THE SHROUDS - SEGRETI SEPOLTI - INTERVISTA al regista e sceneggiatore DAVID CRONENBERG
29/03/2025 -
The Shrouds - Segreti sepolti - INTERVISTA al regista e sceneggiatore David Cronenberg
Un sudario è un velo funerario che copre i cadaveri per nasconderli agli occhi del mondo. Nel tuo film, invece, i sudari sono telecamere digitali che permettono di osservare i corpi in decomposizione nella tomba.
"In inglese, la parola shroud designa il velo funerario, ma ha anche altri significati. Può significare coprire e nascondere. La maggior parte dei rituali funebri riguarda proprio l’evitare la realtà della morte e ciò che accade a un corpo. Direi che, nel nostro film, questa è un'inversione della normale funzione
di un sudario. Qui serve a rivelare, piuttosto che a celare. Ho scritto questo film mentre affrontavo il dolore per la perdita di mia moglie, scomparsa sette anni fa. Per me è stata un’esplorazione, perché non si trattava solo di un esercizio tecnico, ma anche di un esercizio emotivo".
Diresti che questi sudari sono una metafora del cinema?
"In un certo senso, i sudari che il mio protagonista ha inventato sono dispositivi cinematografici. Creano un proprio cinema: un cinema post morte, un cinema della decadenza. Prima di scrivere la sceneggiatura, ero consapevole che i sudari avessero un aspetto cinematografico, creando una sorta di strano 'cinema della tomba', un 'cinema del cimitero'. In The Shrouds, si suggerisce che Karsh comprenda che nella sua creazione è coinvolta una tecnologia cinematografica, qualcosa di ricco e complesso. È molto interessante, perché spesso guardo i film per vedere persone morte. Voglio rivederle, voglio ascoltarle di nuovo. E quindi, in un certo senso, il cinema è una sorta di macchina avvolta dal sudario, una macchina post-morte. In un certo senso, il cinema è un cimitero".
Il tuo protagonista, Karsh, sembra aver inventato un cimitero che contraddice la morte stessa. Il corpo non muore, ma continua il proprio destino, e Karsh si comporta come se sua moglie non fosse morta, come se questa strana relazione con lei stesse ancora continuando, nonostante la decomposizione della carne.
"Se sei una persona religiosa, probabilmente credi in un aldilà. Se invece sei ateo, come Karsh e me, quella relazione può continuare, ma in un contesto più realistico, in un modo più biologico; è un’altra forma di relazione. Come dice Karsh, non può sopportare l’idea di non sapere veramente cosa stia accadendo al corpo di sua moglie. Quella relazione continua, ma non attraverso uno scambio di parole o una conversazione. È certamente perversa, morbosa, grottesca, ma per qualcuno che sta affrontando un lutto come il suo, in realtà non lo è. Anzi, è piuttosto salutare, un modo per uscire dalla disperazione, dal dolore. Karsh ha letteralmente puntato su questo: ha investito molto denaro ed energia in questo cimitero tecnologico. Ma in fondo tutto si riduce al corpo, come in molti dei miei film; 'il corpo è realtà', e se accetti questo, il corpo di una persona morta continua a essere una sorta di realtà, ed è lì che vive Karsh".
In molti dei tuoi film potrebbe esserci qualcosa non dopo la morte, ma oltre la morte.
"Le persone che sono morte continuano a vivere nelle nostre menti, e spesso le proiettiamo su altre persone vive. Per esempio, sui bambini. Vediamo spesso echi delle persone defunte che abbiamo conosciuto. Non c’è nulla di religioso in questo, è principalmente emotivo, ma anche biologico, dato che il nostro DNA continua ad agire nei nostri discendenti. Tuttavia, come puoi vedere, non è una relazione normale, è solo intellettualmente interessante. È un aspetto che si manifesta anche nelle sequenze oniriche".
La tua visione è, curiosamente, ottimista. Che sia reale, surreale o subconscia, esiste un futuro per le relazioni intense.
"Sì, credo di sì. Se fosse tutto così disperato, il protagonista si suiciderebbe. Ma nel film c’è anche molto humor. Proprio come nella vita".
In realtà, The Shrouds è quasi una sorta di 'commedia romantica'.
"Non riesco mai a immaginare come le persone reagiranno ai miei film. Se mi trovassi in un videonoleggio e vedessi il mio film nella sezione delle commedie romantiche, ne sarei molto contento".
