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    L'INTERVISTA

    63a Mostra (Lido di Venezia 30 agosto-9 settembre 2006)- PRESS CONFERENCE & Dintorni: L'AMORE GIOVANE-THE HOTTEST STATE di ETHAN HAWKE

    28/06/2007 - Dopo la direzione di Chelsea Walls nel 2001, l’attore del mitico (Dead Poets Society (L’attimo fuggente, 1989) come regista mette a segno una storia che, se non del tutto autobiografica, certamente è ispirata ad esperienze personali in materia d’amore di gioventù: THE HOTTEST STATE (L’amore giovane), peraltro trasposizione sul grande schermo di un suo romanzo. Incontrano la stampa il regista (ma anche attore nello stesso suo film) ETHAN HAWKE, l’interprete protagonista MARK WEBBER e CATALINA SANDINO MORENO, presente nonostante la febbre.

    Protagonista d’eccezione del film è proprio la musica, intensa e varia. Hai sempre pensato a Jesse Harris per le musiche di L’amore giovane-The Hottest State ?

    ETHAN HAWKE: “Jesse ed io ci conosciamo da una quindicina d’anni e dunque conosco la sua musica da molto tempo. Ho sempre pensato che il personaggio di Catalina, Sarah, dovesse avere la musica rock di Jesse Harris, dovesse interpretare quel genere di musica e quel genere di canzoni. Quando ci si innamora è come sentire, avere costantemente in testa, una musica. Il primo amore ha sempre questo sapore e quello che ho cercato di ricreare è quello stato d’animo tradotto in colonna sonora, giocata tra il pop e il rock. Abbiamo contattato varie band rock indipendenti che sono poi intervenute (Ci sono anche canzoni argentine). Tutto questo conferisce al film una particolare forza energetica e poi, le canzoni scritte per Catalina sono particolarmente belle. Lei tra l’altro balla e canta davvero nel film”.

    Fino a che punto è autobiografica la storia raccontata nel suo film ?

    E. HAWKE: “Si, d’accordo, è una sorta di autobiografia, ma non sono le mie memorie, la storia si ispira semplicemente alle mie esperienze. In fondo, un po’ tutti i film hanno in sé qualcosa di autobiografico, anche se su piani e livelli diversi e, personalmente, amo le storie che tradiscono in un certo senso elementi del carattere dell’autore che le racconta, perché in tal senso aiutano lo spettatore a stabilire un contatto con lui. Ma quello che vorrei emergesse dalla visione del mio film è un messaggio preciso: la differenza che intercorre tra il processo di crescita e l’essere ormai adulti conclamati. Una differenza sostanziale messa in luce dal protagonista del film William (Mark Webber): un giovane attore alla ricerca di affermazione professionale proprio come lo sono stato anch’io. Soprattutto quando si è giovani, si ha la tendenza ad ingigantire ogni sentimento ed esperienza vissuti al momento, caricandoli di una gestualità dal sapore teatrale. E, in un certo senso, caricaturale. Come dire, in certi momenti della nostra vita è come se tutti recitassimo una parte: così William recita a fare il corteggiatore, offuscando la linea di confine che separa il sentimento apparente da quello reale. E la teatralità fino al caricaturale del comportamento di William emerge anche con l’abbandono da parte della ragazza…”.

    Ma il sentimento, le sensazioni e le emozioni del primo amore sono anche ricordi universali e non solo del regista:

    MARK WEBBER: “Io sono un attore e sono in grado di identificarmi con il mio personaggio. Mi si è spezzato il cuore più volte e ho, a mia volta, spezzato dei cuori…”.

    CATALINA SANDINO MORENO: “Credo che sia una storia talmente universale! E’ stato bello ricordare che cosa si sente in queste situazioni. Si cercano cose che non si sono mai fatte prima”.

    Nel film lei cita Tennessee Williams: vedi il monologo di Romeo e Giulietta cantato da William a Sarah, per il quale quelle sono le più belle parole d’amore. E’ anche la sua opinione? E, dal punto di vista personale, è stato mai tentato di dare un lieto fine alla storia?

