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PROMISES WRITTEN IN WATER: VINCENT GALLO COPYRIGHT IN CELLULOIDE A TUTTO TONDO E RIGOROSAMENTE IN BIANCO E NERO NEL SEGNO DI UNA 'DESTRUTTURAZIONE' GLOBALE
67. Mostra del Cinema di Venezia (1-11 Settembre 2010) - IN CONCORSO - RECENSIONE
(Promises written in the Water USA 2010; drammatico; 75'; Produz.: Gray Daisy Films/Vincent Gallo Productions)
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Titolo in italiano: Promises Written in Water
Titolo in lingua originale:
Promises Written in Water
Anno di produzione:
2010
Anno di uscita:
2011
Regia: Vincent Gallo
Sceneggiatura:
Vincent Gallo
Cast: Vincent Gallo (Kevin) Delfine Bafort (Mallory) Sage Stallone (mafioso) Lisa Love (Grieving Widow) Hope Tomaselli (ragazza morta) Livia Treviño (madre della ragazza morta) Patrick O'Connor (padre della ragazza morta)
Musica: Vincent Gallo
Fotografia: Masanobu Takayanagi
Montaggio: Vincent Gallo
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
Una bella ragazza afflitta da un male incurabile ha un solo desiderio: eludere il ricovero in ospedale evitando dunque di sottoporsi ad alcuna cura per attendere solo l'inevitabile fine. La ragazza sembra essere solo preoccupata della sorte del suo corpo post-mortem. La sua volontà è quella di essere cremata, così chiede aiuto ad un fotografo affinchè la supporti nel realizzare il suo fermo proposito. L'uomo non solo l'aiuterà ma cercherà e troverà un nuovo lavoro in un'impresa di pompe funebri per realizzare lui stesso il desiderio della ragazza, svolgendo in prima persona il processo di cremazione.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Vincent Gallo copyright 2010. E’ la prima cosa che questo artista in senso lato, prima ancora che cineasta, sente di dover dire per prima, l’unica didascalia scritta, con i titoli di testa e i sottotitoli per i non madre lingua inglese che abbia un costrutto in qualche modo disciplinato secondo i parametri dei più comuni mezzi espressivo-linguistici. Un’opera esclusivamente sua in effetti questo Promises Written in Water - e fin dalle prime battute del film si capisce che non poteva essere altrimenti - che Vincent Gallo ha per l’appunto diretto, scritto, interpretato, musicato montato e prodotto, cosa che evidentemente teneva a sottoscrivere, non tra le righe ma sopra le righe. Opera indubbiamente spiazzante, e d’altra parte di un’originalità solo apparente. Per il resto, a parte l’avvio in grande stile con la voce femminile fuori campo a schermo nero mantenuto per tutto il suo discorso - "non ho paura di morire… |
non voglio provare dolore, quando verrà il dolore dovrai proteggere il mio corpo… mi fido di te" - e a parte l’ovvietà del baluginare dell’acqua in apertura sugli stessi titoli di testa, Promises Written in Water si impone all’attenzione come una destrutturazione cinematografica a tutto tondo, almeno in senso tradizionale, sotto ogni punto di vista: sul piano della storia, della narrazione, della sceneggiatura, del comportamento e del profilo dei personaggi nonché dell’immagine in senso stretto. Si potrebbe quasi affermare che con Promises Written in Water Gallo porga solo un’idea, di per sé già abbastanza drammatica, per poi lasciarla libera di procedere per spezzoni dilatati, esaperati, interminabili, seguendo come unica traccia una dinamica comunque frammentata in poche elettive tessere di un mosaico che per certi versi ricorda vagamente le strutture ad incastro alla Inarritu/Arriaga.
E così Gallo si affida completamente a lunghissimi piani sequenza, per lo più in silenzio assoluto, quando |
non sono ovattati dalla totale assenza di sonoro, ai tempi di una realtà estremizzata entro le griglie di una ricercata, e accuratamente coltivata, dilatazione temporale propria dell’attesa, della contemplazione e dell’essere pensante. Considerato il soggetto, l’uso della pellicola in bianco e nero era quasi d’obbligo: nella prima parte sembra di assistere ad una sorta di ‘cinema veritè’ con quell’incedere fissando a oltranza primissimi piani assolutamente scompaginati da ogni cornice che in qualche modo intenda mantenere i canoni dell’inquadratura regolare. Qui difatti Gallo scorcia, taglia e sgrana l’immagine a suo piacimento, l’abbandona e la riprende sull’onda di una sceneggiatura per lo più solo immaginata, dal taglio emozionale protetto dal personale top secret della sua alcova mentale. Emozioni affermate con la negazione di qualsivoglia esternazione - contraddetta da un unico litigio - affogata nelle fitte nebbie partorite dalla nicotina e dal procedere del nostro protagonista (lo stesso Gallo), per rispettare quelle scomode |
promesse iniziali mai più pronuciate o discusse se non con la contemplazione dell’essere, sia esso a bagno nudo, in posizione embrionale o frontale, in una vasca, seduto per un pasto, o intento a svolgere alcune mansioni di quel che si intuisce finalizzato a mantenere quanto promesso.
Così Gallo carica su di sé - la m. d. p. è rivolta all’80% su se stesso - tutto quel fardello, che si intuisce pesante, di imbarazzo, disagio e sofferenza, procedendo per negazione espressiva e riducendo all’osso una sceneggiatura radicata sullo sguardo o sulla ripetizione ad oltranza delle medesime battute anche a domande diverse, proprio perché la negazione di risposte normalmente articolate non avrebbe avuto, dal suo punto di vista, la stessa intensità di risultato.
Destrutturazione, decontestualizzazione e scomposizione, diventano allora la spina dorsale di questa pellicola fino al punto di trascendere il cinema stesso passando per la video arte, con la quasi oltraggiosa scomposizione |
anatomica della giovane protagonista (Delfine Bafort), protratta fino a raccoglierne la più intima natura del proprio essere donna. Ma forse questo per Gallo voleva solo essere l’atto rivelatore di un eccesso di rispettosa protezione, almeno nella memoria, l’unica in grado di preservare ogni particella di quel corpo che troppo prematuramente era destinato a tornare all’essenza del suo sé.
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