James Remar (Ace Speck)
    Don Johnson (Spencer Gordon Bennet)
    Walton Goggins (Billy Crash)
    Bruce Dern (Curtis Carrucan)
    Todd Allen (Dollar Bill)
    James Russo (Dicky Speck)
    Cast completo

    Musica: Mary Ramos (supervisore)

    Costumi: Sharen Davis

    Scenografia: J. Michael Riva

    Fotografia: Robert Richardson

    Montaggio: Fred Raskin

    Effetti Speciali: John McLeod (supervisore)

    Makeup: Gregory Nicotero

    Casting: Victoria Thomas

    Scheda film aggiornata al: 05 Marzo 2013

    Sinossi:

    Ambientato nel Sud degli attuali Stati Uniti, due anni prima dello scoppio della Guerra Civile, DJANGO UNCHAINED vede protagonista il premio Oscar® Jamie Foxx nel ruolo di Django, uno schiavo la cui storia brutale con il suo ex padrone, lo conduce faccia a faccia con il cacciatore di taglie di origine tedesca, il Dott. King Schultz (Christoph Waltz).
    Schultz è sulle tracce degli assassini fratelli Brittle, e solo l’aiuto di Django lo porterà a riscuotere la taglia che pende sulle loro teste. Il poco ortodosso Schultz assolda Django con la promessa di donargli la libertà una volta catturati i Brittle – vivi o morti.
    Il successo dell’operazione induce Schultz a liberare Django, sebbene i due uomini scelgano di non separarsi. Al contrario, Schultz parte alla ricerca dei criminali più ricercati del Sud con Django al suo fianco. Affinando vitali abilità di cacciatore, Django resta concentrato su un solo obiettivo: trovare e salvare Broomhilda (Kerry Washington), la moglie che aveva perso tempo prima, a causa della sua vendita come schiavo.
    La ricerca di Django e Schultz, li conduce infine da Calvin Candie (Leonardo DiCaprio), proprietario della famigerata piantagione “Candylandâ€. Esplorando la proprietà accampando scuse, Django e Schultz suscitano i sospetti di Stephen (Samuel L. Jackson), lo schiavo di fiducia di Candie. Le loro intenzioni vengono smascherate, e un’infida macchinazione si chiude sulle loro teste. Se Django e Schultz intendono fuggire con Broomhilda, si vedranno costretti a scegliere tra l’indipendenza e la solidarietà, tra il sacrificio e la sopravvivenza…

    Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)

    Metà dell’800, profondo Sud americano... Il dott. King Schultz (Christoph Waltz) è un cacciatore di teste che, a conti fatti, altro non è che un “convertitoreâ€: dalla carne morta tira fuori il contante. Risoluto a catturare i Brittle, tre fratelli ricercati dalla legge federale, Schultz parte alla ricerca del povero diavolo Django (Jamie Foxx), uno schiavo che potrà identificare i Brittle essendo passato sotto la loro frusta. Ritrovato, liberato e ripulito, Django viene introdotto così alla professione del cacciatore di teste con risultati notevoli. Portata a termine la missione, la strana coppia però non si separa. Il dottore, infatti, propone allo schiavo un accordo: lavoreranno insieme fino alla fine dell’inverno, dopodiché Django sarà un uomo libero e insieme andranno a cercare la moglie di lui, Broomhilda (Kerry Washington), di cui si sono perse le tracce da tempo. Allo scioglimento delle nevi, dopo una serie di lavori portati a termine brillantemente,

    Schultz mantiene la parola data e scopre che la bella schiava nel cuore del suo braccio destro è stata acquistata dallo spietato schiavista Calvin Candie (Leonardo DiCaprio), proprietario terriero nonché signore e padrone di Candyland, la grande tenuta governata dall’ambiguo schiavo Stephen (Samuel L. Jackson). Ed è così che il dott. King Schultz e lo schiavo Django arrivano fin dentro il salotto buono dell’inferno sudista, decisi a riprendersi Broomhilda. Costi quel che costi.

