BIUTIFUL: IL REGISTA MESSICANO DI 'AMORES PERROS', '21 GRAMMI-IL PESO DELL'ANIMA' E 'BABEL' ALEJANDRO GONZALES INARRITU QUESTA VOLTA SCEGLIE JAVIER BARDEM PER PARLARE DI PATERNITA' A TUTTO TONDO E DI PERDITA, 'PERCHE' ALLA FINE NOI SIAMO ANCHE QUELLO CHE ABBIAMO PERSO'
Dal 63. Festival del Cinema di CANNESPREMIO GOYA 2011 per la 'Migliore Interpretazione Maschile' a JAVIER BARDEM - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 4 FEBBRAIO
Questa è la storia di un uomo in caduta libera.
Sulla strada verso la redenzione, l’oscurità illumina la sua via.
In comunicazione con la vita nell’aldilà , Uxbal è un eroe tragico e padre di due figli che sente il pericolo della morte, lotta contro una realtà corrotta e un destino che lavora contro di lui per perdonare, per amare e per sempre.
Commento critico (a cura di SARA MESA)
L’atteso ritorno di Iñárritu segna l’abbandono del suo consueto registro e il passaggio ad una narrazione meno frammentata. Per la prima volta senza l’inseparabile Guillermo Arriaga, il regista veste anche i panni dello sceneggiatore, componendo una storia decisamente più lineare e composta di quelle a cui ci aveva abituato. Abbandonato lo stile episodico, incentrato sullo sbalzo temporale e spaziale e sull’incrocio di vicende multiple, Iñárritu si dedica all’analisi dei sentimenti di un unico personaggio, sviscerandone le paranoie e le sofferenze che ne caratterizzano lo stile di vita 'schizofrenico'. Uxball infatti vive in perenne contraddizione tra la necessità di soddisfare i suoi bisogni e la vocazione del Salvatore, che lo spinge ad occuparsi delle persone che sfrutta per il suo tornaconto personale e a perdonare una moglie che l’ha deluso infinite volte. A complicare ulteriormente le cose si aggiunge il suo potere, che gli permette di entrare in contatto con i
morti e sostituirsi a quel Dio che venera e teme in egual misura, perchè cosciente di compiere il più abominevole dei peccati facendosi retribuire per mettere a frutto il dono che egli gli ha concesso.
La differenza tra bene e male non risulta mai netta nè al personaggio, nè allo spettatore, Uxball approfitta delle disgrazie altrui per sopravvivere, ma se non lo facesse nessuno si occuperebbe delle persone di cui abusano i suoi soci privi di scrupoli. La miseria sembra giustificare tutto, ognuno deve fare il possible per sopravvivere nelle condizioni in cui si trova. Così diventa lecito pagare un poliziotto perchè stia alla larga dai venditori ambulanti, garantendosi un guadagno personale, ma anche il sostentamento della famiglia di un immigrato clandestino che non avrebbe altre possibilità di lavoro e diventa altresì comprensibile rivolgersi al proprio marito in difficoltà per ottenere i soldi e le attenzioni necessari a non ricadere
nella propria malattia.
La città che fa da sfondo a queste disavventure prende il colore e le atmosfere degli animi che la popolano, risultando triste e grigia, come mai potrebbe sembrare Barcellona nella realtà . La Spagna che descrive Iñárritu è come il Messico che ci ha già mostrato: popolare, antica e decadente; perchè la povertà ha un’unica sfumatura, un unico panorama. L’autore si addentra nella metropoli per scoprirne i lati più nascosti, le periferie abbandonate, gli abitanti ignorati, e poco importa che in realtà ogni paese abbia delle peculiarità anche sotto questo profilo, perchè chiunque vive in una tale condizione di subalternità guarda il mondo allo stesso modo, a prescindere dal posto in cui si trovi. Il film ricorda così Amores Perros, dove la sgranatura dell’immagine, l’utilizzo della luce naturale e la ripresa continua delle stradine interne alla città rappresentano la frenesia e il disagio dei protagonisti. Abbandonata la patinatura
e gli effetti di montaggio tipici delle sue incursioni hollywoodiane, Iñárritu recupera le intenzioni dei suoi esordi e si concentra sui dialoghi e le interpretazioni, trascurando forse troppo la regia. Alcuni passaggi appaiono disarmonici, come il momento in cui Uxball raggiunge il fratello in discoteca, volutamente disturbante, ma eccessivo nel suo distaccarsi dal resto della messa in scena. Così come le improvvise e brevissime incursioni nell’horror di stampo giapponese, superflue e fuori luogo. La recitazione degli attori però ne guadagna e supera gli standard, comunque sempre altissimi, del regista. Bardem, reduce dalla palma d’oro per il migliore attore a Cannes, conferma la sua incredibile bravura e si avvia a ricevere un’altra candidatura all’oscar, e gli attori comprimari si distinguono per una carica e una veridicità che solo i veri caratteristi sanno imprimere ai personaggi.
Il tema della globalizzazione e del consumismo su cui il regista si concentrava in Babel, tornano
qui attraverso lo studio della produzione e della vendita di materiale contraffatto e la massiccia presenza della tv, che accompagna i momenti di svago, ma anche di tensione. E’ proprio dalla tv che i contrabbandieri cinesi apprendono della tragedia avvenuta e realizzano ciò che hanno fatto, come a rimarcare che nella società del XXI secolo una cosa accade realmente solo quando diventa oggetto del notiziario.
Da notare infine che Biutiful è l’ennesimo film prodotto oltre che dallo stesso Iñárritu, anche dagli amici e colleghi Alfonso Cuarón e Guillermo del Toro, che insieme a lui stanno dando vitalità e fama alla cinematografia messicana troppo a lungo trascurata. Grazie a loro essa sta diventando una grande fonte di incassi e di notorietà per il paese che tanto amano, dando prova di quanto la cultura possa fare per una nazione.