    Per la verità non so quale sia il più bel monologo d’amore, ma di sicuro non può essere quello di Romeo, un ragazzotto semplice che, come William, tende a idealizzare l’amore fino al sentimentalismo. Orson Wells ha dato un tempo la sua definizione di che cosa sia innamorarsi per la prima volta: ‘essere innamorati per la prima volta è come avere il mal di mare mentre ti trovi su una barca. E mentre tu vomiti, tutti ridono’… Non ho scelto un lieto fine per William e Sarah per realizzare un ‘finale-metafora’: la strada è stata fatta prima che noi nascessimo, però noi abbiamo il volante in mano. William ha il volante in mano, i genitori sono sempre lì dietro, ma il volante ce l’ha William. In altre parole, tutto è guidato dal passato, nel senso che i problemi del protagonista sono comprensibili alla luce di una famiglia ‘sgangherata’ alle spalle che lo ha visto al centro della separazione dei genitori e dell’abbandono del padre. Alla fine, però, per l’appunto (la vicenda del protagonista diventa specchio di una verità universale) anche se abbiamo i genitori seduti sul sedile posteriore, siamo noi ad avere in mano il volante e possiamo scegliere la nostra strada”.

    Com’è stato scegliere il cast per il film?

    E. HAWKE: “Per Mark (Webber) è stata una cosa piuttosto naturale, visto che avevamo già lavorato insieme per Chelsea Walls. Non avevo dubbi: sapevo che sarebbe stato perfetto per il ruolo di William. Per trovare Catalina (Sandino Moreno) invece, mi ci sono voluti un paio d’anni. L’ho vista per la prima volta al Festival di Berlino e capii che era la persona giusta per il ruolo che volevo. Laura Linney poi, è addirittura una vecchia conoscenza, perché avevo lavorato con lei a teatro”.

    Crede che oggi a Hollywood manchino dei bravi sceneggiatori?

    E. HAWKE: “Io non credo che Hollywood sia più forte o più debole di quanto non lo sia stata in passato. Il mondo e il cinema cambiano velocemente, la tecnologia, il romanzo, il teatro, sono molto più vecchi, ma l’originalità è una lotta dentro di noi”.

    Nella sua carriera sembra molto forte la componente letteraria, tant’è che scrive romanzi, così come la rappresentazione teatrale. Ha intenzione di portare avanti per il futuro tutti questi binari? Di scrittura, recitazione (attore) e direzione (regista)?

    E. HAWKE: “Il protagonista del film è un attore ed è un qualcosa con cui anch’io ho cominciato. Non esiste un percorso predefinito. Uno cerca una cosa, ne sente un’altra… Spero di non diventare mai un regista professionista. Vorrei rimanere sul personale. Ammiro ad esempio personaggi come Bob Fosse che non ha diretto più di cinque film. Non miro ad affinare le mie capacità per arrivare a poter girare qualsiasi tipo di film. Preferisco fare film se e quando c’è qualcosa nello script che possa sentire veramente mio. Inoltre la regia è un qualcosa che richiede una gran quantità di tempo e dedizione… Resterei scioccato se mi trovassi a dirigere un blockbuster. Penso che potrei utilizzare meglio il mio tempo visto che non ho quel dono e penso che ci siano altri che potrebbero farlo meglio di me”.

    Citando Alberto Moravia: ‘la migliore trascrizione cinematografica di un romanzo è quella infedele’. E’ la scelta letteraria di uno scrittore tradire il testo originale?

    E. HAWKE: “Si potrebbe rispondere con un’altra citazione, questa volta di Milan Kundera che dice ‘Le traduzioni sono come le donne: se sono belle sono infedeli, se sono fedeli non sono belle’. Io ho fatto il film perché quando scrissi il libro non avevo mai veramente capito il finale. Così ho dovuto lavorarci su per adattarlo allo schermo. Le due ultime scene del film non fanno neanche parte del libro. Ho voluto dare un finale anche al libro. Comunque, voglio che questo sia soprattutto il film di Mark e Catalina”.

    C’è un film d’amore preferito da Ethan Hawke? E se si, quale?

    E. HAWKE: “Non è facile rispondere a questa domanda. Mi viene in mente ‘Reds’ e poi, senza dubbio, ‘The Hottest State’”.

    (A cura di PATRIZIA FERRETTI)


     
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