    Quentin Tarantino l’aveva promesso e strapromesso in tutte le salse: farò uno 'spaghetti western' (o un “western maccheroniâ€, come dicono dalle sue parti) ispirandomi agli italiani. E detto fatto. Usando come pietra angolare Django diretto da Sergio Corbucci (1966), con Franco Nero interprete principale - che ora nel film del regista di Pulp Fiction, Kill Bill e Bastardi senza gloria si conquista un cameo meritatissimo - Tarantino non fa altro che tessere il suo interesse per il western

    con il pulp più “altoâ€, omaggiando non solo Corbucci ma anche l’amatissimo (ed ipercitato) Sergio Leone. Alla sua maniera, si capisce. In Django Unchained trovano quindi cittadinanza tutti gli elementi (ossessioni? idiosincrasie? manie?) del cineasta: si va dal rapporto discepolo-maestro (citiamo su tutti Black Mamba e il vecchio Pai Mei di Kill Bill) alle relazioni conflittuali tra bianchi e neri, dall’esplosione cieca della violenza che muove lo script fino a quel filo del rasoio che divide il grottesco dallo splatter, l’iconico dal già visto, il capolavoro dall’operazione furbetta, e che il regista ama assottigliare oltre l’inverosimile. Due ore e quarantacinque minuti - che volano via veloci, davvero - per infarcire Django Unchained di sangue e morte, sparatorie e paesaggi mozzafiato, musiche morriconiane ed ego (quello di Tarantino, ovvio, che torna a recitare in un suo film in un piccolo ruolo meno che comprimario).

    In uscita in sala il prossimo 17 gennaio

    per Warner Bros. in 500 copie, la produzione di Django Unchained ha scelto Roma - e in fondo non poteva essere altrimenti visto le origini del padre putativo del film - per il lancio europeo della pellicola che si è già conquistata cinque nomination ai Golden Globe (tra cui Miglior film drammatico e Miglior regia). Sbarcato nella Capitale insieme ai protagonisti Jamie Foxx, Christoph Waltz, Samuel L. Jackson e Kerry Washington (assente giustificato Leonardo DiCaprio), Tarantino stesso ha raccontato che l’idea di partenza del film, che gli è venuta in mente una notte a Tokyo mentre ascoltava colonne sonore, è la stessa che apre il film: uno schiavo, nudo e incatenato ad altri, che cammina nel deserto. Da questo incipit prende il via una sceneggiatura a tratti esilarante, zeppa di trovate e dialoghi fulminanti, capace di tratteggiare personaggi assolutamente irresistibili. Senza dimenticare poi bizzarrie visive, sparatorie estenuanti, crudeltà e

    torture inflitte agli schiavi quasi come un credo, l’uso fondamentale della musica per uno 'spaghetti western' (come ricorda lo stesso Tarantino). E, su tutto, l’amore per il cinema di genere di casa nostra da parte del regista, che trova ora il suo vessillo definitivo in questo Django Unchained, dove Tarantino dimostra che è finito il tempo dei giochetti fini a se stessi - tanto che sui social network qualcuno gli dà dell’imborghesito e festivaliero - e che rendere Corbucci fruibile attraverso Instagram (o qualcosa del genere) altro non è che l’ennesima genialata.

    (Recensione pubblicata il 4 Gennaio 2013)

    Secondo commento critico (a cura di PETER DEBRUGE, www.variety.com)

    The "D" is silent, though the name of "Django Unchained's" eponymous gunslinger sounds like a retaliatory whip across the face of white slaveholders, offering an immensely satisfying taste of antebellum empowerment packaged as spaghetti-Western homage. Christened after a coffin-toting Sergio Corbucci character who metes out bloody justice below the Mason-Dixon line, Django joins a too-short list of slaves-turned-heroes in American cinema, as this zeitgeist-shaping romp cleverly upgrades the mysterious Man in Black archetype to a formidable Black Man. Once again, Quentin Tarantino rides to the Weinsteins' rescue, delivering a bloody hilarious (and hilariously bloody) Christmas counter-programmer, which Sony will unleash abroad.
    After "Inglourious Basterds" and "Kill Bill," it would be reasonable to assume that "Django Unchained" is yet another of Tarantino's elaborate revenge fantasies, when in fact, the film represents the writer-director's first real love story (not counting his "Badlands"-inspired screenplays for "True Romance" and "Natural Born Killers"). At its

    core is a slave marriage between Django (Jamie Foxx) and Hildi (Kerry Washington), torn asunder after the couple attempt to escape a spiteful plantation owner (Bruce Dern, blink and you miss him).

    Brutally whipped and then resold to separate bidders on the Greenville, Miss., auction block, Django and his bride -- whose outrageous full name, Broomhilda von Shaft, blends epic German legend with the greatest of blaxploitation heroes -- possess a love too great to be shackled by slavery. But getting even with Dern's character doesn't feature on Django's agenda. After settling the score with his former overseers early in the film, he cares only about reuniting with his wife.

    "Django Unchained" could also qualify as a buddy movie -- an odd twist, considering that Corbucci's original Django was a loner (as played by Franco Nero, who cameos in this film). Liberally reinventing a character bastardized in more than 30

    unofficial sequels, Tarantino pairs this new black Django with a bounty hunter named Dr. King Schultz (Christoph Waltz). Posing as a dentist, Waltz's charming figure first emerges in the dead of night driving an absurd-looking carriage with a giant tooth bobbing on top -- the first indication of how funny the film is going to be.