L'atmosfera è particolarmente intensa grazie agli attori, in particolare Diane Kruger (che interpreta tre ruoli: le due sorelle e un avatar) e Vincent Cassel.
"Il casting è spesso frainteso o addirittura trascurato, ma io gli dedico molto tempo. Il casting può distruggere un film oppure, al contrario, elevarlo davvero. È la base cruciale di una sceneggiatura; come regista, ti dà del genio (ride). Per The Shrouds, le riprese sono state meravigliose, perché gli attori mi hanno sempre dato più di quanto non avessi messo nella sceneggiatura".
Si può dire che il tuo film sia anche un thriller di spionaggio, anche se non prendi molto sul serio il genere?
"Queste ipotesi fantastiche sono, in realtà, la paranoia del lutto, il dolore del cordoglio. Lo so perché l’ho vissuto personalmente. Stranamente, quando qualcuno muore, emerge sempre un elemento di cospirazione nel dolore. Ti chiedi se il trattamento medico sia stato il migliore, se il personale abbia davvero accudito bene il malato, se i farmaci fossero adeguati, e così via. È questa paranoia che affronto in The Shrouds: questa teoria del complotto che è quasi inevitabile quando si tratta di vita e morte. Nel film faccio riferimento al famoso 'complotto dei medici ebrei' nella Russia stalinista degli anni ’40 e ’50, che fu il pretesto per purghe ed esecuzioni. C’è anche un aspetto internazionale nel film. La maggior parte delle persone non riesce a sopportare l’idea che non ci sia una spiegazione per la morte. Come se la morte dovesse necessariamente avere un significato. Non si tratta di un vero complotto, ma il senso di colpa è così grande che non riusciamo ad accettare il caso o l’incidente. Deve esserci qualcuno da incolpare. Il fatto che una morte possa non avere alcun significato è qualcosa di terrificante per le persone, quasi più della morte stessa. Questo fa parte della spiegazione esistenzialista della natura umana: se la morte non proviene da Dio, o dagli alieni, allora deve necessariamente essere stata causata da qualcuno. E così, se la morte di una persona amata è attribuita a un complotto cinese, allora, in un certo senso perverso, quella morte acquista un significato. È proprio questo che esamino nel film: la paura dell’assenza di significato, la ricerca di una causalità a tutti i costi, che è il cuore della sindrome del complotto. Il complotto dà anche l’impressione di avere un controllo sul mondo. Può offrire un senso di superiorità sugli altri (perché tu capisci)".
Sei diventato famoso per aver dato un ruolo centrale alla tecnologia moderna e alla scienza nelle tue opere. Nella tradizione del cinema fantastico che ti ha preceduto, la scienza è sempre stata mortale, pericolosa, piena di minacce... Tu, invece, non hai paura della tecnologia.
"Nel mio secondo film, Rabid, ho inventato una tecnologia che oggi è diventata realtà: la terapia con le cellule staminali. La tecnologia non è qualcosa di intimidatorio proveniente dallo spazio che ci minaccia e ci distruggerà; in realtà, è parte di noi, è noi. È uno specchio di ciò che siamo. Siamo angeli e demoni, e allo stesso modo anche la tecnologia ha il potenziale di creare cose meravigliose e cose orribili. Per me, quindi, esaminare la condizione umana significava automaticamente esaminare la tecnologia".
Un giorno farai un film sull'homo technologicus? Su macchine molto sofisticate che possono ampliare le nostre capacità quando connesse al corpo umano?
"Le persone hanno paura dei cambiamenti, ma in questo momento ti sto guardando attraverso delle lenti di plastica che mi sono state impiantate chirurgicamente, e ti sto ascoltando grazie a strumenti acustici che sono computer estremamente potenti. La mia carriera di regista sarebbe finita molto tempo fa senza queste protesi altamente sofisticate. Quindi, in un certo senso, sono bionico da un po' di tempo ormai, e per questo non ho paura, ma piuttosto ammirazione per la tecnologia moderna. Ovviamente, tralasciando tutte le riflessioni che si possono fare sul capitalismo e su come possa trarre vantaggio da queste innovazioni. I miei film sono, in un certo senso, opere di fantascienza, chiaramente, ma soprattutto pongono attenzione alla tecnologia come espressione della creatività umana"
Fonte: Dal Pressbook di The Shrouds-Segreti sepolti
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