    As in "Basterds," Waltz's genteel manner masks a startling capacity for ruthlessness. This time, however, he's undeniably one of the good guys. Though he tracks and kills men for a living, the doctor is fundamentally fair, shooting only when provoked or justified. Happening upon Django's chain gang, Schultz offers to buy the slave from his redneck escorts. When they decline, he leaves the traders for dead and liberates their "property," enlisting Django in his bounty-hunting business.

    Tarantino's on sensitive turf here, and he knows it, using these early scenes not only to establish the

    cruelty shown toward slaves in the South, but also to deliver the same sort of revisionist comeuppance Jewish soldiers took upon Hitler in his last picture. Ironically, as a well-read and clearly more enlightened German, Schultz is disapproving of Americans' claims to racial superiority, which positions him as the story's moral conscience. When the time comes, he will accompany Django to Candyland, the plantation where Hildi now resides under the thumb of the unctuous Calvin Candie (Leonardo DiCaprio).

    But the film seems to be in no hurry to get there, focusing on Django's most unusual education -- killing white men -- for the first 90 minutes of the director's longest feature yet. Tarantino freely quotes from his favorite stylistic sources, whether oaters or otherwise, featuring lightning-quick zooms, an insert of unpicked cotton drenched in blood and a shot of Django riding into town framed through a hangman's noose. Early on,

    Foxx appears to be following Waltz's lead, but once the snow melts on the bounty-hunting subplot (an extended homage to Corbucci's "The Great Silence"), all traces of subservience disappear and Foxx steps forth, guiding this triumphant folk hero through a stunning transformation.

    True to its spaghetti-Western roots, the pic reveals most of its stoic hero's unspoken motivations through garishly colored flashbacks, though Tarantino and editor Fred Raskin (stepping in for the late Sally Menke) seem to realize that limited glimpses of such white-on-black sadism go a long way. Filmmakers who choose to portray this shameful chapter of America's past bear a certain responsibility not to sanitize it. But here, even as it lays the groundwork for "Django's" vengeance, dwelling on such brutality can verge on exploitation. To wit, the film problematically features no fewer than 109 instances of the "N word," most of them deployed either for laughs or alliteration.


    While good taste doesn't necessarily apply, comedy seems to be the key that distinguishes "Django Unchained" from a risible film like "Mandingo." Both take a certain horror-pleasure in watching bare-chested black men wrestle to the death -- the sick sport at which Candie prides himself an expert -- but what better way to inoculate the power of a Klan rally than by turning it into a Mel Brooks routine, reducing bigots to buffoons as they argue about their ill-fitting white hoods?

    Using rap and other cheeky music cues to similar effect, the script repeatedly finds ways to use the characters' racism against them, most ingeniously in its somewhat protracted second half. According to Schultz, if he and Django were to show up at Candyland and offer to buy Hildi directly, they'd be laughed off the plantation, so they hatch a plan to pose as men looking to buy a mandingo

    fighter. But there's a flaw to their logic, since the direct-request approach worked fine with Don Johnson's "Big Daddy" earlier, it allows the film to explore the complex caste system among slaves.

    There are two things Tarantino, as a director, has virtually perfected -- staging Mexican standoffs and spinning dialogue for delayed gratification -- and expert examples of both await at Candyland. Seductively revealing a dark side auds have never seen before, DiCaprio plays Candie as a self-entitled brat, spewing the character's white-supremacy theories through tobacco-stained teeth. Like a Southern despot, he surrounds himself with menacing cohorts, none more dangerous than old Stephen (Samuel L. Jackson), who runs the affairs of Candie's household and represents a form of toxic black-on-black rivalry still smoldering in American culture today.

    Gorgeously lit and lensed by Robert Richardson against authentic American landscapes (as opposed to the Italian soil Corbucci used), the film pays breathtaking

    respect not just to Tarantino's many cinematic influences, but to the country itself, envisioning a way out of the slavery mess it depicts. In sheer formal terms, "Django Unchained" is rich enough to reward multiple viewings, while thematics will make this thorny "southern" -- as the director aptly dubs it -- perhaps his most closely studied work. Of particular interest will be Tarantino's two cameos, one delivered with an Australian accent, and the other alongside Jonah Hill in the "baghead" scene.

    Bibliografia:

    Nota: Si ringrazia Francesco Petrucci (SwService)

    Pressbook:

    PRESSBOOK ITALIANO di DJANGO UNCHAINED

    Links:

    • Quentin Tarantino (Regista)

    • Leonardo DiCaprio

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    • James Russo

    • Kerry Washington

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